Approdata 34 anni fa sull’isola al centro del Canale di Sicilia, Helena Thurner coltiva oltre 300 specie alloctone, provenienti da cinque continenti. Un piccolo paradiso esotico che vorrebbe donare al Parco nazionale e al Comune. Sembra facile ma non è così. «Il mio compagno non c’è più, è mancato. Ho provato anche a vendere, ma quando la gente mi chiede quante piscine si possono fare, io dico vattene al diavolo. Siamo un’isola senz’acqua e dobbiamo dire quante piscine possiamo fare? No, non va bene. È che vogliono speculare sul terreno». Ma la coriacea altoatesina non ci pensa proprio a sopprimere le piante. 16mila metri quadrati di superficie terrazzata, 400 metri cubi di volumi complessivi — tra abitazione, magazzini, serre e portico antico — fanno di certo gola. E qualche immobiliarista s’è già fatto avanti. Interpellati da “Italia Libera” il sindaco Fabrizio D’Ancona e la direttrice del Parco Sonia Anelli fanno ben sperare che questo patrimonio arboreo non finisca in brutte fauci


In alto a sinistra, Mirtillocactus Geometrizans, a destra Echinocactus Grusonii; sotto il titolo, Helena Thurner tra noce moscata e Pachycereus Pringley

Il reportage di IGOR STAGLIANÒ, da Pantelleria

Palma dell’Altopiano del Cile

«Problemi per queste piante esotiche non ce ne sono. Vegetano bene e si riproducono quasi tutte. Il problema è il futuro del giardino. Questo è un Mirtillocactus Geometrizans, questa è un’Euphorbia Canariensis, quello è il Pachycereus Pringley». Le tocca una ad una, e di ciascuna ti racconta com’è nata, se da seme o da talea. E come ogni pianta è arrivata qui a Rekhale, la contrada di Pantelleria dove Helena Thurner approdò 34 anni fa da Brunico: dal confine con l’Austria fino alle viste di Cap Bon a quaranta miglia da qui, in Tunisia. Come ci è arrivata? «Con il mio compagno Christian Mair, guardavamo Linea Verde della Rai a Natale, allora c’era ancora Maria Giovanna Elmi. Da noi faceva un gran freddo; e un reportage su Pantelleria faceva vedere piante fiorite e tanto tanto sole. Un sole unico. Ci siamo detti che dalla neve ci saremmo dovuti spostare al sole. Qualche mese dopo abbiamo fatto un viaggio per vederla da vicino. E non ce ne siamo andati più».

A Helena Thurner si illuminano gli occhi davanti ad ogni fiore che dà ancora più gioia d’inverno: «Questa è una pianta unica in Europa. Viene dall’Australia, fatta da seme, una Cassia odorosa. Vede quella là? Ha una fioritura bellissima. Di mattina è piena di api: è una palma dell’Altopiano del Cile, non la vede mai nessuno. Questo è uno dei sette alberi più belli al mondo, fa un fiore rosso, tipo ruota di fuoco». Il problema, lei dice, è il futuro del giardino. «Sì. Il mio compagno non c’è più, è mancato. Io ho provato anche a vendere, quando poi però la gente mi chiede quante piscine si possono fare, io dico vattene al diavolo. Siamo un’isola senz’acqua e dobbiamo dire quante piscine possiamo fare? No, non va bene. È che vogliono speculare sul terreno, non dare continuità al giardino. Questo a me non va». 

Hibiscus Rosa Sinensis Tylene

A specularci sui 16mila metri quadrati di superficie terrazzata, 400 metri cubi di volumi complessivi — tra abitazione, magazzini, serre e portico antico — qualche immobiliarista s’è già fatto avanti. Ma Helena Thurner non ci pensa proprio a sopprimere le piante. Nel giardino botanico sono presenti oltre 300 specie, provenienti da 5 continenti. Le attività che si possono sviluppare qui, con buon profitto, vanno dalla conservazione delle specie arboree alla ricerca scientifica, dalla formazione all’educazione ambientale e alla ricreazione. Obiettivi chiari e ben definiti: agricoltura sostenibile, salute e benessere, tutela della biodiversità terrestre, partecipazione a un bene pubblico. 

