Proteste di Marevivo, la storica associazione fondata e diretta da Rosalba Giugni, contro l’inerzia del governo nell’attuazione delle norme approvate all’unanimità a maggio dello scorso anno. Dall’Autorità per energia al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, dal ministero dell’Ambiente alle Regioni, le istituzioni delegate hanno partorito sinora solo un Tavolo interministeriale. Un Tavolo che fino a quando non si fornisce attuazione alla legge “salvamare”, non può in realtà adempiere ai compiti di coordinamento dell’azione di contrasto dell’inquinamento marino, anche dovuto alle plastiche. Un’omissione molto grave come certifica il Wwf: ogni anno finiscono nel Mediterraneo 229 mila tonnellate di plastiche, l’equivalente del contenuto di 500 container


◆ L’analisi di GIANFRANCO AMENDOLA, giurista

Non se ne è parlato molto ma pochi giorni fa Marevivo, la storica associazione fondata e diretta da Rosalba Giugni, è scesa in piazza per protestare contro l’inerzia governativa nell’attuazione della cd “legge salvamare” approvata (dopo 4 anni di attesa) all’unanimità nel maggio 2022. Una legge che, in realtà, non è una legge “rivoluzionaria” ma pone, comunque, qualche primo tassello per difendere i nostri mari, con 16 articoli che riguardano: a) la gestione dei rifiuti pescati accidentalmente nelle acque (dalle reti durante la pesca e occasionalmente con qualunque altro mezzo) o volontariamente raccolti anche tramite apposite campagne di pulizia; b) norme in materia di gestione delle biomasse vegetali spiaggiate; c) misure sperimentali per la cattura dei rifiuti galleggianti nei fiumi; d) campagne di sensibilizzazione per la salvaguardia del mare; e) educazione ambientale nelle scuole per la salvaguardia dell’ambiente; f) un riconoscimento ambientale per imprenditori ittici «virtuosi»; g) criteri generali per la disciplina degli impianti di desalinizzazione; h) previsione di un decreto governativo per disciplinare acquacultura e piscicoltura; i) istituzione di un tavolo interministeriale di consultazione permanente per il contrasto all’inquinamento marino e il monitoraggio della situazione.

Già da questo sintetico elenco, tuttavia, appare chiaro che, in realtà, si tratta quasi sempre di buoni propositi, la cui attuazione è totalmente rimessa a futuri atti e decreti, sempre che non «ne derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». Ed è proprio questo il problema; perché, a distanza di un anno e mezzo, sono rimasti, appunto, buoni propositi senza una normativa di attuazione concreta. E bene ha fatto Marevivo a scendere in piazza. Più in particolare, ecco l’elenco dei principali provvedimenti di attuazione previsti (e non attuati) dalla legge salvamare:

l’Arera(Autorità per energia, reti e ambiente) deve stabilire i criteri per la copertura dei costi di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati (art. 2);

il Mipaaf (ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali) deve stabilire le misure premiali in favore dei pescatori che recuperino rifiuti dal mare (art. 2: termine 25 ottobre 2022);

il Mite (ministero dell’Ambiente) deve stabilire con apposito decreto le modalità per effettuare apposite campagne di pulizia (art. 3: termine attuazione decreto 25 dicembre 2022);

sempre il Mite deve stabilire criteri e modalità per i quali le plastiche e i rifiuti accidentalmente pescati o recuperati in mare e nei fiumi cessano di essere qualificati come rifiuti per essere riciclati, recuperati o riutilizzati (art. 4: termine attuazione decreto 25 dicembre 2022);

le Regioni individuano criteri e modalità per la raccolta, la gestione e il riutilizzo delle biomasse spiaggiate, sulla base delle norme tecniche dell’Ispra e del Spa (art. 5);

il Mite deve stimolare e indirizzare le Autorità di Bacino perché promuovano per i fiumi misure sperimentali per la cattura dei rifiuti galleggianti; a tal fine la legge affida due milioni di euro l’anno al Mite per avviare un programma sperimentale triennale di recupero delle plastiche nei fiumi maggiormente interessati da tale forma di inquinamento, anche mediante la messa in opera di strumenti galleggianti (art. 6: termine attuazione 25 settembre 2022);

di nuovo il Mite, con il Mims (Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili) deve approvare le linee guida per le immersioni subacquee aventi finalità di tutela ambientale (art. 7: termine per decreto 25 settembre 2022);

il Ministero dell’istruzione deve promuovere attività nelle scuole sull’importanza del mare e dei fiumi, nonché della corretta gestione dei rifiuti (art. 8);

il Mite, assieme al Mipaaf deve prevedere un riconoscimento ambientale in favore dei pescatori meritevoli nel recupero dei rifiuti dal mare (art. 11: termine per decreto 25 giugno 2022);

ancora il Mite deve definire presto le misure da adottarsi per le valutazioni d’impatto ambientale da effettuarsi sui desalinizzatori (art. 12: termine attuazione decreto 25 dicembre 2022);

sempre il Mite, ha l’obbligo di regolare le attività di acquacoltura e piscicoltura (art. 13: termine attuazione decreto 25 dicembre 2022).

