Le due guerre in corso hanno spinto gli italiani a familiarizzare con la geopolitica, iniziando con lo scoprire dove si trovano sulla mappa quelle nazioni belligeranti. Se a scuola si insegnasse geografia, saremmo già un passo più avanti. I fenomeni migratori, poi, li hanno costretti a informarsi su nazioni così vicine fisicamente ma così lontane psicologicamente. I voli low cost hanno fatto il resto: ci siamo trasformati tutti in giapponesi che scoprono dove sono stati guardando le foto quando sono tornati a casa. E se la casa è sempre la nostra, l’Europa, ma appena appena più grande, diventiamo parecchio ridicoli, nonostante il cipiglio rabbuiato della capa tosta …in un asilo infantile


◆ Il pensierino di GIANLUCA VERONESI

Una volta le relazioni internazionali, la politica estera dell’Italia non interessavano a nessuno – sia in casa che all’estero – ed erano appannaggio dei professionisti. Quel corpo diplomatico che è capace di fare apparire il cinismo e la spregiudicatezza nei rapporti tra Paesi come un corso di buone maniere. Oggi le due guerre in corso hanno spinto gli italiani a familiarizzare con la geopolitica, iniziando con lo scoprire dove si trovano sulla mappa quelle nazioni belligeranti. Se a scuola si insegnasse geografia, saremmo già un passo più avanti. I fenomeni migratori, poi, li hanno costretti a informarsi su nazioni così vicine fisicamente ma così lontane psicologicamente. La globalizzazione, il cui distintivo è il volo low cost, ha fatto poi il resto e noi ci siamo trasformati tutti in giapponesi che solo dopo essere rientrati a casa – guardando le foto – scoprono dove sono stati.

Invece per i nostri partiti la materia degli “esteri” è diventata così consueta da assumere immediatamente aspetti di evidente strumentalizzazione ed ipocrisia. Ad esempio il tanto atteso incontro della presidente del Consiglio con i suoi vice per mostrare l’unità minima necessaria alla difficile situazione internazionale e che si chiude con l’invio di differenti versioni del “comunicato ufficiale”. O uno dei tre presenti ha aggiunto, di nascosto, un’importante considerazione oppure gli altri due l’hanno cancellata. Comunque sia, sembra di essere all’asilo infantile.

Due soggetti internazionali sono recentemente balzati all’attenzione degli Italiani: l’Europa e gli Stati Uniti. La composizione dell’esecutivo dell’Unione europea – la Commissione – ha fatto litigare i partiti e i governi di 27 nazioni, segno di quale importanza abbia ormai raggiunto la dimensione decisionale sovranazionale. Da una distrazione, indifferenza, apatia verso le istituzioni europee improvvisamente la politica italiana è passata al parossismo, alla patologia. Negli ultimi due mesi la presidente del Consiglio si è occupata quasi unicamente della nomina della presidente della Commissione europea e delle deleghe del commissario italiano. Questo assalto all’Europa mostra anche aspetti ridicoli: i nostri tre partiti di governo sono iscritti a tre differenti raggruppamenti parlamentari ma ciò vale anche per la minoranza.

Da parecchi mesi la campagna elettorale americana è entrata nel vivo, anche per il fatto che cominciavano i processi contro Trump. “Ne vedremo di tutti i colori “ era la frase indicativa dell’attesa generale. Ci si aspettava che la conclusione della presidenza Biden facesse simmetricamente il paio con il proprio inizio (l’assalto a Capitol Hill). Come è puntualmente accaduto. Quindi – fin qui – possiamo dirci non stupiti dagli eventi, non meravigliati dal tono della campagna? No! Proprio no! Chi di voi metteva in conto un attentato omicida fallito per pochi centimetri? Chi si sarebbe immaginato così catastrofico per Biden il confronto televisivo? Chi ha mai visto l’inquilino della Casa Bianca assediato dai principali esponenti del suo partito per convincerlo a rinunciare alla candidatura?

Era devastante per il partito democratico assistere ad un duello fratricida tra il suo elettorato che chiedeva il ritiro e il suo Presidente che per “orgoglio ed egoismo” si trincerava in ufficio e lasciava gestire alla moglie i rapporti con l’esterno. L’esito finale rimane assolutamente incerto ma intanto cominciano a vedersi sorrisi, risate addirittura, ad alleggerire l’atmosfera. Perché una campagna elettorale dovrebbe essere una festa di popolo, non l’anticamera dell’inferno! © RIPRODUZIONE RISERVATA

Si laurea a Torino in Scienze Politiche e nel ’74 è assunto alla Programmazione Economica della neonata Regione Piemonte. Eletto consigliere comunale di Alessandria diventa assessore alla Cultura e, per una breve parentesi, anche sindaco. Nel 1988 entra in Rai dove negli anni ricopre vari incarichi: responsabile delle Pubbliche relazioni, direttore delle Relazioni esterne, presidente di Serra Creativa, amministratore delegato di RaiSat (società che forniva a Sky sei canali) infine responsabile della Promozione e sviluppo. È stato a lungo membro dell’Istituto di autodisciplina della pubblicità.