Alla fine degli anni Novanta il decano della famiglia Giancarlo Spaggiari aderì ad alcuni bandi europei per la riforestazione. Tra il 2005 e il 2018, 14 ettari e decine di migliaia di piante autoctone hanno preso il posto di nuove case. Noci, carpini, frassini, farnie, assieme a vari arbusti tipici delle zone planiziali quali sanguinelli e salici, oggi svettano sulla pianura padana, ricovero e pastura dell’istrice, della volpe, del colombaccio, dei caprioli. Un daino vi ha dimorato per una decina di giorni. All’interno del bosco, ad ogni maggio, si svolge la Giornata dei Giardini aperti organizzata dalla Sezione giovani del Fai (Fondo Ambiente Italiano). Quest’anno è stato aperto anche l’Asilo nel Bosco amato dai bambini della zona. E sulle ricorrenti alluvioni il giudizio di Spaggiari junior è secco: «Vivendo in Emilia Romagna emerge come la violazione dei terreni peri-urbani sia stata forte, quasi violenta. E se ne paga dazio». Con una chiosa aggiuntiva: «la politica regionale da anni punta a fuggevoli vittorie nello Spazio (il cemento, la fantomatica Via Emilia Bis) ed a costanti e stabili sconfitte nel Tempo (la natura non si imbriglia)»
◆L’intervista di FABIO BALOCCO con ROBERTO SPAGGIARI
► In un periodo in cui – ad onta del fatto che si parli tanto di verde e di resilienza – pressoché in ogni città si moltiplicano i tagli di alberi e, comunque, avanza il consumo di suolo, vale la pena ricordare un’iniziativa nata per volontà di una persona che potremmo tranquillamente definire “illuminata”, Giancarlo Spaggiari. Giancarlo oggi ha novantadue anni, e gode di ottima salute, ma alle domande risponde il figlio Roberto. Ambedue abitano e gestiscono un’impresa agricola a San Prospero, frazione di Parma.
— Anni fa, a tuo padre venne l’idea di ricreare un bosco su terreni di vostra proprietà, potenzialmente edificabili, qui a San Prospero, idea che tu condividesti appieno. Mi puoi raccontare come nacque e come si concretizzò questa iniziativa?
«L’iniziativa nacque verso la fine degli anni ‘90, attraverso l’adesione ad alcuni Bandi Europei inerenti la messa a dimora degli alberi. I passi di riforestazione si sono succeduti in tre passaggi tra il 2000-2005 e quindi l’ultimo nel 2018 attraverso gli esigui fondi che il Psr (programma di sviluppo rurale) metteva a disposizione, per un totale di quasi 14 ettari e decine di migliaia di piante autoctone. Ma il senso sta tutto nel non aver voluto cedere circa 7 ettari di terreno, qualificato come sub-ambito edificabile. Un bosco al posto di vari condomini. Un salto radicale».
— Quali specie di piante furono messe a dimora? E immagino che il bosco sia diventato rifugio di animali…
«Come ti accennavo, sono circa 14 gli ettari che gli alberi hanno a disposizione per manifestare la loro bellezza, e sono piante autoctone quali noci, carpini, frassini, farnie. Ad esse si affiancano vari arbusti sempre tipici delle zone planiziali (di pianura) quali sanguinelli, salici, che fanno da ricovero e pastura a vari animali. Passiamo dall’istrice alla volpe al colombaccio ai caprioli ed anche ad un daino che dimorò circa una decina di giorni. Non esistendo recinzioni, ed avendo una certa tranquillità, gli animali si adattano e se ne accorgono subito che è un posto fecondo dove sostare».
— Come accolse il vostro comune l’iniziativa?
«Se ne accorse per un sollecitazione dei locali, che nel 2018 formalizzarono la mia candidatura al Premio Sant’Ilario, patrono locale, che sfociò nell’assegnazione della prima Menzione Speciale in sede conferimento del Premio omonimo. Ora sono anni che, a livello di politica locale, si è steso un lungo lenzuolo di silenzio».
— Attualmente l’area com’è classificata dal piano regolatore?
«La terra è stata riclassificata come terreno agricolo a partire dal 2017, ma le offerte per vendere il terreno datavano 2004-2005, ho avuto tempo per vendere, ma ho scelto diversamente».
— All’interno del bosco si svolgono iniziative culturali? Vengono delle scolaresche a visitarlo?
«Penso che l’evento principale sia la Giornata dei Giardini aperti organizzata dalla Sezione giovani del Fai (Fondo Ambiente Italiano), che si svolge nel mese di maggio. Ma vi si svolgono anche altre iniziative quali reading di Libri, piccoli concerti ed incontri di associazioni che operano nell’ambito della cultura del verde. Quest’anno invece, si è svolto nei mesi centrali dell’estate il primo Asilo nel Bosco, accolto entusiasticamente dai bimbi. E di classi di vario genere e grado ne vengono spesso».
— Cosa ne pensi delle ricorrenti alluvioni in Emilia Romagna e, in generale, della gestione del territorio nella tua regione?
«Il fenomeno atmosferico segna uno scadimento a livello di lettura dei cicli stagionali, non più interpretabili secondo i criteri consueti, con fiumi d’acqua in pochi giorni e siccità in mesi anomali come febbraio. Questo ha una fortissima incidenza sui campi agricoli, sia in termini colturali che gestionali. Vivendo in Emilia Romagna emerge come la violazione dei terreni peri-urbani sia stata forte, quasi violenta. E se ne paga dazio. È notizia di questi giorni, che un giovane ragazzo ha perduto la vita a causa delle violente piogge cadute nel Comune di Pianoro, nel territorio bolognese. Noi siamo in una zona, limitrofa allo snodo di Rastigano, iper-cementificata, su cui da anni si appuntano le attenzioni dei locali. E io stesso sono parte di un associazione, denominata “Santa Bellezza” che ha tra i principi statutari, la difesa del Paesaggio , la cura dell’ambiente (alla Cartiera di Rastignano abbiamo creato un Bosco) e la diffusione di cultura artistica, con rimandi al mondo di Demetra. Non è inosabile ritenere che la politica regionale sia da anni tesa a fuggevoli vittorie nello spazio (il cemento, la fantomatica Via Emilia Bis) ed a costanti e stabili sconfitte nel Tempo (la natura non si imbriglia). Mi permetto di avanzare il pensiero che una generale carenza di educazione estetica del paesaggio italiano, che è una costante dei politici locali, sia una vera piaga».
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