Ci indigniamo per un liberticidio commesso da chi ha sempre promesso di anteporre l’ordine alla libertà. Ma quando ci toccava decidere, potevamo, o no, trovare il modo di frenare le derive troppo spesso fastidiose e illegali con provvedimenti meditati e rispettosi della libertà di opinione e di riunione, dunque coerenti con la tradizione progressista? Intanto Giorgia si sta affannando a normalizzare e arraffare tutto quel che le riesce, cominciando dalle reti Rai, che, guidate a vista dal neoministro della Cultura ed ex direttore del Tg2, Genny Sangiuliano, fanno a gara a chi la canta e la loda meglio, con il soccorso belante di un gregge di ospiti e commentatori che, se non fanno tutti il saluto romano appena avvistano il cavallo di via Mazzini, è solo perché hanno l’artrosi
Il commento di MAURIZIO MENICUCCI

ED ECCOLA, LA ZUFFA sul cosiddetto ‘Piante & Dosi’ (nemesi davvero stupefacente, per il ministro dell’Interno di una maggioranza manettara), il grossolano decreto emanato dal governo Meloni con fretta degna di un tiro al piattello per vietare i rave parties, e con quelli anche l’esercizio minimo di altri diritti democratici, com’è di fatto impedire a 51 studenti di protestare in una piazza. A parte il volto mascelluto della destra-destra al potere, esso conferma anche il peggior difetto della nostra sinistra: la sua tragicomica incapacità di decidere alcunché, quando, dalle parole, deve passare ai fatti. Di nuovo, oggi, la sinistra si trova a pagare le conseguenze, politiche e sociali, della propria inerzia.
Ancora una volta, non ha fatto — a suo tempo — quel che poteva e doveva, per risolvere un problema reale e avvertito, qualcosa, cioè, che, per definizione, non è né di sinistra né di destra, ma tale diventa, nel momento in cui si concede agli avversari la possibilità di piantarci una bandierina: storta, certo, ma vistosa e identitaria. Poco importa che si tratti di un problema molto secondario rispetto alla montagna di emergenze che incombe. E poco importa che il decreto sarà emendato. Il randello è brandito, il segnale è arrivato, le ‘trippe d’assalto’ di Salvini e Meloni, da tempo in attesa di un osso, gongolano pasciute e soddisfatte e i due sprizzano fierezza e orgoglio da ogni poro.

Ora, però, a noi urge un onesto mea culpa. A meno che il mero possesso di uno stabile o di un terreno inutilizzati non meriti subito l’esproprio proletario, è innegabile che il diritto, proteggendo la proprietà privata da chi pretende di occuparla abusivamente, debba stare dalla parte del proprietario, che non per nulla si definisce ‘legittimo’. Se poi gli ospiti — e parliamo ogni volta di migliaia di persone, la maggior parte delle quali ammette senza remore di concepire la parola ‘trasgressione’ in un senso molto corporeo, quando non proprio corporale —, se costoro, dicevo, lasciano il bene altrui imbrattato e in condizioni igieniche disastrose e pericolose, come accade sistematicamente; o molestano i residenti per un vasto raggio intorno; o pretendono di consumarvi droghe a go go (non si discute, qui, sulla efficacia e sulla opportunità delle norme in materia: finché vigenti, si devono rispettare), beh, tutte queste non sono certo attenuanti.
Dunque, la vera questione è un’altra, almeno per noi di sinistra, che adesso giustamente c’indigniamo per un liberticidio annunciato e commesso da chi ha sempre promesso di anteporre l’ordine alla libertà. Quando ci toccava decidere, potevamo, o no, trovare il modo di frenare questi raduni, o almeno le loro derive troppo spesso fastidiose e illegali, con provvedimenti meditati e rispettosi della libertà di opinione e riunione, dunque coerenti con la tradizione progressista? Potevamo, o no, evitare di regalare alla Meloni la prima grande occasione di marcare il territorio e di lisciare il pelo soprattutto a quella parte di elettori più ruspanti, che finora lei stessa aveva lasciato fuori della porta di servizio, preoccupata che rovinassero la festicciola messa su per compiacere i moderati di casa e l’Unione Europea? Potevamo, o no, evitare che ora si conceda tanta discrezionalità ai prefetti, tra l’altro proprio quei funzionari dello Stato che, fino a una decina di anni fa, la Lega voleva abolire, considerandoli la longa manus di Roma contro l’autonomia delle Regioni, e ora arma con manette e manganello?

Qualcuno di noi risponda e, per favore, senza frasi fatte. Magari, come se fossimo al governo, ché un po’ di allenamento, prima o poi — ma speriamo prima —, può tornare utile. Anche perché è chiaro che, nonostante i distinguo e i mal di pancia garantisti della Ronzulli e la sua promessa di modificare il decreto, Forza Italia, facendosi trascinare in questa avventura dal sempre più ridicolo Papi della Patria — che Putin fa straparlare come una marionetta tenendolo sotto la cintola per i gasdotti —, ne uscirà in frantumi: ha perso l’ultima occasione per interpretare quel ruolo di destra liberale che in Italia è vacante da oltre un secolo, e che lo stesso Burlesquoni ha sempre sbandierato a vanvera. E ora perderà anche gli ultimi sodali dentro e fuori dal Parlamento, i quali, se non guardano dall’altra parte della barricata, al terzo polo, si staranno chiedendo perché non sottomettersi direttamente alla ‘sorella d’Italia’, invece che al suo balbettante paggio. Quanto all’altro paggio, Matteo Salvini, sta poco meglio.
E infatti la Ducina ringrazia e se la ride perché ha preso due piccioni con una favola. Che poi il suo sorriso duri, è un’altra cosa. Per questo Giorgia si sta affannando a normalizzare e arraffare tutto quel che le riesce, cominciando dalle reti Rai, che, guidate a vista dal neoministro della Cultura ed ex direttore del Tg2, Genny Sangiuliano, fanno a gara a chi la canta e la loda meglio, con il soccorso belante di un gregge di ospiti e commentatori che, se non fanno tutti il saluto romano appena avvistano il cavallo di viale Mazzini, è solo perché hanno l’artrosi. D’altronde, c’è chi ‘Melomane’ è nato e chi lo è diventato da un giorno all’altro, e se è perché teneva Famiglia, adesso ha anche Dio & Patria: tre motivi bastano e avanzano, in Rai, per cambiare bandiera. Poi c’è la tristissima amnistia sanitaria che il ministro della Salute, Orazio Schillaci, probabilmente su consiglio di Bannon e Bolsonaro, vuole regalare ai medici e agli infermieri No vax insieme alla licenza di contagio. Ma questa è una vicenda così offensiva per la ragione e così cinica verso l’interesse della collettività da non poter essere liquidata in due righe. Nel frattempo, guarda come siamo ridotti: Letizia, facci sognare! © RIPRODUZIONE RISERVATA