Nel concreto, non vi era nessun bisogno di mettere nero su bianco che la Repubblica tutela l’ambiente. L’art. 117 della Costituzione afferma già che lo Stato ha giurisdizione esclusiva su “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.” In pratica la tutela dell’ambiente, con la modifica, viene richiamata anche nei “Principi fondamentali” che sono gli articoli dall’1 al 12. Con l’aggiunta della tutela degli animali. La difesa dell’ambiente rientrava già appieno fra i compiti della nostra Repubblica. A parole. In realtà, quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, in Italia ci si comporta in modo diverso


L’articolo di FABIO BALOCCO, giurista ambientalista  

Da Anghiari a Sansepolcro corre l’antica strada costruita alla fine del XIV secolo per unire due luoghi legati alla vita di San Francesco d’Assisi: la chiesa della Croce e il sacro Eremo di Montecasale. La strada appartiene ad Anghiari ed è diritta come una spada, tagliando in due la parte toscana della valle del Tevere; sotto il titolo, la Rocca di San Nicola domina il paesaggio delle Tremiti

DOPO ANNI DI discussione, il Parlamento è riuscito nell’intento: modificare l’art. 9 della Costituzione. Che ora suona così: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali» (in neretto corsivo la modifica).

Cosa ci sia di «storico» (Fico) e addirittura di «epocale» (Cingolani), resta da capirlo, così come resta da capire i peana di Greenpeace e Wwf. Quasi che da un giorno all’altro una classe di governo che ha letteralmente massacrato l’ex Bel Paese possa rinsavire e mettere le cose a posto. In realtà, concretamente, non vi era nessun bisogno di mettere nero su bianco che la Repubblica tutela l’ambiente. L’art. 117 della Costituzione afferma già che lo Stato ha giurisdizione esclusiva su «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali». In pratica la tutela dell’ambiente, con la modifica, viene richiamata anche nei “Principi fondamentali” che sono gli articoli dall’1 al 12. Con l’aggiunta della tutela degli animali. 

Ma non solo la tutela dell’ambiente c’è già nella nostra Costituzione, ma la Corte Costituzionale si è più volte espressa sull’importanza dell’ambiente come bene fondamentale della Repubblica, da privilegiare rispetto a quello economico [leggi qui nota 1]. Quindi la difesa dell’ambiente rientra appieno già oggi fra i compiti della nostra Repubblica. A parole. In realtà, quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, in Italia ci si comporta in modo tutt’affatto diverso. Del resto, l’Italia è piena di norme in cui nel preambolo si afferma una cosa e poi nell’articolato si dispone l’esatto contrario.

Giuseppe Bottai (al centro) ministro dell’Educazione nazionale durante il regime fascista; le prime leggi di tutela dei Beni culturali e paesaggistici dello Stato italiano (n. 1089 e 1497 promulgate nel 1939) portano la sua firma 

Partiamo dalla norma base, che prevede la difesa del paesaggio. Basterebbe citare una storia per dimostrare quanto ci si creda. Nel 1939, in piena epoca fascista, furono promulgate le cosiddette “leggi Bottai”, dal nome del proponente. Erano ottime norme. Un articolo dello storico Antonio Paolucci, sulla Treccani, afferma che la prima, sulla “Tutela delle cose di interesse artistico e storico”, del 1° giugno 1939 n. 1089, «era e resta un capolavoro di civiltà e di sapienza giuridica». [leggi qui nota 2] Ad essa, pochi giorni dopo, seguì l’altra fondamentale legge Bottai, la n. 1497 del 29 giugno 1939, “Protezione delle bellezze naturali”, sulla scorta della quale una buona parte del paesaggio italiano fu vincolato. Inoltre, essa prevedeva, al comma 5, come efficace strumento di tutela per il futuro, il “piano territoriale paesistico”, che doveva essere redatto dall’allora ministro per l’Educazione nazionale.

