Vivere solo nell’oggi, come fa la politica odierna, non aiuta a prevenire i rischi naturali, quali i terremoti, a cui l’Italia è fortemente esposta. Si evitano le tragedie (o si limitano i danni) ricordando la storia e pensando al futuro. È sempre più urgente incentivare un uso esteso delle moderne tecnologie nella prevenzione dei terremoti. Statisticamente parlando, è troppo tempo che non si verifica un sisma violento in Italia. Molte delle nostre strutture (edifici, ponti, viadotti e anche impianti chimici a rischio di incidente rilevante) risultano sismicamente insicure. La priorità va data agli edifici scolastici e agli ospedali: le scuole perché contengono il nostro futuro (i nostri figli e nipoti), e gli ospedali perché non basta che essi non crollino durante un sisma: devono rimare integri anche dopo per curare i feriti da esso causati. Ciò è possibile solo attraverso la loro costruzione o il loro adeguamento con l’uso delle migliori tecnologie disponibili, come isolamento sismico e dissipazione di energia
L’analisi di ALESSANDRO MARTELLI, ingegnere sismico

PURTROPPO, GLI ITALIANI e, di conseguenza, i loro rappresentanti nelle istituzioni hanno dimostrato, almeno sino ad ora, di vivere nell’oggi, dimenticando la storia e non pensando al futuro. Ciò hanno fatto (e continuano a fare), in particolare, per quanto attiene alla prevenzione dei rischi naturali. Recentemente abbiamo dovuto constatarlo, prima in occasione dell’alluvione nelle Marche (Fig. 1), il 15 ed il 16 settembre di quest’anno (che ha causato 12 vittime, 1 disperso, 50 feriti, 150 sfollati e danni per 2 miliardi di euro, nelle provincie di Ancona, Pesaro ed Urbino), poi, più recentemente, in occasione della “colata di fango” su Casamicciola ad Ischia (che, colpendo 900 edifici, ha causato 11 vittime sinora accertate, 5 feriti, 1 disperso e 230 sfollati, e che potrebbe costrigere all’evacuazione di 1.300 persone dalla Zona Rossa).
Il primo disastro, nelle Marche, fu dovuto, almeno in gran parte, alla mancata manutenzione dei fiumi della zona, mentre, ad aggravare le conseguenze del secondo (ad Ischia), hanno certamente contribuito il diffuso abusivismo edilizio e la mancanza di adeguati provvedimenti per contrastarlo da parte delle istituzioni preposte: ciò dimenticando la storia, perché non era certamente la prima volta che un simile evento accadeva nell’isola. Dal 1910 le frane (o le “colate di fango”) hanno ucciso 30 persone: più precisamente, nel 1910, durante un evento molto intenso, vi erano stati 11 morti e, in anni più recenti (il 7 giugno 1978), le vittime erano state 5, a Barano d’Ischia. Anche nel 1987, poi, proprio a Casamicciola, vi era stata una vittima (erano crollate rocce, distruggendo un ristorante); così come vi era stata una vittima, successivamente, nel 2009 (anche allora, come quest’anno, in novembre), quando una colata di fango e di detriti aveva travolto ed ucciso una ragazza quattordicenne. Infine, l’ultima vittima, prima di quelle del 26 novembre di quest’anno, risale al 2015: una persona morì nei pressi della sorgente Olmitello, a Barano d’Ischia.

