Ripuliti con le mani di centinaia di volontari, fotografati e imbustati in appositi contenitori, 50mila volumi sono stati immagazzinati a meno 25°C nei frigoriferi messi a disposizione da Orogel e Bo Frost per evitare la formazione di muffe o altre patologie simili che avrebbero potuto portare anch’essi alla perdita definitiva dei volumi. Tutto sotto il controllo dei carabinieri del nucleo speciale. Già recuperati i volumi più antichi, quelli di maggior valore. Molti altri sono andati persi e oltre 300 tonnellate di documenti e beni storici sono finite nell’inceneritore. Ed ora? Un nuovo progetto approvato anche dalla Soprintendenza prevede che 125mila volumi dell’antica biblioteca del Seminario vescovile finiscano nuovamente nei sotterranei allagabili di due palazzi. E anche un nuovo museo archeologico dovrebbe finire nei sotterranei di un edificio storico, il San Domenico a Forlì


◆ Il racconto di SAURO TURRONI

L’alluvione del 17 maggio ha fatto straripare 23 fiumi in Romagna e, come tutti sanno, ha provocato vittime, ingenti danni, distrutto abitazioni e posti di lavoro. Ben 32 archivi e biblioteche sono andati sott’acqua e sono stati sommersi dal fango. I due siti maggiormente colpiti per l’importanza dei libri e dei documenti che vi erano contenuti sono stati l’archivio storico di Forlì e l’antica biblioteca del Seminario vescovile. In quest’ultima, posta nell’interrato del Seminario, erano collocati circa 150.000 volumi, un terzo dei quali antichi e di grande importanza storica, fra cui incunaboli, cinquecentine e molti altri volumi provenienti da chiese e conventi della zona, tra cui l’antico fondo dei Gesuiti.

Si è immediatamente decisa un’opera di recupero ed è avvenuto un fatto straordinario: come a Firenze nel 1966 centinaia di volontari hanno risposto all’appello lanciato sui social dal giovane rettore del Seminario e si sono uniti ai carabinieri del nucleo per i Beni culturali, ai vigili del fuoco, ai funzionari delle soprintendenze e non hanno esitato a mettere le mani nel fango per salvare i volumi alluvionati. Si è trattato di un’operazione molto complessa, oltre 2 metri e mezzo di acqua erano finiti negli interrati di un grande complesso che, insieme con la biblioteca, conteneva impianti, cucine palestre, mense, depositi. Le grandi porte tagliafuoco, obbligatorie per le biblioteche, erano divelte, i grandi scaffali in parte rovesciati dalla violenza dell’acqua, i libri nel fango che non poteva essere aspirato per evitare il suo consolidamento e la perdita definitiva dei volumi.

Inutile raccontare tutte le fasi di una complessa operazione che ha visto coinvolte imprese specializzate per evitare che gli oli e i carburanti potessero arrivare alla biblioteca, la moltitudine di volontari della Protezione civile che con le loro pompe hanno aspirato centinaia e centinaia di metri cubi d’acqua mentre tutta l’area esterna come gran parte della città era ricoperta da una coltre di alcune decine di centimetri di fango. Altre generose imprese come Orogel e Bo Frost hanno messo a disposizione i loro frigoriferi a meno 25° per conservare i libri una volta estratti dal fango, per evitare la formazione di muffe o altre simili patologie che avrebbero potuto portare anch’essi alla perdita definitiva dei volumi.

Altri volontari specializzati in recupero di beni culturali sono arrivati dal Friuli, da Reggio Emilia e da altre zone del Paese e insieme con i carabinieri del nucleo speciale, con i vigili del fuoco sono rimasti per più di due mesi e mezzo nel fango a raccogliere delicatamente i volumi e a consegnarli alla catena di volontari che li trasportava ad altri ancora che, pazientemente, provvedevano con grande delicatezza ad eliminare il grosso del fango. Così sommariamente lavati, i libri venivano immediatamente trasferiti su altri tavoli dove altri volontari esperti, personale proveniente da biblioteche, archivi ecc. provvedevano ad una ulteriore pulizia, alla loro identificazione fotografandoli uno ad uno, e quindi al loro imbustamento in sacchetti di plastica che venivano posti in grandi contenitori adatti ad essere impilati all’interno dei grandi frigoriferi.

Tutto ciò avveniva sotto il controllo dei carabinieri del nucleo speciale che tutte le sere provvedevano a trasportare i grandi contenitori pieni dei libri imbustati a Orogel, dove sono tuttora conservati. Nel frattempo però si è deciso che non si doveva aspettare per avviare anche l’attività di recupero e restauro dei libri quindi si è proposta la Biblioteca nazionale di Firenze di accogliere i libri del Seminario e di iniziare le attività di restauro. Ciò è avvenuto; insieme con i carabinieri è stato trasportato un primo quantitativo di libri ai laboratori di restauro della Biblioteca nazionale perché si sperimentassero le prime attività di recupero e restauro.