Ci fu la guerra, la norma rimase inapplicata, ma tale rimase anche con il passaggio dalla dittatura alla democrazia, anche con la Costituzione, anche con il suo art. 9. Occorre arrivare al decreto legge Galasso nel 1985 (ben quarantasei anni senza fare nulla, tanto era importante appunto l’art. 9) perché i piani, definiti adesso “paesaggistici” tornino di moda e siano di competenza delle singole Regioni. Norma poi mutuata dal Codice dell’Ambiente. Bene, ad oggi sono solo cinque le Regioni che il piano l’hanno adottato, ma di fatto esso non serve a nulla perché non ha posto dei reali vincoli al territorio oltre a quelli già esistenti. 

Si vuole tutelare l’ambiente? Si vuole fare qualcosa di “epocale” come afferma quel bel tomo di Cingolani? Bene, si promulghi una legge che preveda da subito zero consumo di suolo in Italia, come vuole l’Unione Europea entro il 2050, ma dentro quello zero si comprendano anche le opere pubbliche e gli impianti di produzione dell’energia verde. E, sulla necessità/opportunità di promulgare questa legge che giace nei cassetti delle commissioni parlamentari da anni, mi trovo del tutto d’accordo con Vittorio Emiliani ed il suo articolo di giovedì 9 febbraio. Peraltro Emiliani esprime una preoccupazione che invece non ha ragion d’essere e cioè che la tutela del paesaggio sia scomparsa dalla Carta («il Paesaggio non c’è più. Troppo scomodo?»), il che non è. Come detto, la difesa dell’ambiente si aggiunge a quella del paesaggio, non la sostituisce. Che poi dove sta tutta questa difesa, visto che la stragrande maggioranza delle Regioni, come detto, non ha adottato i Piani e comunque spesso e volentieri i vincoli paesaggistici vengono eliminati, se vi sono interessi che il governo locale o centrale ritiene preminenti.

Secondo il Codice Civile, gli animali continuano ad essere beni mobili (sic!), la caccia è legale e si spara persino alle allodole [credit Ken Redding/Corbis]
Ancora qualche parola sulla tutela degli animali, anch’essa elevata a Principio fondamentale. E qui siamo letteralmente al ridicolo. Sia perché, secondo il Codice Civile, gli animali continuano ad essere beni mobili (!), sia perché viviamo in un paese in cui la caccia è legale e si spara persino alle allodole, in cui si mettono in prigione gli orsi, in cui si prospetta di uccidere i lupi (lo stesso Cingolani…), e questo senza parlare degli animali cosiddetti (orribile locuzione) “da reddito” e delle condizioni in cui vivono. Cosa cambierà adesso che la tutela degli animali è stata introdotta addirittura nei Principi fondamentali della Costituzione? Volete che ve lo dica? Zero. Del resto, la riprova che non cambierà nulla è data dal fatto che la revisione è stata approvata pressoché all’unanimità. I partiti del cemento e della caccia tutti uniti nel ritenere che si debba tutelare l’ambiente e gli animali. Pare di essere dentro il teatro dell’assurdo: con anche modesti commedianti. Come cantava Mina anni fa? Ah, sì, “Parole, parole, parole”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Nato a Savona, risiede in Val di Susa. Avvocato (attualmente in quiescenza), si è sempre battuto per difesa dell’ambiente e problematiche sociali. Ha scritto “Regole minime per sopravvivere” (ed. Pro Natura, 1991). Con altri autori “Piste o pèste” (ed. Pro Natura, 1992), “Disastro autostrada” (ed. Pro Natura, 1997), “Torino, oltre le apparenze” (Arianna Editrice, 2015), “Verde clandestino” (Edizioni Neos, 2017), “Loro e noi” (Edizioni Neos, 2018). Come unico autore “Poveri. Voci dell’indigenza. L’esempio di Torino” (Edizioni Neos, 2017), “Lontano fa Farinetti” (Edizioni Il Babi, 2019), “Per gioco. Voci e numeri del gioco d’azzardo” (Edizioni Neos, 2019), “Belle persone. Storie di passioni e di ideali” (Edizioni La Cevitou, 2020), "Un'Italia che scompare. Perché Ormea è un caso singolare" (Edizioni Il Babi, 2022). Ha coordinato “Il mare privato” (Edizioni Altreconomia, 2019). Collabora dal 2011 in qualità di blogger in campo ambientale e sociale con Il Fatto Quotidiano, Altreconomia, Natura & Società e Volere la Luna.