Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin

Si infittiscono le pressioni della lobby nuclearista in parlamento, sul governo e sugli organi di informazione, e si moltiplicano le proposte di legge per riaprire il capitolo delle centrali atomiche in Italia. Non sono più solo acuti solitari ma un indirizzo sempre più marcato della maggioranza di centro destra per “inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia”. Che sia una fonte pulita è un’impostura: i micro-rilasci delle radiazioni e la produzione di scorie dove li mettiamo? Che sia una fonte economicamente competitiva è pura fantasia: per l’Agenzia internazionale dell’energia, da qui al 2050 il costo del nucleare civile nei diversi Stati del mondo sarà superiore rispetto alle altre tecnologie più competitive, tra queste le rinnovabili con il solare. Sarà quindi difficile immaginare l’apertura di nuove centrali nucleari senza un adeguato sostegno finanziario pubblico da parte dello Stato. Legandoci, ancor più, alla filiera atomica russa. Messa in moto dal governo Meloni la roadmap per l’energia nucleare in Italia entro giugno e le Linee Guida entro l’anno. Se così stanno le cose, e le cose stanno proprio così, matura il tempo di una nuova mobilitazione antinucleare


◆ L’analisi di PASQUALE STIGLIANI, portavoce di “ScanZiamo le Scorie”

Nel referendum del 2011, con 27 milioni di voti, gli elettori italiani si sono espressi per la seconda volta contro i piani di riapertura delle centrali nucleari. A distanza di pochi anni da allora, il mercato nucleare non ha offerto alcuna innovazione tecnologica, non esiste un nucleare pulito capace di rimettere in discussione l’espressione della volontà popolare di milioni di cittadini. E sul tavolo ci sono ancora i rischi e le criticità dei problemi irrisolti, oltre alla necessità di tenere una posizione contigua del nucleare rispetto all’apparato militare. 

Kubinka (Mosca) 23-29 agosto 2021. La custodia della prima bomba atomica sovietica RDS-1 presso il padiglione Rosatom durante il 7° Forum tecnico-militare internazionale “Army-2021” svolto al Patriot Expo nella base di Kubinka (foto Epa/Maxim Shipenko)

Nel contesto nucleare, la Russia ha sempre ricoperto il ruolo di leader del settore operando attraverso Rosatom. Difatti l’Europa dipende dall’uranio russo per il 40% del suo fabbisogno e gli Usa addirittura per il 50% [nota 1]. Ora, nello scenario geopolitico presente, in cui la sicurezza energetica è la priorità per il Paese, non avendo tecnologie e materie prime sufficienti per riprendere la produzione di energia nucleare in Italia siamo davvero convinti di intraprendere nuovi accordi internazionali che ci rendono dipendenti da forniture provenienti da altri Paesi, anche dalla Russia o da suoi Stati satelliti? Sarebbe una scelta contraddittoria. Abbiamo intrapreso misure europee per evitare la dipendenza del gas ed incrementare la sicurezza energetica e ricerchiamo nuove dipendenze? 

Dal report dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea) del 2023, nella sezione “Technology costs selected in the Stated Policies Scenario”, emerge come da qui al 2050 il costo dell’energia nucleare nei diversi Stati del mondo è superiore rispetto alle altre tecnologie più competitive, tra queste le rinnovabili con il solare. Sarà quindi difficile immaginare l’apertura di nuove centrali nucleari senza un sostegno finanziario pubblico adeguato da parte dello Stato. Diversamente dalla propaganda in atto, il nucleare non è neppure un’energia pulita, perché bisogna considerare il suo intero ciclo e le scorie radioattive possono restare pericolose per centinaia di migliaia di anni. Ricordiamo che per quelle di alta attività non è stata ancora individuata nel mondo una soluzione definitiva per la loro messa in sicurezza. 

Rendering sempre più accattivanti intendono cancellare dalla nostra vista l’eredità irrisolta della precedente stagione nucleare

L’energia nucleare non può essere un’opzione neanche contro l’emergenza climatica perché bisognerebbe costruire centinaia di nuove centrali: servirebbero decenni e sarebbe troppo tardi ma, soprattutto, l’Europa non ne ha bisogno. Il rapporto di Environmental European Bureau [nota 2] racconta con dati alla mano che con la crescita delle rinnovabili, la riduzione della domanda di energia e una combinazione di opzioni per rendere più flessibile la rete (tra interconnessioni e stoccaggio) possiamo raggiungere la neutralità climatica nel 2040, 10 anni prima del termine fissato per il nostro Continente, e avere un sistema energetico europeo senza il nucleare.

Sarebbe interessante conoscere come si vuole comunicare ai territori la scelta di costruire una centrale nucleare a pochi chilometri dalle loro case o dal loro lavoro. Come ben sappiamo, il territorio nazionale è caratterizzato da rischi sismici ed idrogeologici, oltre ad essere intensamente urbanizzato. Le nuove centrali richiederebbero, pertanto, una analisi sitologica per la localizzazione che non è semplice. Lo stesso premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi ritiene che “L’Italia non è un buon posto per fare centrali nucleari: personalmente sono scettico”. Meglio investire su fotovoltaico e risparmio energetico, ha affermato. Per Parisi “Avere un impianto per l’energia nucleare in una zona densamente popolata è un modo per massimizzare i danni rispetto ai benefici: se un incidente come quello di Chernobyl si fosse verificato in pianura Padana, avremmo avuto tre milioni di sfollati”.

