Nella riorganizzazione del ministero della Transizione ecologica (Mite) si riapre la porta agli «impieghi pacifici dell’energia nucleare», nonostante due referendum popolari (a distanza di vent’anni l’uno dall’altro) abbiano sbarrato la strada all’uso di questa tecnologia, oramai residuale in tutto il mondo. Per il professor Massimo Scalia (presidente del Comitato scientifico per il decommissioning nucleare nel nostro paese), siamo davanti a «un flirt del ministro con l’energia atomica» di «natura oscura». A cui si aggiunge la «forte propensione del ministro a soddisfare i piani dell’Eni» con l’impianto di cattura della Co2 al largo di Ravenna


Il ministro dell Transizione ecologica Roberto Cingolani [credit Matteo Bazzi, Ansa]
ROMA, 30.7.2021 (Red) — Era un appuntamento atteso, l’incontro del ministro della Transizione ecologica con la Commissione istruzione del Senato. All’ordine del giorno della convocazione di Roberto Cingolani a Palazzo Madama mercoledì 28 luglio c’era l’impatto dei cambiamenti climatici sui beni culturali e il paesaggio. Incassato l’en plein mediatico col G20 di Napoli, Cingolani ha parlato di “paradosso della transizione”, dopo averci deliziato con l’espressione quantomeno maldestra dell’atteso «bagno di sangue», nel tentativo di fotografare le incertezze del sistema energetico e politico italiano davanti alla crisi climatica. 

Il titolare del dicastero ha fatto riferimento ai progetti francesi (di rilancio del nucleare di IV generazione) e tedeschi (di implementazione del gasdotto Nord Stream 2). Possibilità — sembra dire il ministro con una punta di rammarico che motiva il “paradosso” — impraticabili in Italia. A legger bene il nuovo regolamento del suo ministero (art. 5), Cingolani la porta agli «impieghi pacifici dell’energia nucleare» continua in verità a tenerla aperta, nonostante due referendum popolari (a distanza di vent’anni l’uno dall’altro) abbiano sbarrato la strada all’uso di questa tecnologia, oramai residuale in tutto il mondo. Persino in Francia, visto che l’apertura dell’impianto III plus di Areva a Flamanville — «il reattore del futuro» negli annunci di Edf — è stato rinviato per l’ennesima volta al 2022, con dieci anni di ritardo sulla tabella di marcia e i costi (al 2020) già quintuplicati.  

Decommissioning della centrale nucleare di Caorso

La presenza del nucleare nella riorganizzazione del ministero della Transizione ecologica (Mite) è stata criticata duramente dal presidente della Commissione scientifica sul decommisioning, lo smantellamento dell’eredità nucleare italiana. Per il professor Massimo Scalia, siamo davanti a «un flirt del ministro con l’energia atomica» di «natura oscura». Secondo Scalia, con l’articolo 5 del regolamento che riguarda il Dipartimento energia del Mite, «si compie un salto all’indietro di oltre quarant’anni, un tuffo nella giovinezza, se non si rabbrividisse davanti ai fantasmi del passato». «Incurante — aggiunge l’emerito fisico matematico della Sapienza — che l’inserimento del nucleare nella tassonomia green dell’Unione europea sia oggetto discusso da tempo e a tutt’oggi non approvato». 

Né si capisce — aggiunge Scalia — l’«esibita, a più riprese, passione del ministro Cingolani per il Ccs (Carbon capture sequestration), che trova la sua ‘santificazione’ al punto e) dell’articolo 13 del Regolamento di riorganizzazione del ministero». Il riferimento è alla «forte propensione del ministro a soddisfare i piani dell’Eni» con l’impianto di cattura della Co2 al largo di Ravenna. Nell’audizione al Senato, il ministro Cingolani ha anche delineato un’accelerazione sulle energie rinnovabili, in primo luogo l’idroelettrico, aprendo all’eolico off-shore, con impianti galleggianti oltre le 12 miglia dalla costa, ed evitando «la ‘fotovoltaicizzazione’ selvaggia, che sarebbe un errore gravissimo». E qui, finalmente, ci siamo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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