La decisione di edificare il nuovo ospedale Maria Vittoria dentro il principale polmone della città, il Parco della Pellerina, è una brutta storia dove la risposta alle necessità della sanità del capoluogo piemontese viene data sacrificando il verde pubblico. Una decisione che non sembra avere senso. A fianco del Parco della Pellerina sorge l’enorme stabilimento della Thyssen, noto per il terribile rogo tossico del dicembre 2007. Da allora lo stabilimento è abbandonato e l’area è fortemente inquinata, in particolare nel sottosuolo. Ora si vorrebbe trasformare la zona Thyssen in parco pubblico …ma ancora l’area non è stata bonificata. Tutti gli errori di una gestione politica che sembra non avere cura della “salute” della città
◆ Il controvento di FABIO BALOCCO
► Una delle promesse del programma del nuovo sindaco di Torino era la cura del verde cittadino. Ovviamente non c’era da crederci: in campagna elettorale si promette di tutto e di più. E infatti… Quanto meno l’Esselunga nel Giardino Artiglieri di Montagna in pieno centro cittadino [nota 1]; l’alberata di Corso Belgio, dove gli alberi verrebbero tolti di mezzo per sostituirli con alberelli; la cittadella dello sport nel parco del Meisino: è tutto lì a dimostrare le promesse di marinaio della nuova giunta. Ma c’è di più e di peggio, e cioè il far atterrare il nuovo Ospedale Maria Vittoria nel Parco della Pellerina, la più grande area verde cittadina. Dove adesso vi è lo spazio destinato ai giostrai e ai circhi, e la vista spazia sul verde del parco, verrebbe realizzato un mastodonte di 20mila mq, in un primo momento di sette piani, e nel progetto attuale spalmato sul territorio e quindi con largo consumo di suolo e conseguente necessità di tagliare anche un tot di alberi di alto fusto e di intervenire nella fascia fluviale della Dora Riparia. Decisione questa presa in accordo anche con Regione Piemonte e Asl.

Ora, chi conosce Torino (e per chi non la conosce glielo dico), a fianco del Parco della Pellerina, lato nord, al di là di Corso Regina Margherita, sorge l’enorme stabilimento della Thysssen, tristemente nota per il terribile rogo del dicembre 2007. Da allora lo stabilimento è abbandonato e, come quasi sempre accade con gli stabilimenti industriali, l’area è fortemente inquinata, in particolare nel sottosuolo. L’area Thyssen si suddivide in due porzioni ben distinte dal punto di vista della proprietà: l’area di Fintecna, oggi Cassa Depositi e Prestiti, con 154.000 metri quadrati di superficie fondiaria e 90.000 metri quadrati di superficie coperta e l’area Thyssen Krupp (oggi Arvedi – Acciai Speciali Terni), quella in cui insiste lo stabilimento, pari a 117.000 metri quadrati. Cassa Depositi e Prestiti (società pubblica che fa capo al ministero dello Sviluppo Economico) ha già tentato di vendere la propria porzione più volte, l’ultima nel 2020, senza riuscirci, quindi essa è ancora nella sua disponibilità. L’area di Arvedi invece non è stata fatta oggetto di alcuna attenzione da parte della mano pubblica fino al 2013, epoca in cui la proprietà presenta al Comune di Torino una Piano della caratterizzazione (ricostruzione dei fenomeni di inquinamento) che il Comune approva. Dopodiché anziché far seguire ad esso la bonifica dell’area, Arvedi presenta un progetto di messa in sicurezza, che il Comune di nuovo approva nel mese di dicembre 2023 [nota 2].

Quindi, ricapitolando: l’amministrazione comunale di Torino dal 2007 fino al 2013 è rimasta inerte, anziché far applicare il semplice principio del “chi inquina paga”. Dopodiché, ecco che successivamente si piega alle istanze di Arvedi che porterebbero ad una semplice tombatura del sottosuolo dello stabilimento. Nel frattempo, la mano pubblica ha già speso dei soldi perché il ministero dello Sviluppo economico è dovuto intervenire per il contenimento della contaminazione da cromo esavalente. Una classica vicenda che potremmo definire di mano pubblica forte con i deboli e debole con i forti, con la cittadinanza che rischia di ritrovarsi una vasta area inquinata per i secoli a venire ed altresì sostanzialmente inutilizzabile, mentre invece – se il Comune avesse preteso ciò che era suo diritto – oggi quell’area sarebbe potenzialmente utile per trasferire l’ospedale. A margine ricordiamo tra l’altro che quando l’attuale sindaco Lo Russo era assessore all’Urbanistica nella giunta Fassino fece approvare due varianti al Piano regolatore generale con le quali l’area Thyssen passava da industriale a terziario e residenziale, nella evidente presunzione che fosse bonificata…

Sul tema è intervenuto anche il giurista Ugo Mattei in un recente dibattito pubblico evidenziando che il Comune, in alternativa, potrebbe anche espropriare l’area Thyssen pagando un valore simbolico di un euro, ai sensi dell’art. 838 C.C. e del regolamento dei Beni Comuni della Città. In tal modo tutta intera l’area passerebbe in mano pubblica, che poi potrebbe essa stessa procedere alla bonifica, magari accedendo a fondi comunitari. Nella brutta vicenda si inserisce la richiesta di referendum consultivo rivolta dal “Comitato referendario Salviamo la Pellerina” al Comune. Richiesta che il Comune nel dicembre 2023 però ha respinto trattandosi di materia non di competenza esclusiva del Comune ma anche di Regione e Asl. Argomento specioso contro il quale il Comitato si è rivolto al Difensore civico regionale. Notizia di questi giorni: il Consiglio comunale ha approvato una delibera in base alla quale l’area Thyssen verrebbe destinata a parco. Ovviamente sarebbe solo verde su soletta, con veleni tombati. Una ben brutta vicenda, ma tipicamente italiana. © RIPRODUZIONE RISERVATA