Nonostante i contributi artistici di alcuni autorevoli registi italiani nel campo dei diritti umani e di civiltà — da “Io,Capitano” di Matteo Garrone, a “Terraferma” di Emanuele Crialese, da “Fuoco a mare” di Gianfranco Rosi a “Mediterranea” dell’italo americano Jonas Carpignana —, ha colpito la tiepida solidarietà del mondo culturale italiano verso la giovane regista arrestata come scafista e accusata di aver favorito l’immigrazione clandestina. Una distanza enorme con il coraggio manifestato dai maestri e dai produttori del neorealismo italiano contro il conformismo dei cosiddetti benpensanti che censurarono artisti come Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Pier Paolo Pasolini e Luchino Visconti tacciati come «culturame» di sinistra. Accanto alle esemplari eccezioni già citate, manca uno scatto di reni su temi come le migrazioni, l’accoglienza, i conflitti, le minoranze ed i diritti umani per contrastare la semplicistica propaganda di certa politica e la violenza del suo linguaggio
◆ Il commento di ANNALISA ADAMO AYMONE
► Dopo circa 10 mesi di carcere Maysoon Majidi torna in libertà in seguito alla presa d’atto da parte del Tribunale di Crotone dell’insussistenza degli indizi a carico della giovane regista ed attivista curdo iraniana, all’esito di una lunga udienza di ascolto dei testimoni citati dalla difesa. La scarcerazione è avvenuta proprio mentre il governo Meloni resta ancora impegnato a trovare soluzioni dopo le sentenza del Tribunale di Roma sui primi 16 migranti trasferiti nel paese delle aquile, a “perfezionare” il decreto di quello che passerà alla storia come “l’ignobile modello Albania” (costato sinora al Paese circa 800 milioni di euro) nonché a vedersi recapitare la dura nota della commissione contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa (Ecri) che ha stigmatizzato quanto il discorso pubblico italiano sia diventato sempre più xenofobo e quanto i discorsi politici siano connotati da toni «fortemente divisivi ed antagonistici» quando si tratti di migranti, rifugiati e richiedenti asilo.
Mentre la notizia della scarcerazione si diffonde e la politica si schiera, non batte colpo il mondo della cultura, soprattutto quello del cinema, che in tutti i lunghi mesi in cui pendeva sulla testa della Majidi l’accusa di aver favorito l’immigrazione clandestina ha fatto registrare un certo distacco dalla vicenda. La tiepida solidarietà da parte del cinema italiano alla regista Majidi non può non considerarsi un’occasione mancata, che fa riflettere sull’attuale impegno del cinema italiano nella difesa dei diritti umani e della civiltà seppure non sono mancati in questi anni proprio da parte di alcuni autorevoli registi italiani contributi di grande valore artistico e sociale come, ad esempio, “Io,Capitano” di Matteo Garrone, “Terraferma” di Emanuele Crialese, “Fuoco a mare” di Gianfranco Rosi o “Mediterranea” dell’italo americano Jonas Carpignana.
Se da un lato è vero che l’argomento è certamente da considerarsi un autentico campo minato anche per i più liberi intellettuali e pensatori del nostro Paese, dall’altro non si può non ricordare quanto siano stati più sfidanti ed insubordinati i maestri e i produttori del neorealismo italiano in tempi in cui, a fronte del loro etico impegno civile per il miglioramento della democrazia, la censura falciava con estrema facilità il così detto «culturame» di sinistra (espressione utilizzata dal ministro Scelba nel 1949) che non offriva un’immagine «decorosa» della società italiana. Ne furono vittime Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Pier Paolo Pasolini e Luchino Visconti che con il suo ‘Rocco e i suoi fratelli’ aveva raccontato il fenomeno dell’immigrazione in un’Italia modernista che vedeva lo svuotamento dei territori agricoli per sfuggire alla povertà e alla fame. Il film suscitò numerose polemiche per i suoi contenuti politici e ideologici e fu ostacolato dalla giunta provinciale di Milano, censurato dalla Procura e boicottato al Festival di Venezia.
Nel panorama attuale l’acquisizione di una vera centralità del mondo della cultura nel dialogo multilaterale su temi come le migrazioni, l’accoglienza, i conflitti, le minoranze ed diritti umani imporrebbero un scatto di reni per una tempestiva e rapida espansione del dibattito ben oltre la semplicistica propaganda di certa politica e la violenza del suo linguaggio. È quanto mai necessario da parte del mondo della cultura − ma soprattutto del cinema libero ed indipendente − contribuire a far pensare ‘in altro modo’ perché, come disse Hannah Arendt durante il discorso pronunciato in occasione del conferimento del premio Lessing, l’individuo che si apre a pensare ‘in altro modo’ scopre di muoversi liberamente nel mondo e che «di tutte le libertà particolari che possono venirci in mente quando sentiamo nominare la parola ‘libertà’, la libertà di movimento è storicamente la più antica ed elementare. Poter andare dove si vuole è il gesto originario dell’essere liberi, mentre la limitazione di tale libertà è stata da tempo immemorabile il preludio della schiavitù». © RIPRODUZIONE RISERVATA