Il 14% degli italiani possiede il Dna dell’ominide che ha preceduto l’Homo Sapiens, e risulta associato alla forma più grave di Covid 19. Il professore Massimo Delledonne guida la ricerca a Verona e spiega a Italia Libera: «Chi ce l’ha e si ammala avrà un’alta probabilità di svilupparlo più gravemente». Un fattore di rischio, come APOE4 per l’Alzheimer, individuabile con un test genetico. Attendibile al 100%, richiede qualche goccia di saliva, disponibile gratuitamente per il Servizio sanitario da novembre, può evitare che un italiano su sei subisca gravi conseguenze dal virus. Ma tutto tace. Perché?


L’inchiesta di LAURA CALOSSO

¶¶¶ Il GenTest Covid-19 Risk, questo è il nome tecnico, è stato realizzato attraverso Genartis (spin-off dell’Università di Verona). Permette di individuare i soggetti che hanno ereditato le basi nucleotidiche  (rappresentano un fattore di rischio) da uomini primitivi presenti soprattutto nell’Europa meridionale. Perché una persona rischia di ammalarsi gravemente di Covid 19 e un’altra può essere addirittura asintomatica? È una domanda che ci siamo posti tutti almeno una volta. Forse è arrivata finalmente la risposta e a formularla è un gruppo di ricerca che fa capo all’Università di Verona. A guidarlo è il prof. Massimo Delledonne, ordinario di Genetica e uno dei più grandi esperti di tecnologie genomiche in Italia. 

Il Laboratorio di Genomica Funzionale dell’Università di Verona, che da anni è impegnato nell’identificazione di fattori genetici coinvolti nelle patologie, ha analizzato i risultati rilasciati lo scorso 24 novembre dal “Covid 19 Host Genetics Consortium” (un consorzio di oltre mille scienziati di 54 Paesi, impegnati nella ricerca e nella condivisione di dati relativi alla pandemia). Sulla scia delle evidenze raggiunte, ha conseguito un brillante risultato: la creazione di un test di facile utilizzo, utile a individuare la predisposizione genetica a sviluppare la malattia in forma grave.

Che cosa può rivelarci il test di così importante, considerato che costa poco e si basa su un semplice campione di saliva prelevato dalla bocca del paziente? L’abbiamo chiesto al prof. Delledonne e questa è stata la sua sorprendente risposta. «Il test serve ad accertare la presenza della regione di Dna ereditata dai Neanderthal (gli ominidi che vivevano prima della comparsa dell’Homo Sapiens, oltre 50mila anni fa). Circa il 14% degli italiani possiede il Dna di Neanderthal, che risulta  associato alla forma più grave di Covid 19. Il GenTest Covid-19 Risk, questo è il nome tecnico, è stato realizzato attraverso Genartis (spin-off dell’Università di Verona). Permette di individuare i soggetti che hanno ereditato le basi nucleotidiche  (rappresentano un fattore di rischio) da uomini primitivi presenti soprattutto nell’Europa meridionale. Ciò non significa che chiunque abbia questa regione di Dna si ammalerà, e neppure che tutti coloro che si ammalano in modo grave ce l’hanno, ma chi si ammalerà avrà un’alta probabilità di sviluppare un Covid 19 grave. È un fattore di rischio, come APOE4 per l’Alzheimer».

Il gruppo guidato da Delledonne ha integrato l’analisi internazionale, ricercando la regione di Dna neanderthaliano associata al Covid 19 grave nella propria banca dati di Dna, che comprende oltre 4mila italiani. È emerso che circa 1 italiano su 6 porta la “regione Neanderthal” nel proprio genoma. «Grazie a questa caratteristica – ci spiega Delledonne – è stato possibile sviluppare un test salivare che permette di monitorare la presenza o l’assenza dell’intera regione associata al Covid 19 grave nel Dna di un individuo, senza la necessità di sequenziare l’intero genoma. Il test è stato validato sul Dna di una popolazione di individui di cui il Laboratorio di Genomica Funzionale ha a disposizione dati genetici, e ha dimostrato un’accuratezza del 100%, ossia non ha mai sbagliato nell’identificare se un individuo porta o meno la regione di Neanderthal».

GenTest Covid-19 Risk è in grado di fornire informazioni utili sui soggetti più esposti all’infezione, aiutando il medico nel triage ospedaliero e identificando i soggetti a rischio a cui dare priorità assistenziale. «Proprio per l’importanza di questo screening, Genartis intende concedere l’uso gratuito del test alle istituzioni che operano nel Servizio Sanitario Nazionale e Regionale – spiega il Professore – potrà essere di grande aiuto per gli operatori sanitari, che saranno così in grado di individuare i soggetti su cui concentrare l’attenzione».

La rilevanza di questa scoperta non ha ancora avuto grande eco e ciò stupisce, dato peraltro l’aggravarsi della diffusione del contagio in tutta Italia, e il numero di decessi ancora elevato. «Anche noi siamo stupiti che non sia stato dato risalto al test. È strano proprio per il valore sociale e scientifico del test che, indicando i soggetti più a rischio, potrebbe definire meglio, ad esempio, le priorità nella vaccinazione. Nonostante Genartis abbia deciso di concedere l’uso gratuito del test al Servizio Sanitario Nazionale, ad oggi, purtroppo, né il ministro Speranza, né il presidente del Veneto, Luca Zaia, hanno mostrato interesse. Non ci sono stati richiesti chiarimenti sulla validità del test e neppure sulla possibilità di adottarlo quanto prima».

Oggi il team di ricerca veronese è concentrato sul sequenziamento delle varianti del virus, per individuare quelle più pericolose per l’uomo. ♦ © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Foto: in alto, il professor Massimo Delledonne; al centro, il test di Genartis (spin-off dell’Università di Verona); in basso, prelievo salivare per il test molecolare

Scrittrice, giornalista e traduttrice, laureata in Scienze Politiche e in Lettere, Culture moderne comparate, Letteratura tedesca. Ha lavorato come giornalista e addetta stampa. La carriera di scrittrice è iniziata con una menzione di merito al Premio Calvino, edizione 2008/2009, e il primo romanzo "A ogni costo, l'amore" pubblicato da Mondadori nel 2011. Il giornalismo d’inchiesta è la sua passione. Lavora nel mondo dell’editoria e per la Rai.