Tracciando il bilancio di un anno di governo, nella conferenza stampa-fiume del 4 gennaio la premier si “dimentica” dell’alluvione in Emilia-Romagna e delle conseguenze dei fenomeni atmosferici estremi sempre più frequenti. Prigioniera, forse, del negazionismo climatico diffuso dalla destra globale. Al riparo di un giornalismo nazionale sempre più insipiente e cortigiano
◆ Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI
► In effetti fa una certa impressione — come ha sottolineato ieri su “Italia Libera” Gianni Silvestrini — che Giorgia Meloni non abbia nemmeno accennato alla crisi climatica e alle ripercussioni socio-economiche della medesima nella sua lunga conferenza stampa, nonostante i disastri prodotti prima dalla siccità e poi dall’alluvione in Emilia-Romagna. Sottovalutazione o volontà deliberata di occultare una autentica tragedia nazionale? Al di là di questi interrogativi, rimane, appunto, la tragedia di una popolazione lungo l’intera Penisola ormai ciclicamente esposta ad alluvioni, colate di fango, crollo di arginature, sommersione di intere città, perdita di arredi domestici essenziali. Senza che il governo centrale sia in grado di elaborare un piano pluriennale di risanamento territoriale a partire dall’Appennino devastato da frane e smottamenti da nord a sud.
Questo è il punto strategico che non si può eludere se non condannandosi da soli a cicliche inondazioni, esondazioni di fiumi e torrenti, paralisi di ogni attività produttiva con danni permanenti disastrosi se non si va alla radice dei problemi irrisolti da decenni. Da quando, cioè, la eccellente legislazione di tutela è stata smantellata a colpi di leggine e decreti legge o di norme sulla occupazione e lo sfruttamento dei suoli agroforestali a tutto vantaggio delle immobiliari. Se non si affronta questo nodo strategico, ci si deve rassegnare a disastri ciclici, dalla montagna alla pianura. © RIPRODUZIONE RISERVATA