«La difesa della nostra salute passa dalla difesa delle aree naturali protette»: le sette domande inviate nei giorni scorsi al ministero dell’Ambiente e alla Presidenza del Consiglio dal “Gruppo dei 30”. La seconda parte della riflessione sull’uso della Next Generation Eu per Italia Libera da un grande naturalista
di GIORGIO BOSCAGLI, Società italiana per la storia della fauna
⚈ Al ministro dell’Ambiente Sergio Costa abbiamo inviato nei giorni scorsi alcuni amichevoli e solidaristici suggerimenti, come scrivevamo nella prima parte di questo articolo. Eccoli, sotto forma di interrogativi.

Ed ancora, proseguendo con le domande al ministro Costa. d) Cosa si aspetta a costituire un coordinamento dei direttori – svolto direttamente dal ministero dell’Ambiente – attraverso una auspicatissima Agenzia nazionale parchi, senza che questa venga subordinata ad altri Enti o istituzioni ma rimanga, per garanzia di qualità e indipendenza, in capo al ministro? Traduzione: su quest’ultimo punto vorremmo ricordare che, per la Direzione dei Grandi musei nazionali, i direttori sono stati scelti secondo criteri di altissimo profilo. Perché non analoghi criteri per i Parchi nazionali, assolutamente omologabili ai Grandi musei in termini valoriali? e) È davvero improponibile la definizione di un curriculum di minima per i profili dei candidati alle Presidenze? Traduzione: che ci fanno in questi delicatissimi ruoli i riciclati della politica locale? Uno che ha svolto funzioni di assessore al traffico, al bilancio o ai rifiuti è dotato (competenze ambientali?) e adeguato a pianificare il futuro dei delicatissimi equilibri ecologici che caratterizzano le Aree Protette?

Le attese per il futuro. Quanti sono i territori e gli habitat considerati meritevoli, a vario titolo e per diversificate caratteristiche, di un maggiore livello di tutela in Italia? Tanti, davvero tanti. Abbiamo un Paese incredibilmente ricco di biodiversità (non è uno slogan!). Biologicamente grazie alla nostra estensione da Nord a Sud che taglia tanti paralleli e che, di conseguenza, permette lo sviluppo di ambienti (tecnicamente: biocenosi) straordinariamente compositi e ricchi. Ad onta di tanta (inconsapevole?) ricchezza continuiamo (consapevolmente!) a consumare suolo [1]. I miei nonni e mio padre mi hanno lasciato un mondo ancora degno di essere vissuto e osservato con gli occhi affascinati di un bambino. E li ringrazio. Ma ai nostri discendenti noi cosa lasciamo?
Abbiamo anche provato a fare una ricognizione “a spanne”, come suol dirsi, ovvero sicuramente manchevole ma onesta, di una serie di aree dove – da anni, a volte decenni – si chiacchiera, nel più puro stile del “campa cavallo…”, sulla possibilità di costituire nuove Aree protette (Parchi nazionali, Regionali, Aree marine protette e così via). Ne facciamo un sintetico elenco (ripeto: sicuramente manchevole). Tenendo anche conto dei marcati indirizzi ambientali della Unione (30% dei territori nazionali tutelati entro 2030 − ancora un sentito grazie a Ursula/piccola orsa) − quale migliore occasione del Next Generation Eu, per un progetto che ricomprenda, in un unico programma, l’istituzione di nuovi Parchi?
Nella (straripante) lista d’attesa – da istituire oppure da concretizzare (dopo molti bla..bla… ammantati di pseudo-democrazia) – ci sarebbero: Portofino nazionale, Monte Amiata, Monte Catria, ampliamento del Parco nazionale Foreste Casentinesi a tutto il Monte Fumaiolo, Alpe della Luna, Costa dei Trabocchi abruzzesi, Massiccio del Matese, Monti della Tolfa, Monti Picentini, Gennargentu, Monti Iblei, Massiccio del Vulture, Monti Ernici (almeno Regionale, ma meglio Nazionale o accorpato al Regionale dei Monti Simbruini) e la trasformazione del Parco regionale dell’Etna e del Parco regionale Sirente-Velino in Parchi nazionali, Carso triestino, Alpi Marittime (da Regionale a Nazionale), Area Marina Protetta del Conero, Delta del Po finalmente Nazionale.
E ancora: ri-accorpamento dei tre tronconi dell’ormai para-regionale Parco nazionale dello Stelvio, tutte le Aree marine protette da equiparare concretamente ai Parchi nazionali, e… Davvero tanti altri ancora ne potremmo elencare, sulle Alpi e lungo le coste. Un unico progetto/obiettivo del ministero dell’Ambiente, che li includa tutti con relativo crono-programma e piano di finanziamento e vada poi a finire tra ai progetti che l’Italia dovrà presentare all’Unione Europea per il Recovery Fund/Next Generation Eu. È un’idea così bislacca?
Nell’ipotesi circolante relativa alla cabina di regia/catena di comando per il Recovery Fund [2] sono previsti sei supermanager (vedremo la selezione…) e trecento specialisti (sperando di non dover rimembrare la Spigolatrice di Sapri: «Eran 300, eran giovani e forti…». Ma, indipendentemente dalla metodologia di approccio: ci sarà un supermanager dedicato esclusivamente all’Ambiente (e alle Aree protette)? Ci saranno almeno una cinquantina di tecnici (realmente esperti, qualificati e competenti) preposti a tradurre operativamente gli indirizzi in campo ambientale? Su tutto quanto andiamo scrivendo avremmo grande piacere a confrontarci vis a vis col nostro stimato ministro Sergio Costa e l’altrettanto stimato presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Metafora conclusiva. Di una cosa ci sentiamo certi: il problema più grosso di Don Chisciotte era la solitudine. Sancho Panza non contò, e i mulini a vento sono rimasti lì. Quando l’hidalgo morì (forse a causa di un “rimpasto”?), Dulcinea non c’era. − (2. Fine. La prima parte è stata pubblicata qui martedì 15 dicembre) ◆