Nel rituale di incoronazione che risale al 1066 (con qualche piccola variante), a Carlo viene porto il guanto per «esercitare il potere con delicatezza e grazia in nome della misericordia di Dio», poi «i braccioli della sincerità e della saggezza, emblema della protezione di Dio, che abbraccia da ogni parte», e ancora spade e altri simbolismi. Sono tanti, dorati, incesellati, austeri, apparecchiati su un’altare che sembra il banco di un mercatino d’antiquariato. Ogni tanto gli scappa un lampo di incertezza, di titubanza. Non emana autorità, ma una certa tenerezza. Poi, mano a mano che la cerimonia prosegue, riacquista sicurezza e gli viene, anche se non troppo convinto, l’occhio da Re

Il colpo di tacco a spillo di DANIELA TAGLIAFICO
CARLO IL BULLIZZATO a scuola, Carlo che quando aveva cinque anni, al ritorno della mamma/regina da un lungo viaggio all’estero di sei mesi, ricevette dalla madre, anziché un bacio, una stretta di mano, Carlo umiliato dal padre che gli preferiva la sorella Anna perché più forte e coraggiosa, Carlo, principe di Galles, preso in giro per i suoi “black spider memos”, le noiosissime e prolisse lettere su temi politici e sociali, scritte a ministri e politici del governo, Carlo traditore (e tradito) con il fantasma di Diana sempre addosso, adesso, in un sabato mattina di maggio già incasellato nella storia, è seduto sul trono reale nell’Abbazia di Westminster con in testa, 2 chili di peso, l’antica corona con 2868 diamanti. Indossa una veste reale, ricamata in oro da 4 chili.

«Sono qui per servire, non per essere servito» – giura.
Quanto ha atteso quel momento! E quanto si è preparato. Eppure ha lo sguardo di chi non ci crede ancora. Ogni tanto gli scappa un lampo di incertezza, di titubanza. Non emana autorità, ma una certa tenerezza. Poi, mano a mano che la cerimonia prosegue, riacquista sicurezza e gli viene, anche se non troppo convinto, l’occhio da Re.
Si chiama ufficialmente «ascesa in trono». Quanto ci piace questa formula, noi abituati, invece, alle italiche e più modeste discese in campo dalle alterne fortune.
Il premier inglese Rishi Sunak, induista, origini indiane e dunque figlio dell’impero coloniale, legge un brano del nuovo testamento, il coro multietnico dell’abbazia di Westmisnster sparge nell’aria la dolcezza di note angeliche e sovrumane, così sovrumane da sembrare umane, in una cerimonia dove Carlo e Camilla, in certi momenti, sembrano quelli del museo delle cere, e la coreografia trasuda storia, rigore, disciplina, obbedienza, potere. E simbologia. A Carlo viene porto il guanto per «esercitare il potere con delicatezza e grazia in nome della misericordia di Dio», poi «i braccioli della sincerità e della saggezza, emblema della protezione di Dio, che abbraccia da ogni parte», e ancora spade e altri simbolismi. Sono tanti, dorati, incesellati, austeri, apparecchiati su un’altare che sembra il banco di un mercatino d’antiquariato.
È il rituale di incoronazione che, con qualche variante, risale al 1066. C’è persino un coro gospel. Sono state introdotte piccole modifiche che mandano in visibilio i commentatori: ecco il ritratto della monarchia dell’era Carlo III: multietnica, multireligiosa, multitutto…
Peccato per gli immigrati deportati in Ruanda… Ma Carlo, che prima di diventare Re aveva definito l’iniziativa «terribile e spaventosa», adesso non potrà più dire nulla. Dovrà esimersi dal parlare di ambiente, ecologia; infatti al recente Cop27 sul clima non ce l’hanno mandato. Non potrà più scagliarsi, come faceva prima, contro certe modernità dell’architettura. Insomma, zitto. Ma non è detto.
In tutto il potente rigore della cerimonia di incoronazione si segnalano, per fortuna:
– sguardo affettuoso tra Carlo e il figlio Harry che lo aiuta ad indossare la veste reale;
– sorriso all’ex rottweiler (definizione di Diana) Camilla, per la quale un tempo Carlo, di fronte alle imposizioni della corte, disse la frase (d’amore) famosa: «lei non è negoziabile»;
– un piccolo sbadiglio del principino Louis che la regia sapiente della Bbc taglia immediatamente.
– l’impercettibile moto di panico quando a Camilla viene sistemata la corona reale che non entra subito in testa e lei deve togliersi i capelli dagli occhi. Cerimonia perfetta. Anche politicamente. Diretta televisiva ineccepibile. Si parla di ben 300 milioni, se non più, di telespettatori nel mondo. Inutile i tentativi dei vari commentatori di chiedersi se quella di Carlo sarà una monarchia di transizione, irrilevanti i quattro gatti antimonarchici che hanno manifestato. La corona, nell’era post Brexit, con crisi economica, inflazione, problemi del servizio sanitario, scarsezza di approvvigionamenti alimentari, è una risorsa ancora più preziosa. Pilastro politico. Eterno.
Quando la cerimonia dentro l’Abbazia finisce, Re Carlo III sfila davanti ai suoi sudditi che si inchinano. Il piccolo Louis guarda un po’ stupito il nonno intabarrato col suo mantello da 4 chili, la corona con 2868 diamanti e il mantello dal lungo strascico, retto da 4 paggetti, tra cui il fratello George. Secondo me, arrivato a casa, un po’ stordito da quella cerimonia che non finiva mai, Louis, il terzogenito che ancora non sa bene cosa vuole dire “spare” ma che ne ha sentito parlare dallo zio, ha chiesto a mamma Kate, con sollievo: “a me non succederà mai, vero?”. © RIPRODUZIONE RISERVATA