Giorgio Parisi (Nobel per la Fisica): «L’Italia non è un buon posto per costruire centrali nucleari: con un incidente come quello di Chernobyl in pianura Padana, avremmo avuto tre milioni di sfollati»

Valutazioni che trovano riscontro anche nell’esperienza italiana per l’individuazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi che assomiglia sempre più ad un ballo di quadriglia. L’improvvida esperienza di Scanzano Jonico (in provincia di Matera) nel 2003, in cui la pacifica e civile protesta di 15 giorni costrinse il Governo Berlusconi al dietrofront, e il ripensamento dei giorni scorsi dell’autocandidatura del Comune di Trino, dimostrano quanto sia difficile e complicato per il nostro Paese individuare un’area, anche di tipo militare, in cui approfondire la presenza delle condizioni tecniche e di sicurezza per avviare i lavori di costruzione del deposito dei rifiuti radioattivi. Complicazioni presenti anche nelle attività di smantellamento e messa in sicurezza dei lasciti nucleari (vecchie centrali e altri impianti) affidati a Sogin, caratterizzate da ritardi dei tempi ed aumenti dei costi sui quali è necessario un maggiore controllo e trasparenza affinché si possa accelerare nell’iter necessario ad individuare la soluzione più giusta e praticabile.

Tuttavia, alcuni gruppi di pressione lavorano per influenzare la politica e l’opinione pubblica. Nel Parlamento sembra che essi abbiano trovato una maggioranza di Governo disponibile ad ascoltare le loro sirene e che ha ritenuto utile dedicare del tempo per adottare un indirizzo, esaminare proposte di leggi e avviare indagini. Già lo scorso anno, la Camera dei Deputati ha esaminato alcune risoluzioni [nota 3], votando l’indicazione di “accelerare il processo di decarbonizzazione dell’Italia valutando l’opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia”. Si spinge oltre la proposta di legge di “Noi moderati”, presentata a febbraio a prima firma dell’onorevole Maurizio Lupi [nota 4] che tenta di disciplinare l’adozione di linee di azione nazionali per lo sviluppo delle nuove tecnologie nucleari, destinate alla produzione di energia per scopi civili, nel quadro delle analoghe iniziative in ambito europeo e internazionale.

Sempre alla Camera, la settimana scorsa in Commissione Industria e Ambiente ha avuto inizio il ciclo di audizioni sulla “Indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica e nel processo di decarbonizzazione” [nota 5]. Dall’altra parte del Parlamento, nella Commissione sulla Transizione Ecologica del Senato è iniziata invece da pochi giorni l’“Indagine conoscitiva in materia di energia prodotta mediante fusione nucleare” [nota 6]. Si è fatta avanti anche Forza Italia con l’iniziativa solitaria del senatore Claudio Fazzone che ha depositato un disegno di legge contenente “Disposizioni per la riattivazione delle centrali nucleari esistenti sul territorio nazionale e la costruzione di nuovi impianti di produzione di energia nucleare” [nota 7]. La missione impossibile del senatore propone addirittura un articolo dedicato alla riapertura degli impianti già esistenti di Trino, Caorso, Latina e Sessa Aurunca, oltre ad individuare nuovi siti per altre centrali ed il deposito dei rifiuti radioattivi.

Trattamento delle scorie radioattive a Saluggia (in provincia di Vercelli) nel deposito provvisorio di rifiuti nucleari

Gli argomenti e i punti di vista che emergeranno dalle indagini probabilmente verranno raccolti nell’ambito della Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile (Pnns) per elaborare una roadmap per l’energia nucleare in Italia entro giugno. Per il ministro Gilberto Pichetto Fratin, infatti, seppur con qualche mese di ritardo dal lancio dell’idea, sarà redatto un documento completo contenente una roadmap per poi arrivare all’elaborazione delle Linee Guida con azioni, risorse, investimenti e tempi entro 9 mesi. Vedremo se, tra la confusione e la propaganda, dalla cenere nascerà qualcosa. In attesa, matura il tempo per preparare una nuova mobilitazione antinucleare. Convinti che “ci ripropongono sempre la stessa solfa”, ripeteva il professor Massimo Scalia, padre dell’ambientalismo scientifico italiano: “li abbiamo sconfitti due volte di seguito con i referendum popolari; li sconfiggeremo anche la terza”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Laureato in Scienze Politiche all'Università di Bari e Masterizzato RIDEF al Politecnico di Milano e IUAV di Venezia. Esperto di politiche energetiche e sviluppo locale ha lavorato in ISES ITALIA ed ASSOSOLARE. Dal 2013 è stato collaboratore del Senatore Gianni Girotto, già Presidente della Commissione Industria. Attualmente collabora con l'Onorevole Enrico Cappelletti, membro della X Commissione Industria alla Camera.