Il documentario prodotto anche dalla Rai, diretto da Riccardo Milani e messo in onda il primo dell’anno, dopo qualche mese nelle sale cinematografiche propone un eccellente materiale di archivio. Ma anche un parterre di voci viventi che suscitano più di una perplessità. E la sua filastrocca “cos’è la destra, cos’è la sinistra” si allunga di un altro bel po’ post mortem


◆ Il controvento di FABIO BALOCCO

“Io, noi e Gaber”, così si intitola il documentario prodotto anche dalla Rai e dedicato a Giorgio Gaber, andato in onda (dopo essere passato pochi giorni nelle sale) il primo gennaio scorso. Regia di quel Riccardo Milani noto per innocue pellicole sentimentali, quelle che oggi vanno tanto di moda e che ti fanno meritare un tre stelle da Mymovies, di proprietà della Gedi. Devo ammettere che attendevo con ansia la pellicola, anche perché, a differenza di De André, su Gaber dopo la morte non si è prodotto granché. Terminata la visione, devo ammettere che ho pianto per gli spezzoni di registrazioni dei suoi concerti, così come piansi quando lo vidi dal vivo, ma la forza del pianto era pari all’incazzatura. 

Il documentario non è solo materiale d’archivio (magari!), ma ha la pretesa di far commentare Gaber a personaggi tutt’ora in vita. E finché quei personaggi sono sua figlia o Sandro Luporini, con cui Gaber condivise tutto il periodo più ricco della sua esperienza artistica, ovviamente ci sta. Ma ti domandi: cosa ci fanno Jovanotti, Fabio Fazio o (tenetevi forte) Pierluigi Bersani? Jovanotti è artisticamente lontano anni luce da Gaber: nelle sue canzoni viene esaltata sistematicamente la bellezza di quella famiglia, da cui Gaber prese più volte le distanze: «Nelle case non c’è niente di buono. Appena una porta si chiude dietro a un uomo succede qualcosa di strano, non c’è niente da fare è fatale, quell’uomo comincia ad ammuffire». E poi Fabio Fazio, ossia il buonismo elevato a sistema. Travaglio lo chiamò: «lo zerbino della sinistra». Proprio lui si può permettere di commentare l’estremismo di Gaber, lui che non ha mai avuto l’ardire di criticare i potenti… 

Ma il massimo del ridicolo lo si tocca con Pierluigi Bersani, colui che ha messo la sua firma sotto quei decreti che hanno permesso la liberalizzazione in Italia, dall’energia elettrica al commercio. Gaber si rivolterà nella tomba: lui che disse che «il politico deve essere il più ambiguo possibile, per garantirsi il maggior numero di adesioni» e che oramai non esisteva più destra né sinistra ma solo il Mercato, esaltato proprio da quel Bersani che al mercato aprì le porte. E che, a fronte del testo “Qualcuno era comunista” ha il coraggio di dire che in fondo il comunismo qualcosa di buono avrebbe prodotto dai tempi in cui Gaber lanciava i suoi tristi strali. 

Perché, mi domando perché far parlare questi personaggi che sono l’esatto contrario del mondo di Gaber, e perché invece escludere uno come Andrea Scanzi che su Gaber ha scritto un bel libro e portato in giro per l’Italia un bello spettacolo teatrale? E comunque perché la Fondazione Gaber ha collaborato a questo documentario? Forse Milani ha ritenuto che infilarci Jovanotti, Fazio, Bersani arricchisse l’opera e più spettatori andassero al cinema? Domande che restano senza risposta. Resta la ricchezza, come dicevo, dei documenti d’archivio, e del dramma interiore che Gaber visse negli ultimi decenni della sua breve vita. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (attualmente in quiescenza), si è sempre battuto per difesa dell’ambiente e problematiche sociali. Ha scritto “Regole minime per sopravvivere” (ed. Pro Natura, 1991). Con altri autori “Piste o pèste” (ed. Pro Natura, 1992), “Disastro autostrada” (ed. Pro Natura, 1997), “Torino, oltre le apparenze” (Arianna Editrice, 2015), “Verde clandestino” (Edizioni Neos, 2017), “Loro e noi” (Edizioni Neos, 2018). Come unico autore “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino” (Edizioni Neos, 2017), “Lontano fa Farinetti” (Edizioni Il Babi, 2019), “Per gioco. Voci e numeri del gioco d’azzardo” (Edizioni Neos, 2019), “Belle persone. Storie di passioni e di ideali” (Edizioni La Cevitou, 2020), "Un'Italia che scompare. Perché Ormea è un caso singolare" (Edizioni Il Babi, 2022). Ha coordinato “Il mare privato” (Edizioni Altreconomia, 2019). Collabora dal 2011 in qualità di blogger in campo ambientale e sociale con Il Fatto Quotidiano, Altreconomia, Natura & Società e Volere la Luna.