Dopo l’approvazione al Senato del disegno di legge sull’Autonomia differenziata il 23 gennaio scorso, si intensificano le critiche a un progetto che condannerebbe il Mezzogiorno al suo definitivo declino. L’opposizione parlamentare deve farsi sentire ed essere più incisiva per impedire che le aree più deboli del Paese siano abbandonate a se stesse e il premierato distrugga gli equilibri costituzionali della nostra Repubblica parlamentare. Una lettera aperta alla segretaria del Pd dal profondo Sud


Roma, 16 gennaio 2024. Qui e sotto il titolo, presidio contro l’autonomia differenziata (foto di Roberto Monaldo / LaPresse)

◆ La lettera aperta di ALESSIO LATTUCA, presidente del Movimento per la sostenibilità 

Gentile onorevole Elly Schlein, 

Con il disegno di legge “Spacca Italia” siamo davanti ad una evidente prepotenza, le avevo scritto il 29 gennaio scorso per evidenziare i pericolosi, quanto bizzarri, stratagemmi messi in campo dal governo. La sua risposta è arrivata con l’intervista rilasciata a “Repubblica” a metà febbraio in cui si è soffermata su molti degli aspetti che avevo voluto porre alla sua attenzione: la ringrazio anche per la chiarezza e l’efficacia delle sue parole. Sono convinto che lei abbia le «physique du rôle», la credibilità e l’autorevolezza per coordinare un corposo movimento di cittadini interessati alla difesa della democrazia. A tale proposito l’esperienza che ho maturato nei primi anni Novanta, quale coordinatore per la Sicilia del “Patto Segni” (e dello straordinario referendum che lo aveva preceduto nel 1991), mi induce a considerare che anche adesso sia possibile stimolare la sensibilità e la partecipazione attiva di una sostanziosa componente di cittadini. Ma occorre agire con fermezza laddove si concentrano oggi le maggiori vulnerabilità, essendo un dovere difendere la democrazia — dopo la sconfitta del 23 gennaio al Senato, con 110 voti favorevoli al ddl Calderoli, 64 contrari e 3 astenuti — e fermare con urgenza l’iter della cosiddetta Autonomia differenziata prima della sua definitiva approvazione. Si tratta di una legge ordinaria in attuazione dell’art.116 della Costituzione, e qui sta il lato subdolo del problema. Difatti (ove la legge venisse definitivamente approvata) non sarebbe più possibile tornare indietro e il referendum potrebbe essere rigettato. 

Ed allora che fare? Intanto, l’ostruzionismo parlamentare potrebbe essere un argine contro gli abusi della maggioranza e un’arma di resistenza da tenere nella dovuta considerazione per bloccare la sciagurata norma, tanto ingiusta quanto eccentrica. A tale riguardo è opportuno che si mobilitino le forze democratiche della società e della cultura, e che esse si attrezzino per vigilare su eventuali deragliamenti. Ma è necessario stabilire un piano mirato, anche di comunicazione — contrastando l’enorme disparità di forze e di risorse in campo — per orientare l’opinione pubblica attraverso una puntuale corretta informazione ai cittadini (a cui non è ancora chiara la portata delle questione) in merito ai rischi in corso. La gravità del momento che il nostro Paese sta vivendo si manifesta in un’ansia di potere dell’Esecutivo che fa pendant con l’insofferenza per ogni forma di solidarietà, di critica o di dissenso, come abbiamo potuto vedere con la carica dei manganelli contro gli adolescenti di Pisa. E vanno riannodati i fili dell’intricata, subdola questione, che riguarda l’Autonomia differenziata. 

Essa si sta configurando come un vero vulnus democratico ed è urgente, a mio avviso, ricercare un comune denominatore per la tutela della Costituzione. È evidente, infatti, che l’Autonomia differenziata e il premierato rappresentino un pericolo. E lo strumentale compromesso per reciproci obiettivi, tra la Lega — tornata a fare esclusivamente propaganda nordista — e Fratelli d’Italia sarebbe un compromesso che pagheranno caro i cittadini e che ricadrà sulle spalle di tutti i siciliani. Ed è davvero insopportabile che tutto ciò accada con il pieno appoggio del governo della Regione Siciliana, che ha votato a favore della proposta del governo Meloni: un doppio schiaffo politico ed economico, giacché la Sicilia perderà miliardi in servizi già scadenti. Ma, al tempo stesso, è paradossale e inaccettabile che l’Autonomia Siciliana, ottenuta con un compromesso al ribasso e mai pienamente applicata, continuerà a deperire e a svuotarsi mentre, di fatto, proliferano basi militari, rigassificatori, raffinerie e povertà. 

