I “Grandi della Terra” allargano e stringono la fisarmonica delle loro riunioni senza più un criterio leggibile e/o unificante. Vincitori del Secondo conflitto mondiale no; i più ricchi nemmeno; i più popolosi manco parlarne. E allora? Pensano di decidere per (quasi) tutti. Stavolta si sono riuniti a Hiroshima ma la voce degli hibakusha, i superstiti delle bombe atomiche, non è stata neanche ascoltata. L’escalation militare va avanti come se nulla fosse, dopo il criminale attacco di Putin — campione del diagramma del cretino — all’Ucraina, nonostante i tentativi di mediazione di Papa Bergoglio. Il cattolico Joe Biden, la cui vivacità ha ricordato, nella circostanza, quella di Cernienko – l’apoplettico capo dell’Urss, del quale era legittimo dubitare se fosse davvero vivo – ha ceduto all’insistenza di Zelenski per i bombardieri F16. Ed è quel che resta di questo G7


L’analisi di MASSIMO SCALIA

IL G7 DI HIROSHIMA necessita subito una riflessione in premessa. Chi diamine sono? Come si sono costituiti? Sono in realtà un ibrido papocchio che mischia il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, cioè originariamente i vincitori della Seconda guerra mondiale, con gli indicatori economici, il Pil. Per il primo motivo ne ha fatto parte anche la Russia, quando, come a Gleneagles (2005) o a San Pietroburgo (2006), il summit era G8. Poi si è del tutto occidentalizzato, coincidendo con i Paesi top della Nato, via la Russia, ma concedendo benignamente alla Francia, che oppone orgogliosamente alla Nato la sua “force de frappe”, di parteciparvi. Ah già, ma la Francia è una delle potenze “vincitrici” della Seconda guerra mondiale, che ha guadagnato a forza di essere invasa o sottomessa dai Tedeschi a partire da Sedan (1870). L’Italia, pure, ha un buon ruolino di marcia, compendiato nel non aver mai terminato una guerra con l’alleanza con cui l’aveva iniziata. Però è tra le sette economie più forti del mondo, come Germania e Giappone. A pieno titolo, si fa per dire, Stati Uniti e Regno Unito, vincitori e ricconi. Ma il Canada che cavolo c’entra? Non arriva a 40 milioni di abitanti, ha un Pil inferiore a quello dell’Italia e non ha vinto una beata mazza. Come no! Il capo dello Stato è, oggi come allora, la regina, ops, il re d’Inghilterra, e quindi ha vinto per interposto Commonwealth. Che forza questa Inghilterra, con i suoi addentellati antichi e moderni! India e Cina, cioè il 40% della popolazione mondiale, non ne fanno parte. La Cina vabbè, sono comunisti, ma l’India, che viene spesso propagandata, al di là della colossale contraddizione delle caste e dei dalit, i paria, come la più grande democrazia del mondo? Non esageriamo. Per tutti questi si inventò a suo tempo il G77, che poi, con realistica resipiscenza, si è trasformato nel G20.

In alto, i segni rimasti sulla pelle di una sopravvissuta all’esplosione della bomba di Hiroshima; in basso Noriko Sakashita, una delle ultime hibakusha, alla Seconda marcia mondiale della Pace del 2019-2020

Nonostante la sua stramba composizione il G7 è sempre andato bene a tutti, Sinistra e Destra, non bersagliato dall’acidità negazionista con cui vengono guardate le Cop (Conference of Parties) per il clima, pur se ad esse partecipa la quasi totalità delle Nazioni rappresentate nell’Onu. Nel G7 c’è zio Sam, assiso proprio come il Grande Fratello, e poi parteciparvi dà la sensazione di essere ammessi al salotto buono, o, mal che vada, al lettino dello psicanalista per i complessi delle Nazioni che vi si stendono. Così il Giappone ha potuto parlare a Hiroshima delle sue paure per l’aggressività Nordcoreana, e per le tensioni su Taiwan, ignorando completamente − come gli altri peraltro − la richiesta degli hibakusha, i superstiti delle bombe atomiche, che testimoniano l’opposizione sempre e comunque alle armi nucleari. La Cina ha fatto sapere che Taiwan sono fatti suoi, un po’ come, con maggior grazia, ha fatto presente zio Sam agli altri sei riuniti a Hiroshima riguardo al sistema di difesa anticinese nell’Asia di Sud-est, Australia inclusa.

Certo che poi le vittime di Hiroshima non debbano avere voce. Gli attivisti di Ican (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) che, forti del loro Nobel per la pace 2017 reclamano un’azione concreta per porre fine alle armi nucleari perché “il rischio nucleare è troppo alto”, pussa via! Anche perché non c’è solo la questione dei Paesi che hanno la bomba atomica (Usa, Uk, Francia), ma di quelli che la includono nelle politiche di sicurezza nazionale (Canada, Giappone) e di quelli che le ospitano (“nuclear sharing”) come Italia e Germania [leggi qui].

