A Lecce, Trani e Polignano con “Shades of Israel” gli artisti mettono in gioco un panorama complesso in cui si intrecciano temi politici, culturali, sociali ed etici, mettendo tutti di fronte al ‘valore della diversità’. Con “Terra Infirma” Tsibi Geva (uno degli artisti israeliani più influenti su scala mondiale, che ha esposto e rappresentato Israele in tutto il mondo, incluso il padiglione israeliano alla Biennale di Venezia nel 2015) è al Museo Pino Pascali di Polignano a Mare. “Ludmilla”, personale di Maria Saleh Mahameed, artista arabo-israeliana-ucraina, vincitrice nel 2023 del premio Rapoport come miglior artista israeliana dell’anno, è al Castello Svevo di Trani. “My Altneuland”, collettiva di dieci artisti israeliani contemporanei è al Museo ebraico di Lecce: rappresentano le diverse voci, religioni e identità di Israele dirette a sottolineare la necessità di ritrovare la saggezza che si sta perdendo, quella dei grandi politici e visionari, colmi di sogni e conoscenza


◆ La recensione di ANNALISA ADAMO AYMONE

Quando, nel pieno dello scorso inverno, parlavo al telefono con Fiammetta Marteguani di portare in Puglia l’esposizione delle opere degli artisti israeliani in quel momento al Maxxi di Roma, non era possibile prevedere l’escalation di violenza e guerra causati dagli ultimi attacchi di Hamas a Israele. Oggi, che le parole non riescono a contenere l’angoscia, l’incubo inaudito e l’oppressione, queste opere sono qui, in terra di Puglia, e l’arte contemporanea ci conduce al cuore della storia del popolo ebraico, attraverso una dimensione antropologica e sociologica. Si tratta di un’occasione imperdibile, soprattutto per i più giovani e il mondo della scuola, per tenere vivo il confronto e la discussione non più o non solo attraverso le immagini cruente e disumane provenienti dalla guerra ma anche attraverso la memoria culturale che gli artisti sono stati capaci di creare. 

Le tre mostre sono state inaugurate in parallelo, rispettivamente il 3, 4 e 5 ottobre, nel corso della settimana di Sukkot – la Festività ebraica delle Capanne – portando così a ribadire il valore dell’amicizia e della solidarietà, rappresentata proprio dall’incontro sotto ‘la capanna’: metafora dell’incontro tra arte e cultura. Attraversare le mostre significa calarsi nella narrazione delle perdite, delle diaspore, delle migrazioni, delle esplorazioni geopolitiche e della complessità degli orizzonti mediterranei. Nelle suggestioni che gli artisti mettono in gioco emerge un panorama complesso in cui si intrecciano temi politici, culturali, sociali ed etici, che mettono tutti – nessuno escluso – di fronte al ‘valore della diversità’. 

In alto, “Terra Infirma” personale di Tbisi Geva in mostra a Polignano a Mare; sotto il titolo, “My Altneuland” collettiva di dieci artisti israeliani in mostra a Lecce; qui in basso, “Ludmilla” di Maria Saleh Mahameed a Trani

“Terra Infirma”, personale di Tsibi Geva, tra i più importanti artisti israeliani contemporanei, che ha rappresentato Israele nel corso della Biennale di Venezia del 2015, è esposta alla Fondazione ‘Pino Pascali’ di Polignano. “Terra Infirma” sottolinea come la geografia sia un linguaggio in crisi, incapace di rappresentare gli immensi cambiamenti avvenuti in un mondo post-coloniale e post-migratorio, utilizzando il lavoro di artisti contemporanei internazionali per esplorare come l’arte, nel ventesimo secolo, abbia affrontato e sfidato questioni di identità e appartenenza. Con quasi 50 anni di consolidata carriera internazionale, Tsibi Geva è uno degli artisti israeliani più influenti su scala mondiale, che ha esposto e rappresentato Israele in tutto il mondo, incluso il padiglione israeliano alla Biennale di Venezia, nel 2015. Nato e cresciuto nel kibbutz Ein Shemer, figlio di uno dei più importanti architetti israeliani — Yaacov (Kuba) Geber, uno dei maggiori esponenti del Bauhaus — Geva è un pittore con una storia significativa alle spalle. Gli elementi che per eccellenza costituiscono la società israeliana e i suoi percorsi locali sono sempre stati uno schema dominante in tutte le sue opere. Nel processo di crescita artistica, l’influenza del padre architetto rende l’ossessione del vedere e comprendere la struttura un aspetto preminente nella sua educazione visiva. In questa mostra, realizzata appositamente per il Museo Pino Pascali di Polignano, Geva ha riunito la sua visione universale del mondo, con un tocco molto mediterraneo come lo stile a “terrazzo”, tipico sia dell’architettura israeliana che di quella italiana.