Per tali ragioni, lo stato di salute della nostra democrazia e l’apprezzamento del costituzionalismo democratico richiedono di non recedere rispetto alle conquiste della democrazia liberale. Bisogna allora vigilare e considerare con estrema attenzione il rischio che lo spirito del tempo vada nella direzione opposta. Soprattutto perché, in una società dominata da convenienze personali, spesso disattenta e, talvolta, indifferente, anche un’idea anacronistica — venduta con metodo e fatta passare come buona tramite lo storytelling dell’arrembante Calderoli — potrebbe condurre ad un esito nefasto. Bisogna stare attenti alle sirene del populismo di cui è intricata l’intera materia, giacché la norma sull’Autonomia differenziata e la proposta di riforma costituzionale del premierato sono intessute di questo spirito insidioso. E, nell’attuale quadro etico e politico, le riforme costituzionali rappresentano un rischio che impone di evitare qualsiasi “deroga”. 

D’altronde, ad un occhio attento non sfugge affatto quali siano i loro interessi (la “secessione dei ricchi”, è stata definita). E pare abbastanza logico che studi e ricerche suggeriscano che il livello di “rancore” del Sud (tradito) nei confronti del Nord possa aumentare significativamente, con il continuo deterioramento della situazione economica e l’aumento della povertà. A tale proposito basta osservare con attenzione la guerra scatenata dalla Lega di Salvini — che ha utilizzato la “clava” Calderoli (aiutato dal “coro” della maggioranza) ripetendo senza alcun pudore la solita, grottesca, cantilena dell’Autonomia come risorsa — per fare passare come poca cosa o, peggio, marginali i Lep (Livelli essenziali di prestazione). E dimentica, appositamente, di dire che non esiste alcuna volontà del governo (e neppure le risorse) di superare il criterio della “spesa storica” per definire i diritti sociali e civili. Dimentica di ricordare anche che la concessione dell’Autonomia è subordinata alla definizione per via legislativa dei Lep per garantire uniformità territoriale e che, per la loro determinazione, occorrono almeno 100 miliardi di euro. 

In definitiva, è stata messa in atto una perfida “operazione di moral suasion” per rendere accettabile un obbrobrio che spaccherà definitivamente il Paese. Qualcuno arriva perfino a richiamare come buona “la spesa storica” fin qui applicata che (come emerge da autorevoli studi) ha depredato il Sud di circa 70 miliardi di euro l’anno dalla riforma del Titolo V del 2001 in avanti. Si tratta di una cifra talmente astronomica (che vari governi, con disinvoltura, hanno dirottato altrove), per cui appare irrealistica l’idea — date le evidenti difficoltà dello Stato — di una qualche restituzione a titolo di risarcimento al Sud “desertificato”. Ma una cosa è chiara ed è opinione diffusa: le condizioni del Sud e l’aumento delle disparità rappresentano l’urgenza principale del Paese. Gli investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, per la crescita e la lotta alla disoccupazione — vedi, al riguardo, la condizionalità per l’uso dei fondi del Pnrr che prevede di destinare il 70% delle risorse al Mezzogiorno e non, come vorrebbe il governo, il 39% — devono essere davvero una priorità dell’Esecutivo.

Distinti saluti.

È presidente di Confimpresa Euromed, amministratore delegato Confidi per l’impresa e direttore generale Cofidi Scrl. Imprenditore agrigentino, si batte da anni contro il rigassificatore di Porto Empedocle (sua città natale), che definisce un “progetto folle”, a pochi passi dalla Valle dei Templi, a ridosso della casa di Luigi Pirandello in contrada Kaos.