Dalla Carinzia alla Padania. Austria, Slovenia, Italia: il viaggio di quello che è stato chiamato “Ponta”, prendendo il nome dal fotonaturalista Renato Pontarini che ne ha seguito e decifrato il suo percorso. Ponta è un castoro, uno di quei roditori che vivevano in Italia fino a tre secoli fa, e che ora stanno ritornando. Con quale impatto, in che misura, si cerca in questo viaggio a puntate di capirlo. Intanto, Ponta si è stabilizzato, facendosi da solo un suo piccolo laghetto (una pozza, in verità) che all’improvviso diventa attrazione di altri animali


Il reportage di MAURIZIO MENICUCCI

NEL 2018, LASCIATA la natia Carinzia, Ponta, chiamato così in onore del suo biografo ufficiale, Renato Pontarini, un appassionato fotonaturalista friulano che non lo perde mai di vista e di obbiettivo, aveva dato inizio alla sua avventura padana, lanciandosi sulle orme degli avi, giù per il torrente Sliza, verso Tarvisio. Quanto ci abbia impidegato ad arrivare nei paraggi della cittadina, non si sa, ma non molto. Queste acque, sebbene italiane, sono ancora tributarie del Danubio, e lui ha nuotato da un affluente all’altro, segnalando il suo viaggio lungo il triplice confine tra Austria, Slovenia e Italia con una serie di tane avventizie. Come a tutti i pionieri, di passare inosservato gli importa fino a un certo punto. Una di queste tane, per dire, allestita in un piccolo bacino idroelettrico, aveva messo in grande agitazione l’azienda che lo gestisce, incerta se fulminare l’intruso, o concedersi un’insperata passerella animalista, come poi aveva deciso, fermando l’impianto in favor di telecamere. Un’ottima strategia, in termini d’immagine, perché dopo qualche mese, annoiato, forse, dalle acque immobili, dopo una scrollatina, che dicono sia il suo modo di fare spallucce, il giovane Ponta aveva ripreso il suo cammino notturno, per stabilirsi, alla fine, in val Romana, sotto i laghi di Fusine. 

Lì, ai margini di una pista ciclabile, dove scorreva un’invisibile vena d’acqua, l’ha intercettata con tronchi e arbusti, trasformandola in poche settimane in una bella pozza, profonda più di un metro. La pozza ha subito richiamato qualche gambero, il gambero qualche trota, e la trota, come nelle filastrocche di Branduardi, una lontra, che, ci piace immaginare, al chiar di luna, con la sua livrea stillante e la sagoma affusolata, possa aver fatto battere la coda al nostro, e lui vibrare i baffi a lei. Ma, a parte i virus, che infatti non sono proprio organismi viventi, ’natura non facit saltus’; e, pochi giorni dopo, la fototrappola di Renato li mostra, Ponta e Lontra, mentre incrociano, ignorandosi come separati in casa, in quella sorta di tinozza, che lui, comunque, continua ad allargare e ad abbellire nell’attesa, finora vana, di una compagna, o di un compagno: il sesso dei castori, a colpo d’occhio, è indecifrabile. I partner più vicini distano poche decine di chilometri, subito al di là delle basse Alpi Carniche. Procurargliene uno sarebbe un gioco, ma se tutti lo pensano, nessuno lo fa. Paolo Molinari, ad esempio, un naturalista grande, grosso e simpatico come gli orsi che studia da anni nella foresta di Tarvisio, se anche si infilasse nel parka un castoro clandestino, chi mai se ne accorgerebbe, ma è lui stesso a chiudere a ogni ipotesi di contrabbando: “Lo vietano la legge, e prima ancora l’etica e la Scienza. Ogni reimmissione deve essere valutata con estrema cura, sotto il profilo ambientale e sociale, perché queste operazioni sul territorio vanno concordate con le comunità che ci vivono e ci lavorano”.

“Castori: architetti della natura”; fonte: Sustainable Human. Clicca qui in alto per guardare il filmato

Quanto a questo, non si può negare che Ponta sia stato fortunato. Il prato che allaga periodicamente con i suoi lavori sempre in corso appartiene alla celebre coppia di scalatori di ottomila Nives Meroi e Romano Benet, che, quando arriva la piena, calano in perfetto orario la serranda del loro negozio di articoli sportivi e corrono a godersi l’acquitrino punteggiato di fiori, al tramonto, dalla veranda di casa; dove il Ponta, di quando in quando, affiora, vigile, con l’aria di dire: “ Tutto questo l’ho fatto io!”. L’unico a protestare, sempre per l’acqua davanti all’uscio, sarebbe stato un alto militare, ma qualcuno, in Comune, gli avrebbe ricordato certe piccole irregolarità edilizie per le quali l’uscio e tutto quel che sta intorno, ufficialmente, non esistono, e la questione si sarebbe risolta. Certo, non si può sapere quali progetti abbia in mente il castoro, e anche il suo tutore, Renato Pontarini, ammette che ogni tanto, quando la diga comincia a diventare troppo alta, deve intervenire a togliere un palo o due: se arrivasse un altro castoro, i pali non potrebbero che raddoppiare.  (2-continua; la prima puntata è stata pubblicata giovedì 23 febbraio 2023: clicca qui per rileggerla) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Inviato speciale per il telegiornale scientifico e tecnologico Leonardo e per i programmi Ambiente Italia e Mediterraneo della Rai, ha firmato reportage in Italia e all’estero, e ha lavorato per La Stampa, L’Europeo, Panorama, spaziando tra tecnologia, ambiente, scienze naturali, medicina, archeologia e paleoantropologia. Appassionato di mare, ha realizzato numerosi servizi subacquei per la Rai e per altre testate.