Perché mai i territori dei Comuni che non soddisfano i requisiti richiesti dalle norme e dai criteri tecnico-scientifici fissati dalle Autorità di controllo nazionali ed internazionali, ora potrebbero essere ritenuti “idonei”? Una “idoneità all’italiana”? Si pensi ad esempio al Comune di Trino Vercellese, in Piemonte: il sindaco non ha mai nascosto il suo interesse politico ad avere il Deposito Nazionale sul proprio territorio, nonostante ben sei criteri di esclusione lo impediscano. Ora potrà proporsi per essere scelto? Con queste proposte in vista ci sono tempi più lunghi e criteri meno rigorosi per risolvere un problema grave e urgente. A rischio la sicurezza dei cittadini e del territorio


◆ L’articolo di GIAN PIERO GODIO

La Commissione Ambiente della Camera ha iniziato il 27 settembre a discutere la proposta di legge della Lega che consente anche a quei Comuni che non sono stati ritenuti potenzialmente idonei dalla procedura gestita da Sogin di autocandidarsi per ospitare il Deposito Nazionale per il nucleare. L’esigenza di un Deposito Unico per i materiali radioattivi nasce dal fatto che l’Italia, pur non utilizzando più le centrali nucleari, ha accumulato ingenti quantità di questi materiali prodotti nel secolo scorso e altre, minori, che vengono prodotte tuttora per scopi medici o industriali. Materiali anche ad alta radioattività attualmente dispersi su tutto il territorio nazionale in decine di siti assolutamente inidonei, con gravi e ingiustificati rischi per tutti.

Per individuare un sito in Italia dove questo deposito urgentemente necessario possa comportare i minori rischi possibili, il decreto legislativo 31 del 2010 prevede una procedura di selezione sulla base di criteri di esclusione fissati dalle Autorità di controllo nazionali ed internazionali, e sulla base di questa normativa Sogin aveva classificato come non idonei i territori di tutti i Comuni italiani, ad eccezione di 67 Comuni ritenuti “potenzialmente idonei” sui quali erano state presentate le osservazioni dei cittadini e dei vari enti locali. Al termine di questa selezione i Comuni con siti a quel punto dichiarati “idonei” avrebbero potuto autocandidarsi per la realizzazione del deposito.

Sotto il titolo, messa in sicurezza di componenti radioattivi da inviare nel deposito nucleare; più in basso, la mappa dei siti gestiti dalla Sogin e da altri enti che custodiscono scorie nucleari non sempre con le dovute misure di sicurezza per il territorio circostante

La proposta di legge numero 492 della Lega propone invece che ora anche gli enti locali diversi da quelli nel cui territorio sono comprese le aree dichiarate idonee alla localizzazione del Deposito possono proporre la candidatura dei propri territori. Basta inviare alla Sogin la documentazione sulle caratteristiche tecniche e socio-ambientali che dimostrino la rispondenza delle aree proposte ai requisiti definiti a tali fini dalle Autorità di controllo. Si innesterebbe così una sorta di percorso parallelo a quello seguito finora, solo per dare modo ai Comuni scartati sulla base dei “Criteri di Esclusione” ufficiali di ritornare in pista con proprie autocandidature. 

Ma perché mai i territori di questi Comuni, se prima non soddisfacevano i requisiti richiesti, ora invece potrebbero essere ritenuti “idonei”? Una “idoneità all’italiana”? Si pensi ad esempio al Comune di Trino, in Piemonte, il cui Sindaco non ha mai nascosto il suo interesse politico ad avere il Deposito Nazionale sul proprio territorio, nonostante che ben sei criteri di esclusione lo impedissero: ora potrà invece proporsi per essere scelto? 

Tutto questo preoccupa, prima di tutto perché lascia prevedere un percorso poco rigoroso, più attento agli interessi politici che non alla sicurezza dei cittadini, ed in secondo luogo perché – in ogni caso – finirà per allungare di molti mesi i tempi per l’individuazione del Deposito, che invece rappresenta una vera urgenza per la sicurezza di tutto il Paese, dato che i siti dove i materiali radioattivi oggi si trovano non avrebbero mai dovuto essere nuclearizzati a causa della loro assoluta inidoneità: basti pensare al caso emblematico di Saluggia (Vc), in Piemonte, dove, in un sito da tutti riconosciuto come a rischio elevatissimo, è tutt’oggi presente più dell’80% dei materiali a più alta radioattività di tutta Italia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Già tecnico dell’Enea di Saluggia, presidente di Legambiente Piemonte ed autorevole esponente di Pro Natura. Memoria storica e attivista infaticabile del movimento antinucleare italiano, si batte da trent’anni per mettere in sicurezza le scorie radioattive sparse nel nostro Paese, ancora oggi ospitati in siti inidonei o a rischio per la sicurezza del territorio.