“Ludmilla”, personale di Maria Saleh Mahameed, artista arabo-israeliana-ucraina, vincitrice nel 2023 del premio Rapoport come miglior artista israeliana dell’anno, è al Castello Svevo di Trani. Maria Saleh Mahameed, nata a Um El Fahem in Israele nel 1990, vive e lavora a Ein Mahel, Israele. È un’affermata artista araba-israeliana che ha esposto le sue opere in Israele e all’estero, nelle gallerie e nei musei più importanti. Quest’anno ha ricevuto il Premio Rappaport del Museo d’Arte di Tel Aviv come miglior talento tra i giovani artisti israeliani. L’opera ritrae il primo incontro di sua madre, Ludmila, con la città di Um El Fahem, una delle più grandi città arabe in Israele, dove Saleh Mahameed è nata e cresciuta. Ludmila, ucraina di religione cristiana, è nata a Kiev, dove ha conosciuto per la prima volta il padre di Saleh Mahameed – palestinese di religione musulmana – con cui ha deciso di trasferirsi in Israele.

Quest’opera è il primo capitolo di una serie dedicata alla storia della famiglia dell’artista. Come nel processo della memoria, anche nel racconto di questa storia non si assiste a una narrazione di tipo lineare, ma a una raccolta fluida di immagini in cui i paesaggi dell’Unione Sovietica si fondono con quelli del Medio Oriente, con motivi che vanno dagli ulivi palestinesi a Misha, l’orso mascotte delle Olimpiadi di Mosca del 1980. Come nella maggior parte delle opere dell’artista, il carboncino nero — materiale tipico di Um El Fahem, che in arabo significa “madre del carbone” — crea un’espressività intima e viscerale, rivelando allo spettatore il contatto diretto delle dita dell’artista sulla tela. “Ludmilla”, infatti, è anche un lavoro sulla maternità e sulle relazioni intergenerazionali, ambientato in diversi luoghi del mondo e segnato dalle identità e dalle persone più vicine all’artista. L’opera è stata realizzata nel 2022, nel periodo in cui scoppiava la Guerra tra Russia e Ucraina, presente, simbolicamente, anche nella tela. 

“My Altneuland”, in corso al Museo ebraico di Lecce, collettiva di dieci artisti israeliani contemporanei rappresentanti le diverse voci, religioni e identità di Israele dirette a sottolineare la necessità di ritrovare la saggezza che si sta perdendo, quella dei grandi politici e visionari, colmi di sogni e conoscenza, come era Theodor Herzl. Emblematica è “Theodor”, opera israeliana contemporanea, una creazione commissionata dall’Opera israeliana unendo i talenti del compositore Yonatan Cnaan e il librettista Ido Ricklin. Racconta la storia di Theodor Herzl, l’uomo la cui visione utopica portò alla fondazione dello Stato di Israele. “Theodor” è qualcosa in più’ di un’opera biografica: racconta, infatti, due storie parallele di due periodi di vita di Herzl e i diversi eventi che lo hanno portato a immaginare il suo sogno sionista. Basatosi sulla biografia di Herzl, “Theodor” è un’opera tanto locale quanto universale: una storia sulle persone che cercano di assimilarsi in una società che non sempre accoglie il diverso e l’altro. Ma è anche un’opera su un’utopia e, allo stesso tempo, sui piccoli momenti della vita di un grande uomo. 

Il progetto espositivo ‘Shades of Israel’, curato da Fiammetta Marteguani e dislocato in queste tre magnifiche città pugliesi — fortemente legate alla cultura ebraica — conferma senza ombra di dubbio quel cambio di paradigma annunciato dal filosofo Byung-Chul Han, per cui le forme della cultura nella contemporaneità rimettono in contatto non più con l’essere ‘qui’ ma con l’essere ‘ovunque’. © RIPRODUZIONE RISERVATA

È stata avvocato, formatrice e docente, ricoprendo numerosi incarichi pubblici. Da capo degli Affari generali e legali del Comune di Taranto ha promosso la prima causa risarcitoria contro i patrons di Ilva, responsabili del più grande disastro ambientale della Repubblica italiana. In seguito al giudizio è stato disposto un risarcimento di 12 milioni di euro in favore della città. È stata assessore all’Ambiente, alla legalità e alla qualità della vita del Comune di Taranto. Insieme ad una rete di associazioni, comitati e fondazioni svolge un’intensa attività di sensibilizzazione su temi inerenti diritti, ecologia, ambiente e tutele del patrimonio naturale e culturale. Ha creato #AnteLitteram rassegna di incontri con esponenti della società civile avviando un vero e proprio movimento culturale. Collabora con il Centro Ricerca Arte Contemporanea Puglia, altre istituzioni ed enti per valorizzare il ruolo che l’arte e la cultura hanno per la costruzione del valore della cittadinanza e della democrazia. Ha ricevuto il premio Tarenti Cives Delfini d’argento 2022. È stata chiamata a curare la sezione sul Mediterraneo dell’edizione 2022 del Festival del cinema promosso da Apulia Film Commission.