«Questo è un Hibiscus Rosa Sinensis Tylene, col pistillo arancio che svetta sulla grande corolla rosa pallido, sottilissima. Questi sono Echinocactus Grusonii, detti cuscini di suocera. E questa è la Cassia Fistula con i fiori penduli gialli, sempre profumati. La passione per le piante? C’è sempre stata. È una passione di famiglia. Questa è la palma nana, l’unica palma siciliana». Le posso chiedere quanto costa mantenere in vita questo giardino? «Guardi, ora non lo so di preciso. Di operai fissi non ne voglio più. Quando c’è bisogno di tratturare chiamo qualcuno, la potatura la faccio io. Per il resto non è un gran peso un po’ di concimazione una volta l’anno. Questa invece è la pianta grassa più bella che ho, ad ombrello. Quella laggiù è la Strelitzia Augusta (Alba), proveniente dal Sudafrica, questa qui la palma da dattero del Senegal con il frutto non commestibile». 

Per trasformare il giardino in un vero e proprio Orto botanico Helena Thurner — che ha i suoi anni — ha lanciato una sorta di Sos. Rivolto al Parco nazionale di Pantelleria e al Comune, a cui sarebbe pronta a cedere i beni immobili, tenendosi l’usufrutto del dammuso in cui abita e ricevendo un piccolo stipendio-vitalizio per le prestazioni professionali che continuerebbe a svolgere nella cura del giardino. «Non l’ho fatto io direttamente. L’hanno fatto per me due amici economisti, Margherita Turvani e il marito Mario Dal Co. Abbiamo parlato anche con Donnafugata e la Fondazione Benetton. Anche con il Fai lo abbiamo fatto. Sono pronta a fare una donazione al Parco ma, a quanto ho capito, il Parco non può acquisire beni. Per questo la professoressa Turvani ha pensato ad una Fondazione per poi acquisire un partner privato per le attività economiche. Non so, vediamo che ne viene fuori». 

In alto, la giovane direttrice del Parco nazionale di Pantelleria, Sonia Anelli; in basso, il nuovo sindaco dell’isola Fabrizio D’Ancona

Interpellata da “Italia Libera”, la direttrice del Parco nazionale mostra molta attenzione e disponibilità a non disperdere il patrimonio arboreo costruito da Helena Thurner e Christian Mair nei decenni passati. Sonia Anelli è una giovane biologa parmigiana con una solida preparazione scientifica e gestionale alle spalle. Sulla scia della decana dei parchi nazionali Franca Zanichelli, due anni fa è arrivata sull’isola patrimonio dell’umanità Unesco per le vigne terrazzate ad alberello. «Il compito del Parco − ci dice − è preservare in primo luogo le specie autoctone e la biodiversità mediterranea dell’isola vulcanica. Le specie arboree del giardino di Helena Thurner sono quasi tutte alloctone. Gestite bene possono svolgere un’utile funzione didattica ed educativa. Il Parco può adoprarsi per dare visibilità a questa presenza sull’isola, organizzare degli eventi culturali e cercare insieme ad altri una soluzione per metterla in rete con qualche sponsor. Le risorse economiche a nostra disposizione e alcuni vincoli normativi non ci consentono di operare da soli. Possiamo però entrare in una Fondazione con altri soggetti privati che vogliano investirci, per indirizzarne il lavoro verso l’equilibrio ecologico e il turismo sostenibile». 

Portico antico, sullo sfondo Chamaerops Humilis e Arbutus Unedo

Il Comune dell’isola per l’80% del territorio è sovrapposto al Parco. Da dieci mesi è guidato dal nuovo sindaco Fabrizio D’Ancona, politico esperto e amministratore equilibrato: «Ci sono stati già contatti con la proprietà e da parte nostra c’è piena disponibilità ad acquisire terreni e fabbricati se la signora Thurner vorrà cederli al patrimonio pubblico. Siamo pronti anche a valutare la proposta di un suo vitalizio e di un impiego retribuito temporaneo, per trasferire know how ed esperienza decennale nel vivaio, in attesa della pensione. Aspettiamo una proposta quantitativa per poterla valutare, inserendo l’impegno pluriennale in bilancio». Il sindaco D’Ancona aggiunge di essere disposto da subito a collaborare sia con la Fondazione Benetton che con il Fai o altri partner: «Finora non abbiamo avuto nessun feedback da questa eventuale Fondazione in via di costituzione che potrebbe dar supporto a noi, o in collaborazione o in pool, nella gestione successiva dell’Orto Botanico. A questo punto noi dovremmo chiudere un accordo tra la signora Thurner il Comune di Pantelleria la Fondazione Benetton o il Fai. Consideri che una “Fondazione Isola di Pantelleria” ce l’abbiamo e la stiamo adeguando alle nuove norme del Terzo Settore. Se dobbiamo farne una ex novo non ha senso perché il Comune già ce l’ha». 

