Qual è stato il destino dei figli del Duce? A parte Bruno, il terzogenito, che morì a 23 anni per un incidente aereo (era il 1941, la guerra in corso, ma si trattò di un guasto durante un volo di prova) gli altri quattro figli sono sopravvissuti alla guerra e alla caduta del regime. In questo corsivo Vittorio Emiliani, attraverso il filo di ricordi personali, racconta un’immagine lontana dal fanatismo fascista, con una cena a Forlì dei quattro figli, tutti insieme, riuniti per il saluto alla madre moribonda


◆ L’articolo di VITTORIO EMILIANI

Una immagine di scena del film “Bruno e Gina” di Beppe Attene e Angelo Musciagna sul figlio aviatore del Duce. Ansa/Ufficio stampa Istituto Luce Cinecittà; sotto il titolo, Benito Mussolini e i cinque figli avuti da Rachele, la più piccola Emma in braccio alla mamma, la più grande Edda nella foto a destra del padre

Edda Mussolini divenuta poi Edda Ciano guidava spregiudicatamente l’automobile, nel suo caso un’auto sportiva argentea con la quale veniva a Forlì a Villa Serena dove l’amante, il bel Fabio Baccanelli era medico anestesista di nostro zio Pietro Emiliani fratello minore di nostro babbo. Il quale gli chiedeva di Edda scherzando: «Dove ti ha violentato, dopo Ghibullo?», che era subito fuori Forlì sulla strada per Ravenna. E lui sorrideva senza rispondere.

Vittorio, il primogenito che si era molto occupato di cinema fondando pure una rivista specializzata, veniva abbastanza spesso in Romagna. Mentre Romano buon pianista di jazz si esibiva anche alle feste dell’Unità e nel locale raffinato dell’Hotel Internazionale di Giorgio Ghezzi già portiere dell’Inter “Il Peccato Veniale”, nome ideato da Dario Fo per quella piccola discoteca e trasformato in gustosa insegna da Tinin Mantegazza già disegnatore satirico del “Giorno” e di “Stasera”, stabilitosi a Cesenatico con la moglie Velia costumista di qualità.

L’ultima figlia Annamaria era stata amica di Luciana Castellina gran bella donna, in politica col Pci dal quale era stata espulsa da sinistra con Pintor e Magri fondando il Manifesto. Ricordo alcuni anziani che in piazza a Forlì la guardavano soggiogati da quella sua aria guerriera.

I figli di Benito Mussolini seguirono le sorti della madre, per un certo periodo confinata a Forio d’Ischia insieme alla figlia Edda. Le due non si amavano. Edda rimproverava alla madre di avere con inaudita durezza avallato la fucilazione del marito Galeazzo da lei ritenuto un debosciato. Un autentico dramma. Vittorio era per tempo emigrato in Argentina dove si era occupato di cinema, la materia che conosceva meglio. Per poi rientrare in Italia. Lo ricordo al Teatro dell’Opera di Roma alla rappresentazione di un melodramma, genere di cui era appassionato. Romano lo ascoltai al “Peccato Veniale” di Cesenatico e con un complesso di jazz di qualità anche ad una Festa dell’Unità. Annamaria era stata sposata ad un presentatore di varietà. Una sera che cenavo a Forlì al ristorante da Vittorino ex moticiclista del Duce li avevo visti riuniti: la madre Rachele era ormai moribonda. 

Claudio Mussolini, figlio di Vito e nipote di Arnaldo, il fratello minore di Benito, fu a Milano un leader del Movimento Studentesco e poi un militante in quella Sinistra dalla quale in fondo era partito anche Benito per poi transitare all’estrema destra. Poi si ritirò in Toscana scrivendo e facendo l’editore. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.