Per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi accumulati nel corso dei decenni passati sul territorio italiano, sparsi qui e là, il governo Meloni ha cambiato le norme sull’individuazione del sito più idoneo e sicuro dove costruire il Deposito nucleare nazionale di cui si discute da trent’anni. Di seguito un giro di orizzonte in alcuni dei territori principali individuati come potenzialmente idonei ad ospitarlo: dalla Basilicata alla Sicilia, dal Lazio alla Sardegna. Quasi tutti preoccupati o perplessi, attraverso la voce di associazioni, sindacati e istituzioni locali. Fa eccezione il comune piemontese governato dal partito di Salvini con gli abitanti della pianura risicola vercellese letteralmente esterrefatti e quasi increduli. In Piemonte, i comuni e le associazioni della provincia di Alessandria hanno indetto, intanto, una manifestazione per sabato 6 aprile


L’analisi di GIAN PIERO GODIO

Fioccano numerose in queste ultime settimane le prese di posizione critiche sulla scelta governativa di modificare le norme di legge che dal 2010 stabiliscono come individuare il sito per il Deposito nucleare nazionale, con l’apertura di una corsia preferenziale per le autocandidature permesse anche a quei territori che precedentemente erano stati ufficialmente dichiarati non idonei. Una scelta accompagnata dalla pubblicazione dell’elenco delle aree considerate “Idonee” (Cnai) senza neppure specificare le ragioni per le quali non si è tenuto conto di molte osservazioni presentate da cittadini, Enti locali e associazioni. E senza neppure specificarne l’ordine di idoneità, come invece la legge prevedeva. 

In Puglia e Basilicata (15 aree “Idonee”) Pasquale Stigliani, portavoce dell’Associazione Antinucleare ScanZiamo le Scorie, nata nei giorni della “protesta civile di Scanzano” del 2003 è chiaro e netto: «Vogliamo conoscere i motivi per cui le osservazioni presentate nell’ambito della procedura per l’esclusione della Basilicata tra le aree per ospitare il deposito nucleare non sono state considerate valide».

Nel Lazio (21 aree “Idonee”) per le aree della Tuscia in provincia di Viterbo, in Regione sbrigativamente si dice: «…nessuno dei Comuni in cui si trovano queste zone ha espresso parere favorevole» e si ribadisce la «contrarietà alla realizzazione di questo sito di stoccaggio di scorie radioattive e nucleari, che rischia di produrre danni per tutto il territorio regionale». Qui i Comuni interessati hanno organizzato sabato 24 febbraio una manifestazione con migliaia di partecipanti che ha messo in primo piano «il grande rischio di contaminazione di un territorio che già incorpora un alto grado di radioattività naturale ed è primo per incidenza dei tumori tra tutte le provincie del centro Italia, insieme all’origine vulcanica, la ricchezza delle falde di superficie, la problematica sismica e la vicinanza ai centri abitati».

In Sicilia (2 aree “Idonee”) Cgil, Cisl e Uil di Trapani dichiarano «la più totale contrarietà al deposito di scorie nucleari», sottolineando con una certa originalità che «l’Italia non produce scorie radioattive in quanto gli impianti nucleari non sono consentiti dalla legge, per cui sarebbe un vero e proprio controsenso permettere l’esistenza di impianti di smaltimento».

Sabato 24 febbraio 2024. Manifestazione dei 60 comuni della Tuscia contro il Deposito di scorie nucleari

In Sardegna (8 aree “Idonee”) la Regione ha motivato il proprio «No alle scorie nucleari per ragioni di carattere tecnico, scientifico, economico, politico, del patrimonio storico e culturale, del turismo, e quelle relative al sistema idrico, oltre al fatto che in prossimità dei siti individuati si trova una parte considerevole delle radici e dell’identità del popolo sardo».

In Piemonte (5 aree “Idonee”), sabato 6 aprile, i sindaci e i Comitati dei Comuni interessati in provincia di Alessandria hanno indetto una manifestazione nella quale si sottolineerà che quei Comuni «hanno già dato in termini ambientali con la pressione ambientale dell’Acna di Cengio, dell’Ecolibarna di Serravalle, dell’Eternit a Casale e del Polo Chimico Solvay a Spinetta», e che, dal punto di vista tecnico, «hanno fatto tutto quello che si poteva fare», ma inutilmente.

A Trino, (Comune “autocandidato”), in provincia di Vercelli, gli abitanti della pianura risicola vercellese sono letteralmente esterrefatti e quasi increduli, perché mai e poi mai avrebbero immaginato che fosse proprio il sindaco di uno dei loro comuni ad autocandidare la loro risaia come area idonea per il deposito nucleare nazionale, dopo che era stata ovviamente scartata dai criteri di esclusione fissati dalla Guida Tecnica 29 di Ispra/Isin, e che per rendere formalmente accettabile questa scelta assurda il Governo cambiasse le norme di legge applicate fino ad ora. A Trino Legambiente lo scorso 3 febbraio ha promosso una manifestazione con quasi cinquecento partecipanti in occasione della “Giornata Mondiale delle Zone Umide” per ribadire che la Zona Umida “Pianura risicola Vercellese” è un prezioso ecosistema da proteggere, e non ha i requisiti minimi di sicurezza per farci il Deposito nucleare nazionale, mentre va proseguito il percorso oggettivo e scientifico della Cnai.

Tutte le manifestazioni e prese di posizione popolari in queste settimane evidenziano una forte e giusta contrarietà al nucleare da parte dei cittadini, contrarietà della quale Legambiente, Pro Natura e il Movimento antinucleare si sono sempre fatti portatori. Per gli ineliminabili residui del nucleare pregresso, la protesta deve lasciare il passo al senso di responsabilità di trovare il modo meno pericoloso per poter custodire questi materiali radioattivi per secoli e secoli. Evitando che le colpe di quella scelta fatta negli anni ’60 ricadano sui nostri figli e nipoti, oltre che su tutti noi. Ben vengano, in ogni caso, tutte le osservazioni critiche che evidenziano le varie cause di rischio finora non prese in considerazione per le 51 aree dichiarate “Idonee” nella Cnai. Così facendo si deve giungere a selezionare il sito che, fra tutti i 51, rappresenta la scelta migliore, cioè il meno inidoneo di tutti, dove risulta meno pericoloso smaltire i rifiuti radioattivi. E poi tutte fonti rinnovabili e mai più centrali nucleari. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Già tecnico dell’Enea di Saluggia, presidente di Legambiente Piemonte ed autorevole esponente di Pro Natura. Memoria storica e attivista infaticabile del movimento antinucleare italiano, si batte da trent’anni per mettere in sicurezza le scorie radioattive sparse nel nostro Paese, ancora oggi ospitati in siti inidonei o a rischio per la sicurezza del territorio.