Una guerra civile che continua da dodici anni, un Paese in ginocchio, la spregiudicatezza della comunità internazionale tra “linee rosse” da non superare, tentazioni di interventi militari, e indifferenza per una tragedia collettiva che vede sfollato un terzo della Siria. Chi si è rafforzato, nel tempo, è il dittatore Assad, ma si è rafforzato sulle macerie. Con l’unica preoccupazione, per l’Europa, dei migranti che si vuole tenere alla larga, anche se i siriani sono tra chi più al mondo avrebbe diritto di essere accolto come rifugiato. Dodici anni di guerra, e non c’è uno spiraglio che ne faccia vedere la fine Il Presidente della Siria Bashar Hafiz al-Assad; sotto il titolo, il deserto dopo dodici anni di guerra civile L’analisi di FABIO MORABITO DODICI ANNI FA, nel marzo del 2011, con le prime pacifiche proteste di piazza, sull’onda di quella che dai media dell’Occidente fu chiamata “Primavera araba”, germogliò il seme avvelenato della guerra civile in Siria. Una guerra che non è finita e non si sa quando finirà. E che può essere letta in parallelo come triste presagio anche per la guerra in Ucraina. I conflitti nel mondo non solo si moltiplicano ma tendono a cronicizzarsi. E le conseguenze non sono locali, ma globali. Quella che fu chiamata da subito “Primavera araba” suscitò molte attese da...
Dodici anni di guerra civile in Siria, e non c’è fine. Dal quasi conflitto mondiale all’indifferenza
Fabio Morabito
Caporedattore - Primo articolo pubblicato a quindici anni sul "Calcio illustrato". Un libro a vent'anni sulla storia del Partito radicale da Pannunzio a Pannella. Due contratti in Rai, collaborazioni con radio e tv private, migliaia di articoli in una ventina di testate diverse in Italia e all'estero. Oltre trent'anni di lavoro al Messaggero, dove si è occupato di cronaca, politica, sport, interni, esteri. È stato presidente dell'Associazione stampa romana e componente di Giunta della Fnsi, il sindacato nazionale dei giornalisti. Ha coordinato e condotto decine di corsi di formazione professionale