Complessivamente in due mesi e mezzo di estenuante lavoro, senza interruzione per domeniche o altri giorni festivi, sono stati recuperati dal fango oltre 50.000 volumi, i più antichi, quelli di maggior valore. Purtroppo per moltissimi altri,  quelli più recenti e presenti in altre biblioteche, non c’è stato niente da fare e dopo un attentissimo e occhiuto controllo del ministero per i Beni culturali, sono finiti fra gli scarti e quindi sono stati dichiarati irrecuperabili.

Nel frattempo si era deciso di documentare tutto il lavoro pensando che sarebbe stato giusto ricordare sia l’evento sia l’attività delle tante persone che così generosamente avevano messo a disposizione il loro tempo e il loro lavoro per salvare un patrimonio di tutti. Per questo è stato chiesto ad una bravissima fotografa, Silvia Camporesi, di documentare ciò che si stava facendo e il frutto di questo lavoro è stato tradotto in una bellissima mostra, “Sommersi Salvati”, inaugurata domenica 22 ottobre alla presenza di oltre 500 persone. L’inaugurazione è stata preceduta dalle  relazioni che ciascun responsabile dei diversi gruppi di operatori (Ministero, Carabinieri, Vigili del fuoco, Volontari, Protezione civile, ecc) ha fatto dopo una introduzione del Vescovo e una relazione del rettore del Seminario.

Nella mostra, protetti da una teca di vetro, hanno trovato posto i primi libri restaurati a Firenze mentre altri due tavoli sono stati allestiti con gli strumenti di lavoro usati dai volontari, con caschi, stivali, pennelli ecc. E anche con un gruppo di libri irrecuperabili, divenuti un blocco solo col fango che si è seccato. Nei locali della mostra gira in loop un emozionante filmato che inizia con il rumore terribile dell’acqua che arriva e descrive la desolazione del Seminario allagato e il lavoro di salvataggio dei libri.

Dopo questa esperienza ci si sarebbe aspettati che nei locali sotterranei fosse escluso per sempre l’utilizzo a biblioteca, archivi o depositi di beni culturali. Non è così, proprio in una delle città maggiormente colpite, Forlì, quella nella quale acqua e fango hanno così duramente colpito la biblioteca del Seminario e l’archivio comunale, che ha visto smaltire nell’inceneritore oltre 300 tonnellate di documenti e beni storici, sono stati approvati, con l’irresponsabile parere favorevole della Soprintendenza, due progetti che prevedono la collocazione nei sotterranei di due palazzi dei libri della biblioteca, in tutto 125 mila volumi.

Come se non bastasse sono stati pure approvati e appaltati i lavori di completamento di un edificio storico, il San Domenico, con la realizzazione del lato mancante del secondo chiostro, prevedendo che nei sotterranei trovi posto il museo archeologico, attualmente chiuso da oltre 25 anni. Anche in questo caso con l’ok della Soprintendenza. A nulla sono valsi gli inviti fatti da Italia Nostra per l’annullamento in autotutela delle autorizzazioni rilasciate così imprudentemente: le Soprintendenze interessate hanno respinto le richieste senza neppure motivare il proprio diniego. Un insulto per i volontari, i pubblici funzionari, la protezione civile e i tanti generosi giovani che hanno dato un grande esempio di passione civile e di amore per i beni comuni immergendosi nel fango per salvare i libri, un esempio di insipienza e incompetenza ingiustificabile. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Architetto e urbanista, dal 1972 ha svolto la propria attività professionale pubblica in qualità di dirigente presso i Comuni di Cervia e Cesena; dal 1986 è stato dirigente all’urbanistica, servizio tutela e valorizzazione del territorio, della Regione Emilia Romagna. Ha progettato, fra l’altro, il Piano Territoriale Paesistico dell’Emilia Romagna, ed è stato responsabile del laboratorio regionale per la sperimentazione della pianificazione ecologica. Dal 1992 e per quattro legislature consecutive è stato deputato e senatore dei Verdi. È stato anche il primo parlamentare italiano a recarsi in Antartide e in Artide per le ricerche sul clima. Dal 2007, per otto anni è stato membro della Commissione scientifica nazionale per l’Antartide (Csna). Nel settembre del 1995 è stato a Mururoa con Greenpeace contro gli esperimenti nucleari e nel ’96 a Cernobyl per il decennale della catastrofe. Dal 1994 al 1996 ha fatto parte della delegazione italiana presso l’Osce. È presidente di una Fondazione con scopi di solidarietà sociale.