L’attacco sferrato alla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), l’Agenzia scientifica che monitora i valori globali di Co2 in atmosfera e negli oceani. Davanti allo tsunami oscurantista di Trump e degli oligarchi al seguito, in tutta fretta scienziati e ricercatori cercano di mettere al sicuro i dati, come, nel Medioevo, i monaci custodivano in segreto le opere di filosofi e pensatori invisi alla Chiesa. Anche la scienza, dopo l’emarginazione della politica, deve essere eradicata dall’economia. Chi è eletto deve essere sciolto da qualunque vincolo, senza alcun bilanciamento dei poteri statali. Uscito in questi giorni, “Lo Stato del potere” di Carlo Iannello ci fa risalire alle cause della destrutturazione dello Stato ai tempi delle post-verità


◆ L’editoriale di IGOR STAGLIANÒ 

Sono entrati all’alba negli uffici dell’Agenzia scientifica federale che fornisce informazioni sugli indicatori della crisi climatica globale. Hanno chiesto che gli venissero consegnati tutti i dati raccolti dalla Noaa e forniti a centri di ricerca e istituzioni scientifiche di tutto il mondo. Di lì a poco il sito del National Oceanic and Atmospheric Administration è stato messo improvvisamente offline. L’irruzione è stata effettuata una settimana fa dai funzionari del Doge − il Dipartimento per l’efficienza del governo − chiamati da Elon Musk a tagliare la forza lavoro dell’amministrazione pubblica che il presidente degli Stati Uniti ritiene superflua se non ostile. E gli enti di ricerca sulla crisi climatica, va da sé, sono in cima alla lista dei nemici di Donald Trump. Gli occhi puntati sui combustibili fossili devono essere accecati subito per continuare ad estrarre gas e petrolio a terra, in mare, in tutto il globo terracqueo. Indisturbati e senza testimoni scientifici che ne documentino i danni per l’umanità intera.

Elon Musk (a destra di Donald Trump) e Vivek Ramaswamys (alla sua sinistra) a cui il presidente americano ha messo in mano le forbici del Doge, il Dipartimento per l’efficienza del governo degli Stati Uniti

Due mesi fa − sul Wall Street Journal − Musk e Vivek Ramaswamy (l’altro responsabile del Doge) avevano preannunciato di voler smantellare la legislazione amministrativa e sottomettere la statistica “ufficiale” agli indirizzi di Trump, ha sottolineato in un commento su Avvenire Enrico Giovannini. Il direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile (Asvis) ed ex ministro del governo Draghi ha ricordato in proposito la svolta neoliberista di Ronald Reagan negli Stati Uniti e Margaret Thatcher nel Regno Unito quarant’anni fa. La lady di ferro eliminò le statistiche sulla povertà con un argomento tranchant: “la riduzione della povertà non è un obiettivo del governo, non ha senso spendere soldi pubblici per rilevarne l’andamento”. Lo stesso fece Reagan ponendo il veto allo sviluppo delle statistiche ambientali all’interno dei conti nazionali.

Se possibile, quarant’anni dopo è anche peggio. La scienza deve essere eradicata dalle decisioni del potere politico. Chi è eletto deve essere sciolto da qualunque vincolo − fosse pure solo quello della ragionevolezza, se non della ragione −, senza alcun bilanciamento né dei poteri statali né delle evidenze scientifiche. È la pianificazione dell’oscurantismo neo feudale, l’esercizio bruto del potere dei soldi, la caduta finale di quel che Ezio Mauro − in un bell’articolo su Repubblica di ieri − ha definito il Codice occidentale degli ultimi ottant’anni. Con la cancellazione dagli archivi federali dei dati sulla crisi climatica, il negazionismo ha preso il potere a tutto campo e lo esercita col pugno di ferro come ha già fatto nella cancellazione del welfare e nella negazione dei diritti delle minoranze. Anche l’attacco frontale alla scienza è frutto della “democrazia autoritaria” ammannita quotidianamente da Trump per allargare il nazistico “spazio vitale” degli Stati Uniti all’intera America del Nord. Per essere preso sul serio, brandisce l’arma dei dazi davanti agli occhi increduli o atterriti delle vittime designate. Costi quel che costi.

