Qui in alto, Carlo III con la corona imperiale (credit GettyImages)

Nel 1660 gli Stuart ritornano sul trono con Carlo II, munifico con l’arte e la scienza. Merry Monarch fu affabile e cordiale. Soprattutto con le donne: dodici figli con sette amanti diverse, tra i discendenti anche Diana Spencer. Poi i conflitti tra “re di diritto” – la linea Stuart – e “re di fatto”. Tra gli Hannover, il casato della Regina Vittoria, e i Sassonia-Coburgo-Gotha, il casato del principe Alberto consorte di Vittoria, non c’era da stare molto allegri in una guerra mondiale , la Prima, in cui il principale nemico erano i Tedeschi, e Windsor è il nome che Giorgio V fece felicemente assumere al casato regnante nel 1917. Tra Charles, Philippe, Arthur e George, il nuovo Re avrebbe potuto scegliere l’ultimo, ricordato benignamente dalla Storia, invece di un nome che evoca tutto quel “contenzioso” religioso e, soprattutto, per continuità del nome, gli Stuart?


L’articolo di MASSIMO SCALIA

REMEMBER” AMMONÌ DAL patibolo Carlo I Stuart, prima di essere decapitato davanti a Whitehall. Era il 1649 e si apriva la breve parentesi repubblicana propugnata dal Lord Protettore, Oliver Cromwell. Breve ma nociva, se si pensa ai danni del Puritanesimo, così evidenti nella colonia “figlia”, quelli che sarebbero divenuti gli Stati Uniti d’America. Nel 1660 gli Stuart ritornano sul trono con Carlo II, che dagli scozzesi era già stato proclamato re alla morte del padre Carlo I. Munifico con l’arte e la scienza, sua la costituzione della Royal Society, Carlo II, the Merry Monarch, fu affabile e cordiale. Soprattutto con le donne: dodici figli con sette amanti diverse, tra i discendenti anche Diana Spencer. E una continua peregrinazione tra prostitute, come testimonia un poeta satirico suo amico, James Wilmot. In punto di morte si convertì al cattolicesimo romano, imbarazzante se si pensa che il re è formalmente il capo della Chiesa anglicana, in virtù dell’Act of Supremacy, la separazione dalla Chiesa di Roma voluta da Enrico VIII e sancita nel 1534 dal Parlamento inglese. Questa fissa del cattolicesimo aveva portato Carlo II a sciogliere il Parlamento, quattro volte nel giro di due anni, a causa dello exclusion bill contro la successione del cattolicissimo fratello Giacomo, non avendo Carlo II eredi legittimi diretti. Ed erano così nati i Whig, favorevoli all’esclusione, e i Tories, contrari. 

Maria Stuarda che sale al patibolo, di Francesco Hayez (1791-1882), olio su tela (non datato)

Il Parlamento vide come eccessivamente permissiva nei confronti dei cattolici la politica di Giacomo II, quando successe al fratello Carlo II nel 1685, e per questo lo “congedò” nel dicembre del 1688 facendo di lui l’ultimo re cattolico di Inghilterra, Scozia e Irlanda. Al legittimo erede, Giacomo Francesco, cattolico, fu preferita la figlia Maria, protestante, moglie di Guglielmo III d’Orange, che vennero insieme riconosciuti sovrani dal Parlamento. Iniziò così la distinzione tra “re di diritto” – la linea Stuart – e “re di fatto”. Giacomo II, peraltro, non ci volle stare, come si dice a Roma, e costituì nella cattolica Irlanda, con il supporto del cugino Luigi XIV, un’armata “Giacobita”. Sconfitta nella battaglia del Boyne, una valle alle porte di Dublino.

