Si avvicina a grandi falcate l’anniversario della devastante alluvione della primavera 2023 in Emilia Romagna con danni accertati per 8,5 miliardi. Emerge il contrasto tra l’operosità di volontari, associazionismo sociale, singoli cittadini e la lentezza o l’inerzia istituzionale che diventa sempre più grave. Solo nella biblioteca del Seminario vescovile di Forlì 150 mila libri furono sepolti nel fango. Oltre 50.000 volumi antichi sono stati strappati al fango e ora sono al sicuro a meno 25 gradi all’interno delle celle frigorifere di due generose aziende, Orogel e Bo Frost. Una mostra itinerante (tra Firenze, Ferrara, Ravenna) tiene accesa l’attenzione nei confronti di un problema che richiederà molti anni di impegno per restaurare i libri e restituirli alla comunità locale. Il progetto di un laboratorio di restauro a Cesena, città nella quale è presente un corso di laurea in Beni Culturali, darebbe impulso a un lavoro di lunga lena per salvare ben 32 fra archivi e biblioteche finiti sott’acqua e fango

Le foto di questa pagina sono di Silvia Camporesi, autrice della mostra itinerante “Sommersi Salvati”, tra Firenze, Ferrara e Ravenna 

◆ L’articolo di SAURO TURRONI

Le drammatiche vicende del maggio 2023 che hanno visto la Romagna intera in ginocchio con città inondate, colline crollate, infrastrutture interrotte, migliaia di abitazioni inagibili, fabbriche non più in grado di produrre, il tutto unito alla tragedia della perdita di tante vite umane. Lo spirito che anima queste genti le ha viste immediatamente rimboccarsi le maniche. È stato così per liberare le strade e le case dal fango, per rimettere in moto le aziende, per ricostruire la socialità perduta: non è colore il canto di “Romagna mia” che usciva dalle gole dei tanti giovani accorsi per spalare il fango, quella canzone è stata davvero l’inno della rinascita.

Il luogo dove tutte queste cose si sono toccate con mano e si sono viste esplodere attraverso un impressionante spirito di collaborazione e impegno  messo in atto da molte centinaia di volontari, accorsi per dare una mano, e dalle strutture tecniche dello Stato nelle sue diverse articolazioni e competenze, è stato senza dubbio la biblioteca del Seminario vescovile di Forlì con i suoi 150 mila libri sepolti nel fango. Nessuno sapeva bene, a cominciare dalle centinaia di volontari accorsi immediatamente, rispondendo all’appello fatto girare subito sui social da parte del rettore del Seminario, in che modo si sarebbe potuto salvare un patrimonio così importante, riguardante la storia, la memoria e l’identità stessa della comunità romagnola.

È stato raccontato più volte come questo sia potuto accadere e i risultati raggiunti col primo salvataggio di oltre 50.000 antichi volumi, conservati purtroppo nel seminterrato del Seminario, conseguendo un obiettivo, parafrasando liberamente il Manzoni “ch’era follia sperar”. Grazie alla generosa disponibilità di Orogel e di Bo Frost i volumi strappati al fango sono ora al sicuro a meno 25 gradi all’interno delle celle frigorifere delle due aziende ma questa disponibilità ha un termine che non coincide con i tempi lunghissimi, necessari per le successive fasi di asciugatura, ripulitura e restauro dei volumi.

Il Seminario e la Biblioteca Nazionale di Firenze hanno sottoscritto un protocollo grazie al quale i laboratori di restauro fiorentini hanno iniziato i lunghissimi lavori di recupero. Una prima sperimentazione avviata su un piccolo nucleo di volumi ha fornito risultati incoraggianti che sono stati resi pubblici attraverso la mostra Sommersi Salvati, dapprima realizzata nei locali alluvionati del Seminario e poi esposta alla Biblioteca Nazionale di Firenze e attualmente collocata nelle sale espositive del castello Estense di Ferrara per poi trasferirsi alla biblioteca Classense di Ravenna.

La mostra è stata realizzata con un duplice scopo. Da una parte si è voluto testimoniare l’accaduto in tutta la sua drammaticità, unito al prezioso lavoro dei tanti, nuovamente chiamati “angeli del fango”, che hanno consentito il salvataggio dei libri, non esitando un attimo ad immergersi per quasi due mesi in locali malsani, umidi, puzzolenti, con l’acqua e fango sopra le caviglie mentre loro colleghi all’aperto ripulivano al meglio i libri dal fango e li identificavano ad uno ad uno. Dall’altra s’è voluto mantenere accesa l’attenzione nei confronti di un problema che richiederà molti anni di impegno e moltissime risorse per essere definitivamente risolto. Per questo la mostra non ha avuto un significato didascalico ma, attraverso foto di grande impatto emotivo e valore artistico, realizzate da Silvia Camporesi, ha voluto inchiodare l’attenzione ad un aspetto del dramma che potrebbe essere ignorato mentre merita la più alta considerazione.