Marsiglia, 5 febbraio 2025. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella in occasione della cerimonia di consegna dell’onorificenza accademica di Dottore Honoris Causa dall’Università di Aix-Marseille (foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Questo quadro neo feudale il Presidente Mattarella l’ha scolpito in modo magistrale proprio il 5 febbraio all’Università Aix-Marseille (nelle stesse ore in cui Musk a Washington stava facendo “accecare” i dati scientifici sulla crisi climatica): «L’Europa intende essere oggetto nella disputa internazionale, area in cui altri esercitino la loro influenza, o, invece, divenire soggetto di politica internazionale, nell’affermazione dei valori della propria civiltà? Può accettare di essere schiacciata tra oligarchie e autocrazie? Con, al massimo, la prospettiva di un “vassallaggio felice”. Bisogna scegliere: essere “protetti” oppure essere “protagonisti”?». Con una chiusa particolarmente pregnante per noi italiani: «L’Italia dei Comuni, nel XII e XIII secolo, suggestiva ma arroccata nella difesa delle identità di ciascuno, registrò l’impossibilità di divenire massa critica, di sopravvivere autonomamente e venne invasa, subì spartizione». 

La copertina dell’ultimo libro di Carlo Iannello, “Lo Stato del potere. Politica e diritto ai tempi della post-verità”, Meltemi

Se il tecno-feudalesimo ha potuto mettersi sotto i piedi il Codice occidentale, di cui scriveva ieri Ezio Mauro, dobbiamo chiederci come sia stato possibile non vederlo arrivare. Il potere assoluto consegnato alle piattaforme tecnologiche della Silicon Valley e dei Big Five è figlio della rivoluzione neoliberista avviata − come detto − da Reagan e Thatcher, innestata sulla crisi fiscale dello Stato degli anni Settanta, “reinterpretata” − questo è il punto politico − da Bill Clinton e Tony Blair (do you remember la “Terza via”?) negli anni Novanta del fatidico “secolo breve”. Sprigionando gli spiriti animali ancora domati dal costituzionalismo liberale e dal compromesso tra capitale e lavoro, l’enrichissez-vous di Clinton agli ex hippy californiani li ha sciolti da ogni vincolo e responsabilità legale e sociale. E ha dato vita alla nursery che ha allevato i nuovi feudatari della tecno-destra, i Musk di oggi e i Peter Thiel − la “PayPal Mafia” − dell’altro ieri, dopo la bolla finanziaria gonfiata dalle norme clintoniane che mescolarono risparmio bancario e speculazione finanziaria, deflagrata poi nella crisi dei mutui subprime del 2008.

Temi, problemi, inquietudini su cui si sofferma e scava in profondità il saggio di Carlo Iannello “Lo Stato del potere. Politica e diritto ai tempi della post-verità” mandato questi giorni in libreria dall’editore Meltemi (di cui abbiamo pubblicato qui la postfazione). Al centro il processo di emarginazione (e scomparsa) della politica ad opera dell’economia: «Lo Stato, destrutturato da decenni di politiche neoliberali, torna protagonista ma come mezzo per il perseguimento di finalità private. E le istituzioni pubbliche, svuotate di ogni effettivo potere politico, restano mere esecutrici di decisioni − vere e proprie pianificazioni economico-sociali − prese altrove». Da qui la domanda finale del saggio che spicca per sapienza scientifica, onestà intellettuale e passione civile: «Possiamo salvare la democrazia?». Facendo pagare le tasse ai ricchi, fa balenare Iannello: l’unica rivoluzione con una base sociale forse ancora mobilitabile, se ci si pensa bene. Domande – quelle del libro e quelle poste in Francia da Mattarella – che manco sfiorano la nostra destra al governo. A cui è sufficiente galleggiare sull’onda dello spirito del tempo e alla quale basta e avanza uno sconticino dell’imperatore squilibrato sui dazi del parmigiano reggiano. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Direttore - Da inviato speciale della Rai, ha lavorato per la redazione Speciali del Tg1 (Tv7 e Speciale Tg1) dal 2014 al 2020, per la trasmissione “Ambiente Italia” e il telegiornale scientifico "Leonardo" dal 1993 al 2016. Ha realizzato più di mille inchieste e reportage per tutte le testate giornalistiche del servizio pubblico radiotelevisivo, e ha firmato nove documentari trasmessi su Rai 1, l'ultimo "La spirale del clima" sulla crisi climatica e la pandemia.