Ho ricordato sopra le recentissime alluvioni e frane che hanno colpito il nostro Paese. Però, purtroppo, non dobbiamo (non dovremmo?) dimenticare i terremoti. Non vorrei fare l’uccello del malaugurio, ma, a mio avviso, statisticamente parlando (come, peraltro ho già scritto su Italia Libera), a mio avviso, è troppo tempo che non si verifica un terremoto violento in Italia: tante, troppe, delle nostre strutture (edifici, ponti e viadotti, ed anche impianti chimici a rischio di incidente rilevante) risultano sismicamente insicure, cioè incapaci di resistere ai terremoti che potrebbero colpirle (spesso, già avvenuti in passato).
Non sto facendo previsioni, anche perché prevedere l’accadimento di un terremoto con precisione (cioè prevederne la località esatta e tempi precisi) è, almeno per ora, impossibile: guardo solo alla storia, ed è sufficiente. Infatti, l’ultimo terremoto violento che ha colpito l’Italia (di magnitudo momento MW = 6,5, Fig. 2) fu quello che colpì Norcia e Preci, in Provincia di Perugia, il 30 ottobre 2016 (fu l’evento sismico italiano più devastante dopo quello dell’Irpinia del 23 novembre 1980, di MW = 6,9, mentre, ad esempio il pur tristemente noto terremoto del Molise e della Puglia del 31 ottobre 2002 era stato meno violento, di MW = 6,0).
Al di là di ciò, sono soprattutto preoccupato per il nostro Sud, in particolare per la Calabria e la Sicilia, che sono regioni italiane assai più sismiche di altre, ma dove è ancora più tempo che non si verifica un sisma violento. Infatti, è dal 1908 che ciò non avviene in Calabria: allora, il 28 dicembre, si verificò il terremoto di Messina e Reggio Calabria, di magnitudo Richter M = 7,1, con epicentro nei pressi di Reggio Calabria, al quale seguì un maremoto, dovuto, invece, ad una frana sottomarina al largo di Taormina; terremoto e maremoto, assieme, causarono 90.000÷120.000 vittime.

Senza dimenticare che la Calabria era già stata colpita da altri terremoti devastanti: ad esempio, da quello della Calabria Meridionale, iniziato il 5 febbraio 1783 (MW stimata massima = 7,1), che pure era stato seguito da un maremoto, causando 30.000÷50.000 vittime nella stessa Calabria ed in Sicilia (Fig. 6). Così come era già stata colpita da altri terremoti pure devastanti la Sicilia, ad esempio:
- da quelli della Val di Noto del 9÷11 gennaio 1693 (MW massima = 7,3 ), anch’essi seguiti da un maremoto, eventi che avevano causato 60.000 vittime (Fig. 3);
- più recentemente, da quello del Belice del 14÷15 gennaio 1968 (MW = 6,4), le cui vittime erano state forse 370.
Purtroppo, come ho già notato, nel nostro Paese ben poco si è fatto, sino ad ora, per limitare i danni dei prossimi inevitabili eventi, sebbene da tanti anni abbiamo a disposizione e pure applichiamo (ma, a mio avviso, ancora troppo poco) le più moderne tecnologie antisismiche (isolamento sismico, dissipazione di energia, ecc.). Ricordo che esse sono utilizzabili per tutti i tipi di strutture ed impianti, sia di nuova costruzione che esistenti e (per gli edifici) sia in cemento armato che in muratura (patrimonio storico-artistico incluso). Ora è importante cambiare urgentemente rotta ed iniziare ad applicare in modo molto più esteso di quello attuale le moderne tecnologie antisismiche. Capisco le difficoltà attuali della nostra economia, ma spendere ora ci farà risparmiare (oltre a vite umane) anche molto denaro in futuro, quando non dovremo più né riparare né ricostruire strutture danneggiate da un sisma.

Spero, quindi, che i rappresentanti delle nostre istituzioni diano ora ascolto a chi da tempo chiede l’attuazione urgente di corrette politiche di prevenzione del rischio sismico (oltre che dagli altri rischi naturali), come, ad esempio, è stato fatto alla fine del 2020 con una petizione su change.org (https://www.change.org/p/presidenza-del-consiglio-dei-ministri-governo-italiano-che-si-inizino-finalmente-ad-attuare-serie-politiche-di-prevenzione-dai-rischi-naturali): mentre scrivo questo articolo essa risulta già firmata da 791 persone, inclusi molti esperti del settore).
Per un’applicazione più vasta possibile delle moderne tecnologie antisismiche, suggerisco di iniziare dalle strutture che ritengo le più importanti, per le quali, peraltro, già abbiamo una non trascurabile esperienza applicativa (Fig 4): le scuole e gli ospedali. Le scuole perché contengono il nostro futuro (i nostri figli e nipoti), e gli ospedali perché non basta che essi non crollino durante un sisma: devono rimare totalmente integri dopo un sisma per potervi curare i feriti da esso causati: ciò lo permette solo la loro costruzione o il loro adeguamento con l’uso delle migliori tecnologie antisismiche disponibili. © RIPRODUZIONE RISERVATA