Di questo elenco, l’unico adempimento ad oggi rispettato è stato quello di istituire presso il Mite un Tavolo interministeriale (art. 14) con il compito di coordinare l’azione di contrasto dell’inquinamento marino, anche dovuto alle plastiche, di ottimizzare l’azione dei pescatori per le finalità della legge e di monitorare il recupero dei rifiuti secondo quanto disposto dalla stessa legge. Tavolo che, in realtà, non può adempiere a questi compiti finché non si fornisce attuazione alla salvamare. Omissione tanto più grave se si pensa che, come certifica il Wwf, ogni anno finiscono nel Mediterraneo 229 mila tonnellate di plastiche, l’equivalente del contenuto di 500 container. L’unico punto positivo, in realtà, riguarda la gestione dei rifiuti accidentalmente rimasti nelle reti dei pescatori per i quali la legge chiarisce definitivamente che devono essere portati a terra e conferiti agli impianti portuali di raccolta. Chiarimento, tuttavia, di per sé insufficiente perché, per mancanza di copertura finanziaria e assenza dei decreti di attuazione, non è garantita alcuna facilitazione, anche operativa, per i pescatori “virtuosi”.

Per fortuna, però, senza aspettare la legge, qualcosa si è fatto e si sta facendo in sede locale, specie per il recupero delle plastiche in mare, grazie a protocolli d’intesa e finanziamenti come Fishing for litter della Regione Lazio e Corepla, dove, in circa due anni 26 pescherecci hanno raccolto oltre 25 tonnellate di rifiuti in mare − recuperate con le reti dalle imbarcazioni dei pescatori tra i 16 e 120 metri di fondale e una distanza da 3 a 14 miglia dalla costa − lungo il litorale laziale da Anzio a Civitavecchia.

A Civitavecchia, ad esempio, sin dal 13 ottobre 2020 risulta sottoscritto un protocollo di intesa (Autorità portuale, Comune, Capitaneria di Porto, Conad N.O., Fondazione EcoAlf, Servizi Ecologici Portuali s.r.l., e Cooperativa Pescatori di Civitavecchia) sulla gestione dei rifiuti accidentalmente pescati raccolti in reti durante le operazioni di pesca dai pescherecci, secondo cui i pescatori confezionano i rifiuti raccolti in mare durante le attività di pesca in buste di plastica e, una volta rientrati in porto, le lasciano sul ciglio banchina, dove vengono raccolte dal personale della S.E. Port, il quale effettua una cernita per il recupero della plastica per trasformarla in filati, con costi e tariffe predeterminati. Procedura che ha portato, nel 2022, alla raccolta di 9.275 kg. di rifiuti accidentalmente pescati. E nel primo trimestre del 2023 a 2.225 kg. E lo stesso dicasi per Fiumicino dove i rifiuti recuperati in mare dai pescatori vengono trasformati in nuovi arredi urbani che andranno ad abbellire il centro della cittadina. Insomma, per la difesa del mare, meglio la Regione Lazio dello Stato italiano. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Dal 1967 Pretore a Roma, inizia ad occuparsi di normativa ambientale dal 1970. Dal 1989 al 1994 parlamentare europeo, vice presidente della commissione per la protezione dell’ambiente. Dal 2000 al 2008 Procuratore aggiunto a Roma con delega ai reati ambientali, poi Procuratore della Repubblica a Civitavecchia fino al pensionamento (2015). Ha ricoperto numerosi incarichi pubblici partecipando a tutte le vicende che hanno visto nascere ed affermarsi il diritto dell'ambiente in Italia. Ha insegnato diritto penale dell’ambiente in varie Università scrivendo una ventina di libri fra cui “In nome del popolo inquinato” (7 edizioni). Attualmente fa parte del comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare ed è docente di diritto penale ambientale presso le Università “La Sapienza” e Torvergata di Roma.