Quel che conta, agli occhi del cronista, è salvare il valore naturalistico dell’area. Su questo punto Helena Thurner non molla. «No no. Intanto vado avanti a togliere le pietre, con le balate ci faccio un sentiero e prima o poi qualcosa succederà. Qui ho intenzione di farci un giardino olfattivo», aggiunge indicandomi un’area da attrezzare con le erbe aromatiche. Mi pare che una scelta l’abbia comunque già fatta, signora Thurner: le piscine al posto degli alberi no. «No, non si fa», sorride scuotendo la testa con sguardo mite ma fermo. «All’agente immobiliare che è venuto a vedere la proprietà gli ho detto che là sotto c’è anche una vecchia cisterna punica. Lui ha risposto che ora le cisterne si possono trasformare in stanze. Si rende conto? Ma un po’ di salvaguardia per le cose antiche non ce l’hanno proprio qua. Io ho ancora il dammuso com’era quando l’ho acquistato. È perfettamente vivibile e quando mi chiudo dentro non sento un tubo, né caldo né freddo, né soprattutto rumore». E via con un’altra bella risata. 

Euphorbia Grandicornis

Apre una porticina bassa. Per varcarla ci dobbiamo inchinare come per entrare in chiesa. Ma qui ci si inchina davanti a sua maestà l’agrume. Un solo albero, al centro di un cerchio di pietra con i muri alti tre metri per proteggere le chiome dai venti che sull’isola spirano sempre, da tutti i quadranti. «Questo è un arancio. E l’arancio in pieno vento non va bene, no no. Questo giardino pantesco ha più di 80 anni, ed è più vecchio di quello che Donnafugata ha dato al Fai». Ammirati i copiosi frutti maturi, usciamo dal cospetto dell’arancio e finiamo davanti a un olivo secolare. Ha i rami nodosi che strisciano per terra per proteggere prima i fiori e poi il frutto dal vento. «Anche la potatura dell’olivo pantesco dovrebbe essere protetta. Secondo me merita di diventare patrimonio dell’Unesco, come è già la vite ad alberello di Pantelleria. Ho detto qualche tempo fa all’ex direttore del Parco, Parrinello, che si stanno importando olivi alti, con le stesse potature che si fanno in Umbria. Ma si può? Mi ha risposto che non si può vietare ai privati di piantare le varietà che vogliono. Per la verità, a me il Parco ha pure detto quali piante non posso mettere là sotto. Quindi, se non può vietare può almeno indirizzare, giusto?».

Ma dopo tutti questi appelli e nessuna risposta concreta? «Vado avanti, c’è tempo. Non penso di morire già l’anno prossimo, ahahahahah! È venuto anche un tecnico della Regione e ha detto che qui ci sono delle rarità, poi però non si è fatto più sentire. Il Comune di Pantelleria sarebbe molto interessato, a quanto ho capito. Ma qui, lei lo sa, va tutto a rilento. So bene che per reggere tutto ci sono le spese da sostenere, ma c’è anche il tornaconto delle attività che si possono svolgere. E poi, non è che io mi porto tutto nella tomba. Rimane il valore. Anzi il valore dovrebbe aumentare, no?».

Ci avviamo verso l’uscita, tra un olivo abbarbicato su pietre vulcaniche punteggiate da licheni rossi secolari e una Washingtonia Filifera che spicca alle sue spalle. Dal portico antico si affacciano un Chamaerops Humilis e un Arbutus Unedo. Il sole è già tramontato dietro Cap Bon, il primo lembo d’Africa attaccato alla Sicilia occidentale migliaia di anni fa. Una Euphorbia Grandicornis svetta sugli aculei dei cuscini di suocera. Sotto il cielo tinto di rosso, meglio non inciampare, né sull’una né sugli altri. Benché sia inverno, a questo incanto di profumi e forme arboree e fiori e colori si fa molta fatica a girare le spalle. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore - Da inviato speciale della Rai, ha lavorato per la redazione Speciali del Tg1 (Tv7 e Speciale Tg1) dal 2014 al 2020, per la trasmissione “Ambiente Italia” e il telegiornale scientifico "Leonardo" dal 1993 al 2016. Ha realizzato più di mille inchieste e reportage per tutte le testate giornalistiche del servizio pubblico radiotelevisivo, e ha firmato nove documentari trasmessi su Rai 1, l'ultimo "La spirale del clima" sulla crisi climatica e la pandemia.