Non si può certamente dire ora che si è in mezzo al guado, la traversata è appena iniziata e c’è la necessità non solo di tenere accesi i riflettori, sforzo nel quale alcuni irriducibili volonterosi sono quotidianamente impegnati, ma anche di contribuire ad attivare le fasi successive che dovranno portare alla restauro dei libri e alla loro restituzione alla comunità locale. Purtroppo vicende come queste, che hanno comportato danni accertati per 8,5 miliardi sono complicatissime da affrontare, molto più di un terremoto nel quale, tutto sommato, le questioni da risolvere sono più o meno unite in una unica tipologia di interventi, ricostruire e consolidare gli edifici crollati o danneggiati.

La molteplicità di azioni necessarie, dalla sistemazione dei fiumi ad una nuova pianificazione di tutela ed urbanistica, dalla realizzazione di casse di espansione alla delocalizzazione di edifici in zona rischio, dal risanamento delle case alluvionate al sostegno delle attività economiche danneggiate, da restauro dei Beni Culturali colpiti alla ricostruzione delle strade sprofondate sotto 90.000 frane censite e  cartografate, rende comprensibili i timori nei confronti di quello che può apparire l’ultimo dei problemi: restaurare dei libri. Il piccolo nucleo di irriducibili volontari della prima ora sta operando concretamente per individuare le migliori e più efficaci strategie per raggiungere un obiettivo che non pare essere in cima ai pensieri della locale amministrazione né a quelli della struttura commissariale. 

Da sinistra a destra: Silvia Camporesi, Vittorio Sgarbi, Sauro Turroni e, al microfono, l’assessore alla Cultura di Ferrara Marco Gulinelli nel dibattito all’inaugurazione della mostra al Castello Estense il 25 gennaio 2024

Il Segretariato regionale del ministero della Cultura, purtroppo in via di soppressione in seguito ad una delle tante riforme del ministero, ha messo a punto un progetto di costituzione di un laboratorio di restauro a Cesena, città nella quale è presente un corso di laurea in Beni Culturali, dotandosi di capannoni, frigoriferi e con la previsione di acquisto dei liofilizzatori e delle altre macchine per l’asciugatura dei libri, la loro pulizia e i primi interventi di recupero. Queste attrezzature sarebbero importantissime anche per interventi di recupero e restauro riguardanti reperti archeologici in legno,  fondamentali in un territorio come la Romagna, in gran parte generato da alluvioni come quella che abbiamo appena patito perché al suo interno, sotto strati di fango, conserva importanti testimonianze lignee del passato.

Arriveranno le somme necessarie? Dopo quasi un anno non sono ancora arrivati i soldi per le case inagibili e per ripagare i danni subiti da cittadini e imprese, è difficile sperare che il Governo si occupi dei Beni Culturali. Ci si rende conto delle difficoltà, non solo riguardanti l’ammontare dei fondi necessari, ma anche quelle derivanti dalla particolarità della situazione che vede le strutture commissariali del Governo impegnate nella complessità dei problemi prima elencati. Essi, per motivi esclusivamente di propaganda politica, si è preteso di affrontarli da Roma e, purtroppo, paiono collocare ancora una volta i libri all’ultimo gradino della graduatoria delle priorità. Ben 32 fra archivi e biblioteche sono finiti sott’acqua e fango, si tratta di un patrimonio enorme ora congelato e a cui si deve cominciare concretamente a pensare. Mancano restauratori, mancano strutture, manca un laboratorio pubblico di restauro che invece dovrebbe essere costituito in loco creando una forte sinergia con i corsi di laurea su Beni Culturali e restauro di Ravenna e Cesena. Che si aspetta ancora a mettersi in moto? © RIPRODUZIONE RISERVATA

Architetto e urbanista, dal 1972 ha svolto la propria attività professionale pubblica in qualità di dirigente presso i Comuni di Cervia e Cesena; dal 1986 è stato dirigente all’urbanistica, servizio tutela e valorizzazione del territorio, della Regione Emilia Romagna. Ha progettato, fra l’altro, il Piano Territoriale Paesistico dell’Emilia Romagna, ed è stato responsabile del laboratorio regionale per la sperimentazione della pianificazione ecologica. Dal 1992 e per quattro legislature consecutive è stato deputato e senatore dei Verdi. È stato anche il primo parlamentare italiano a recarsi in Antartide e in Artide per le ricerche sul clima. Dal 2007, per otto anni è stato membro della Commissione scientifica nazionale per l’Antartide (Csna). Nel settembre del 1995 è stato a Mururoa con Greenpeace contro gli esperimenti nucleari e nel ’96 a Cernobyl per il decennale della catastrofe. Dal 1994 al 1996 ha fatto parte della delegazione italiana presso l’Osce. È presidente di una Fondazione con scopi di solidarietà sociale.