Joe Biden, la cui vivacità nell’occasione ha un po’ ricordato quella di Cernienko – l’apoplettico capo dell’Urss, del quale era legittimo dubitare, nelle riprese televisive dei vari incontri internazionali, se fosse davvero vivo – ha ceduto all’insistenza di Zelenski per gli F16. Ora, nell’infelice asimmetria determinata dalla scellerata invasione di Putin, anche se in linea di principio l’Ucraina bombardata può rispondere bombardando la Russia, ciò non è stato di fatto ammesso fin da quando gli Stati Uniti risposero picche alla richiesta ucraina di una “no-flight zone”, e invocarono proprio il timore di un’escalation incontrollabile. Questo timore rimane drammaticamente in campo, come ha ricordato esplicitamente Papa Bergoglio con un monito contro le armi nucleari proprio in concomitanza con il G7 di Hiroshima, tranquillamente ignorato dal cattolico Biden. E induce a pensare se il dovuto sostegno all’Ucraina possa essere un sostegno militarmente incondizionato. Fino alla vittoria sulla Russia con il recupero di tutti i territori, illegalmente occupati o autoproclamatisi russi fin dal 2014? Che ciò che è giusto “in principio” lo diventi di fatto è un’eccezione dal punto di vista storico, e troppo tempo si è fatto passare da quando tutti hanno girato la testa mentre la Crimea veniva occupata. Ma se la vittoria dovesse per davvero essere quella militare, con l’Ucraina che ripiglia tutti i territori, anche quelli russofoni – dove non realizzò certo, quando erano suoi, una condizione tipo quella di cui godono i germanofoni del nostro Alto Adige – perché mai lo scellerato Putin, campione peraltro del diagramma del cretino, dovrebbe accettare per sé e i suoi apparatchik una sconfitta prodromica alla sua inevitabile caduta, senza fare una qualche pazzia?

L’F16, Fighting Falcon, è un aereo da combattimento multiruolo, monomotore

Quand’anche la minaccia nucleare, richiamata questa volta non da Mosca ma da Bergoglio, che si sta dando da fare per un’iniziativa di pace, fosse solo una tigre di carta, a chi predica la purezza delle questioni di “principio” va fatto osservare che un Paese che si sente, di fatto e non arbitrariamente, appartenente all’Unione europea, non può pensare di risolvere i problemi in modo esclusivamente militare, cioè nel modo che le Costituzioni di tutti i Paesi membri, a cominciare dal nostro, escludono. E questo principio non può trovare eccezione: la differenza tra resistere all’aggressore e scacciarlo e volerlo sconfiggere militarmente, riguadagnando così quel che era stato perso mentre Stati Uniti e Ue fingevano distrazione, è il difficile crinale sul quale è posta la possibilità di una pace. 

L’Ucraina difende i valori di libertà e di democrazia su cui si fonda l’Unione europea, ma, per favore, l’Unione è in grado di difenderli nel suo territorio nel loro insieme. E non ha delegato l’Ucraina, quasi fosse un antemurale, a costo della devastazione del suo territorio, dei suoi sacrifici, le torture e i morti. Insomma, il patriottismo ucraino, esasperato dall’aggressione russa e propugnato da Zelenski in adesione alla volontà del suo popolo, ma anche come strategia all’interno e all’esterno del suo Paese, ha tutte le ragioni di essere, ma non può essere la bussola per le volontà e i percorsi di pace. E per la loro faticosissima strada. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Scienziato e politico, leader del movimento antinucleare e tra i fondatori di Legambiente. Primo firmatario, con Alex Langer, dell’appello (1984) per Liste Verdi nazionali. Alla Camera per i Verdi (1987-2001) ha portato a compimento la chiusura del nucleare, le leggi su rinnovabili e risparmio energetico, la legge sul bando dell’amianto. Presidente delle due prime Commissioni d’inchiesta sui rifiuti (“Ecomafie”): traffici illeciti nazionali e internazionali; waste connection (Ilaria Alpi e Miran Hrovatin); gestione delle scorie nucleari. Tra gli ispiratori della Green Economy, è stato a fianco della ribellione di Scanzano (2003) e consulente scientifico nelle azioni contro la centrale di Porto Tolle e il carbone dell’Enel (2011-14). Co-presidente del Decennio per l’Educazione allo Sviluppo Sostenibile dell’Unesco (2005-14). Tra i padri dell’ambientalismo scientifico, suo un modello teorico di “stato stazionario globale” (2020) (https://www.researchgate.net/profile/Massimo-Scalia)