Insomma, gli Stuart richiamano solo fatti amari e, oltre alle polemiche confessionali, quella tra sovrani di fatto e di diritto, che in realtà si trascina da quando la “bastarda” Elisabetta I divenne regina e pensò bene di far decapitare Maria Stuarda. Carlo I e Carlo II, poi, furono dei mammasantissima del cattolicesimo. Come carico da undici, i tentativi degli Stuart di riappropriarsi del regno continuarono col “Bonnie Prince Charlie”, un altro Carlo che, sbarcando in Scozia – Speed, bonnie boat, like a bird on the wing, Onward! the sailors cry; Carry the lad that’s born to be king Over the sea to Skye – nel 1746, provò con successo ad arruolare i clan, sofferenti il dominio inglese. Ma la battaglia campale a Culloden More contro le truppe di Giorgio II Hannover fu una mattanza, continuata poi per mesi con eccidi valle per valle. I resti della casupola in pietre e paglia, postazione di fuoco e ospedale da campo, stanno ancora lì a Culloden per i devoti stuartiani. La disparità delle forze in campo, con gli scozzesi armati di scudo e spada, fu icasticamente rappresentata da un originale docufilm, nel quale una voce fuori campo fa da corrispondente di guerra (“L’ultimo degli Stuart-La battaglia di Culloden”, Regia Peter Watkins, 1964).

Giorgio V fece assumere il nome Windsor al casato regnante nel 1917

Hannover, ma che c’entra? Windsor è il nome che Giorgio V fece felicemente assumere al casato regnante nel 1917: fra gli Hannover, il casato della Regina Vittoria, che dal 1714 avevano assunto il trono d’Inghilterra e i Sassonia-Coburgo-Gotha, il casato del principe Alberto consorte di Vittoria, non c’era da stare molto allegri in una guerra in cui il principale nemico erano i Tedeschi. 

Allora, perché il figlio di Elisabetta II ha confermato come suo nome di regnante il primo nome di battesimo? Tra Charles, Philippe, Arthur e George avrebbe potuto tranquillamente scegliere l’ultimo, che è ricordato benignamente dalla Storia, invece di un nome che evoca tutto quel “contenzioso” religioso e, soprattutto, per continuità del nome, gli Stuart? Tutte vicende che Carlo III conosce a menadito, e ha avuto 70 anni di tempo per rifletterci. Allora, per uno che si è caratterizzato per apprezzabili prese di posizione anticonformiste si potrebbe pensare a un implicito riconoscimento degli “autoctoni” Stuart, invece che quella marea di casati tedeschi che hanno “invaso” il trono d’Inghilterra da oltre duecento anni. O è stato, insieme, un omaggio postumo a Diana, mentre Camilla giustamente trionfa, discendente di quell’Henry Fitzroy che il monarca gaudente aveva avuto da Barbara Villiers Palmer? William, il principe di Galles il cui faccia a faccia con il padre all’atto dell’incoronazione ha commosso varie centinaia di milioni di persone che hanno visto quell’immagine in qualche Tg, sarebbe il primo discendente di Carlo II ad assumere il trono. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Scienziato e politico, leader del movimento antinucleare e tra i fondatori di Legambiente. Primo firmatario, con Alex Langer, dell’appello (1984) per Liste Verdi nazionali. Alla Camera per i Verdi (1987-2001) ha portato a compimento la chiusura del nucleare, le leggi su rinnovabili e risparmio energetico, la legge sul bando dell’amianto. Presidente delle due prime Commissioni d’inchiesta sui rifiuti (“Ecomafie”): traffici illeciti nazionali e internazionali; waste connection (Ilaria Alpi e Miran Hrovatin); gestione delle scorie nucleari. Tra gli ispiratori della Green Economy, è stato a fianco della ribellione di Scanzano (2003) e consulente scientifico nelle azioni contro la centrale di Porto Tolle e il carbone dell’Enel (2011-14). Co-presidente del Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Unesco (2005-14). Tra i padri dell’ambientalismo scientifico, suo un modello teorico di “stato stazionario globale” (2020) (https://www.researchgate.net/profile/Massimo-Scalia)