In un Paese dove la moralità pubblica appare tanto scaduta, è difficile contrastare questo fenomeno degenerativo. I tifosi sono sempre più numerosi degli sportivi e vogliono vincere a qualunque costo. Il resto non conta o pesa assai poco. Il razzismo in primo luogo. Spesso, padri indecenti si portano con loro i figli maschi ancora piccoli, diseducandoli fin dalla più tenera età


Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

STIAMO ASSISTENDO A episodi ripetuti e intollerabili di razzismo negli stadi di calcio che bisogna stroncare al più presto prima che diventino una abitudine tollerata e quindi consolidata. Nel calcio anzitutto l’impiego di stranieri per lo più di origine africana è diventato del tutto normale anche se provenienti da altri campionati europei. Negli stessi campionati giovanili sono numerosi i calciatori di origine nordafricana e africana con alcuni campioni straordinari come Pogba che diventano modelli del football attuale. 

Senza fare del moralismo è chiaro a tutti dove si finisce proseguendo su questa strada e dove si è gia finiti: allo strapotere dei club più ricchi e non solo dei più capaci a organizzare una qualità tecnica e agonistica della squadra. Oggi non potrebbe più vincere il campionato una squadra come accadde con il Verona di Bagnoli anni fa. Temo che ci sia poco da fare per contrastare il fenomeno degenerativo in un Paese dove la moralità pubblica appare tanto scaduta. I tifosi sono sempre più numerosi degli sportivi e vogliono vincere a qualunque costo. Il resto non conta o pesa assai poco. Il razzismo in primo luogo.

Se così stanno le cose — e le cose stanno proprio così —, perché non cominciare a punire con la squalifica della squadra di casa questa abitudine oscena da sradicare? Anche penalità molto forti per la squadra dei tifosi razzisti in trasferta che si impongono sugli sportivi, potrebbero dare buoni effetti. Tanto più che, spesso, questi padri indecenti si portano con loro i figli ancora piccoli, diseducandoli fin dalla più tenera età. E poi si chiede alla scuola di educarli! © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.