L’enormità del debito pubblico, la riduzione delle risorse e gli oneri finanziari assunti con l’Europa costringeranno presto il governo di destra-destra a cercare nuove risorse. La festa sta purtroppo per finire e potrebbe favorire l’incontro felice «tra furbi e imbecilli» (Leonardo Sciascia) dentro quel calderone neo-fascista che si addensa in Occidente. Che fare? Di fronte alla «somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio» (Wilhelm Reich) e all’ossessione per il conformismo che «alla fine porta al fascismo» (Woody Allen): per prima cosa, cominciare a distinguere di quale fascismo effettivo dobbiamo parlare oggi


◆ L’articolo di ALFREDO T. ANTONAROS

La preoccupazione del leader del Partito popolare europeo Manfred Weber e l’indignazione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di fronte ai tenebrosi luccichii di Acca Laurentia, hanno dato l’immediata sensazione di essere di fronte ad un fatto grave ma non “serio”. C’è davvero un pericolo fascismo? «Quando tra gli imbecilli ed i furbi si stabilisce un’alleanza, state bene attenti che il fascismo è alle porte» scriveva Leonardo Sciascia. Da anni imbecilli, hooligans e camicie nere sembrano sempre pronti, per la politica o per il calcio, a menare le mani. Sono i furbi che, almeno per ora, non sembrano avere alcun bisogno di agitarsi. Gli bastano i condoni e le sanatorie fiscali del governo, gli sconti tributari, l’adeguamento collaborativo e mille altre scaltre scappatoie per chiudere la bocca al fisco e alla magistratura. 

Ma la festa — in Italia come in Germania — sta purtroppo per finire. L’enormità del debito pubblico, la riduzione delle risorse e gli oneri finanziari assunti con l’Europa costringeranno presto il governo a cercare nuove risorse. Negli anni 90, per stare a galla, si poteva stampare abbondantemente moneta, ma oggi, con l’Euro, non è più possibile. Rigidità di bilancio e scarse rimesse fiscali costringeranno, nell’ultima parte dell’anno in corso, ad assumere duri provvedimenti. È questa la situazione che potrebbe favorire l’incontro felice tra furbi e imbecilli dentro quel calderone neo-fascista che in Occidente ha, a mio parere, soprattutto tre dimensioni. 

Roma, 7 gennaio 2024: l’adunata neofascista ad Acca Larentia

La prima — quella che più colpisce i media perché più urtante e coreografia insieme — è quella dei seguaci di Trump (quelli dell’assalto a Capitol Hill ma anche quelli vocianti e plaudenti nelle platee dei suoi comizi), delle teste rapate europee, dei militi all’amatriciana di Acca Laurentia, fino ai picchiatori delle curve degli stadi. Un brodo composito in cui si mescolano nostalgie, razzismi, militarismo, suprematismi, machismo, idiozie, reducismo, voglia di rivincita, piacere per la violenza in quanto tale e molta rude ignoranza. Quella appunto degli imbecilli di cui parlava Sciascia e di furbi che hanno sempre visto, nelle regole sociali e nella Costituzione, anguste gabbie cui applicarsi per segarne le sbarre. 

La seconda dimensione è formata, a mio parere, dalla razza di vipere che, dal 1945 a oggi, hanno vissuto il loro fascismo, in Italia e in Europa, nella zona grigia delle istituzioni. Una fauna in doppiopetto, fatta di camaleonti devoti al conformismo e alle parrocchie politiche. Gente legata alla tradizione perbenista, a volte col busto di Mussolini sulla scrivania, o con Hitler tatuato sulla pelle interna del cuore, ma anche no. Magari, a volte, addirittura protagonisti di indolori progressismi e di slogan riformisti, purché nulla si muova davvero. Personaggi imprevedibili, apparentemente normali, che hanno abbracciato la necessità di mantenere le bocce ferme semplicemente per difesa dei propri interessi, o perché «si tiene famiglia» o perché siamo cittadini di un «Paese invaso» dai barbari del resto del mondo. O solo perché sopraffatti dalla complessità dell’evoluzione sociale che, non compresa, appare solo come un prorompente disordine cui va messo un freno.  

Washington, 6 gennaio 2021: assalto a Capitol Hill dei seguaci di Donald Trump

C’è infine, per ultimo — ed è quello che più preoccupa — un fascismo nella sua forma più pura che, come scriveva Wilhelm Reich, è «la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio». Un pensare emotivo, nervoso, arrogante che, in genere, preferisce toni non urlati, e che diventa malattia collettiva e disfunzione sociale, ricco di molte facce e molti linguaggi. Da quelli legati a un facile “buonsenso” o a roboanti “ma ora basta!” che marcano solo la volontà di farsi “gli affari propri” o di rifiutare i costi comuni della convivenza (quelli che, in una società giusta, è semplicemente l’assumersi la propria parte dei dovuti oneri; quelli fiscali ed economici, ma non solo questi). 

In mezzo c’è il velenoso adattamento di troppi al pensiero dominante, l’appiattirsi per dare una immagine di sé pubblicamente gradita. È quell’ossessione per il conformismo che, come diceva Woody Allen a proposito del suo Zelig (1983), «alla fine porta al fascismo». Un adeguamento al comportamento dei più che finisce sempre per umiliare meccanicamente le diversità e i più deboli e per fare, del pensiero e della parola, reliquie di un passato da rianimare nell’oggi. Per continuare a riconoscersi dentro la medesima storia fatta di molti ieri che non passano, perché non sanno innestarsi, in un diverso ordine temporale, a luci di giustizia, rispetto, scambio, solidarietà, che sono le sole basi di sane relazioni tra persona e persona. Tra cittadino e cittadino. 

Sconfiggere il fascismo è demolire queste barriere ancora troppo radicate nel linguaggio dei media, dei commissariati di polizia, degli stadi e dell’intero immaginario sociale. Tarli pericolosi soprattutto quando, per imprevedibili ragioni, si mettono poi in moto le diffuse “reazioni irrazionali del carattere umano medio”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Scrittore di romanzi, drammaturgo, sceneggiatore di film, saggista, direttore di teatro, autore e conduttore tv. Nei suoi romanzi centrale è il tema dell’esilio. Nei suoi saggi si è occupato in particolare dell’evoluzione sociale e culturale dell’alimentazione.