Sono 64, venti dei quali bambini, i morti accertati (per ora) del naufragio di fronte alla spiaggia di Steccato di Cutro, una ventina di chilometri da Crotone. Per ora, perché ci sono i dispersi, i corpi non ritrovati. È l’ennesima strage dei migranti annegati, l‘ennesima strage questa volta a pochi metri dall’approdo, e dalla salvezza. La tempesta ha travolto il vecchio peschereccio a motore partito dalla Turchia verso l’Italia, e che si è schiantato su una secca. C’era il mare forza 6, condizioni difficili per un soccorso, ma inevitabilmente ci si chiede se quello che è successo si sarebbe potuto evitare. Sui giornali si fanno largo tanti interrogativi, il Viminale – che si sente sotto accusa – minaccia querele. Ma la dignità del dubbio è cercare di capire


L’articolo di MAURIZIO MENICUCCI

Naufraghi sopravvissuti sulla spiaggia di Cutro; sotto il titolo, il relitto del barchino rovesciato dalle onde

MA ERA DAVVERO così mosso il mare davanti a Crotone,  mentre 64 persone (per ora),  una piccola parte dell’umanità, affogavano nella notte insieme a quel poco che resta della nostra umanità? Davvero non si poteva fare nulla, tranne disporsi a piangere, mentre 20 (per ora) bambini morivano a poche decine di metri dal suolo del nostro Paese (e oggi sì, in questa tragedia vigliacca, dovremmo chiederci quanta Italia c’è, come pretende la fanfara sovranista suonata ogni giorno da Meloni & C). 

Può mai essere che onde forza 6, cioè alte da 4 a 6 metri, ma secondo i testimoni più 4 che 6, abbiano impedito a moderni mezzi di soccorso, attrezzati, si presume, per affrontare condizioni meteo molto avverse, di uscire dal porto e tentare di salvarli? Perché sì, forse non sta bene speculare politicamente su una tragedia dalle dimensioni ancora incerte, come si sono affrettati ad ammonire i leader della nostra destra, quando nessuno aveva ancora speculato. Però, non si può nemmeno accettare senza batter ciglio la verità ufficiale, quando non tutti i passaggi sono chiari, mentre è invece chiarissimo che la solidarietà richiesta alle opposizioni nelle accuse alla gelida indifferenza dell’Europa può servire a distogliere l’attenzione da incongruenze e responsabilità. E qui di incongruenze ce ne sono, anche troppe per non interrogarsi.
Tanto per cominciare, sappiamo che il barcone in difficoltà era già stata avvistato alle 22.30 di sabato. Ne aveva dato notizia un velivolo di Frontex, aggiungendo d’aver rilevato la presenza a bordo di un cellulare turco: il dettaglio non lasciava dubbi sul fatto che si trattasse di migranti. È a quel punto che sembra essersi innescata una ‘catena di irresponsabilità’. Perché, ammesso che le vedette della Finanza non potessero uscire, si sarebbe dovuto, come impongono le procedure in questi casi e succede regolarmente, avvertire subito le navi di maggior stazza che incrociavano nella zona e che sono sempre tracciate e visibili sugli schermi della Guardia costiera. Perché non è stato fatto?
Le salme di alcuni naufraghi sul bagnasciuga della spiaggia di Cutro in Calabria

E ancora: come mai si è deciso di ricorrere alle motovedette delle Fiamme gialle, evidentemente progettate per navigare veloci e inseguire contrabbandieri e trafficanti, ma inadatte al mare agitato, invece delle ‘Classe 300’ in dotazione alla Guardia costiera? Eppure si sa che queste tengono qualsiasi mare, al punto da poter compiere un giro completo sott’acqua (per dire che sono praticamente inaffondabili). Va bene, sono piccole e certo non in grado di imbarcare tutti, ma avrebbero potuto mettere in salvo i più deboli, rimorchiare l’imbarcazione lontano dalla secca su cui di lì a poco si è schiantata, e creare una regia sul posto, alleviando di molto l’emergenza. Anche su questo, qualcuno dovrebbe rispondere in modo puntuale, senza  menare il can per l’aia parlando di strumentalizzazioni.

Avanzare dubbi e sospetti anche quando la giustizia non sembra avere, o non ancora, ragioni per intervenire, e proprio perché le Ragioni di Stato possono giustificare comportamenti che per il singolo sarebbero disonorevoli, è il triste compito del giornalista, ma è il suo mestiere. E allora, mentre il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si permette di affermare che «la disperazione non giustifica viaggi che mettono in pericolo la vita dei figli», mostrando di ignorare sia il significato di disperazione, sia la realtà, noi ci permettiamo di avanzare un brutto sospetto: che questa ennesima strage in mare sia la diretta conseguenza della strategia del Viminale. Della volontà, cioè, di trasformare le attività di soccorso ai migranti in attività di controllo e Polizia, allontanando dalle operazioni l’unico corpo, la Guardia costiera, che ha proprio il compito istituzionale del soccorso in mare e i mezzi adatti a farlo.
Si potrebbe obiettare che l’una cosa non esclude l’altra, ma non è così. Il soccorso in mare, che poi è la ‘legge del mare’, m’impone prima di mettere in salvo chi è in pericolo, poi di pensare al resto. Se invece penso subito al resto, se il mio obiettivo è reprimere l’immigrazione clandestina, o peggio, dimostrare che la considero un crimine e la voglio impedire, costi quel che costi, è chiaro che la salvezza di chi è in pericolo passa in seconda linea. La differenza è enorme, come stiamo vedendo anche in queste ore. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Inviato speciale per il telegiornale scientifico e tecnologico Leonardo e per i programmi Ambiente Italia e Mediterraneo della Rai, ha firmato reportage in Italia e all’estero, e ha lavorato per La Stampa, L’Europeo, Panorama, spaziando tra tecnologia, ambiente, scienze naturali, medicina, archeologia e paleoantropologia. Appassionato di mare, ha realizzato numerosi servizi subacquei per la Rai e per altre testate.