Colpisce, anche se c’è solo un indizio (i commenti nei social) la gloria effimera del film d’esordio (come regista) di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani” che pure sta facendo buoni ascolti ora che è in streaming. Il film al cinema – con 36 milioni al botteghino – è tra i dieci maggiori incassi di sempre in Italia, tra i primi 5 per una produzione nazionale. Il confronto con “Il Sol dell’Avvenire” di Nanni Moretti, per diversi motivi, è immediato. Sono tante le analogie, di cui una addirittura sorprendente, ed è il finale da “Quarto Stato” di entrambi. Ma parteggiare per l’uno non significa affatto apprezzare l’altro


◆ Il commento di MAURIZIO MENICUCCI

Scene finali a confronto tra “C’è ancora domani” (in alto) e “Il sol dell’Avvenire” (in basso)

A quasi sei mesi dall’uscita in sala, ‘C’è ancora domani’, il film che ha segnato l’esordio in regia di Paola Cortellesi – e del quale lei è pure protagonista – continua a incuriosire anche sui canali in streaming. Uso di proposito il termine incuriosire, perché, poi, i commenti che girano sul web sono molto più negativi delle recensioni, professionali e amatoriali, che Cortellesi aveva raccolto all’inizio. Anche dando per scontato il fatto che i social finiscono sempre per aggregare pareri dello stesso segno, in cerca di conforto reciproco, l’indizio, pur ambiguo, di una gloria così effimera, mi colpisce. 

Ora, io credo che l’elemento dirimente della questione, intendo tra il partito di quelli che apprezzano il film della Cortellesi, tra i quali m’iscrivo, e coloro ai quali non solo non piace, ma, chissà perché, lo prendono come un insulto alla propria intelligenza – e qui, senza offesa, invocherei l’intervento di uno psicologo – consista nell’aver visto, o meno, l’ultimo di Nanni Moretti, ‘il Sol dell’Avvenire’, uscito esattamente un anno fa. Parlo, dunque, in nome dei primi, cercando di motivare il ‘mi piace’ sulla base delle analogie naturali tra i due.

Molte cose, e spero che su questo siamo tutti d’accordo, accomunano l’ennesima opera morettiana e la prima della Cortellesi, tanto da far sorgere il dubbio che l’allieva abbia perfidamente individuato la vulnerabilità del maestro, facilitando in vari modi un confronto di temi, situazioni e ispirazioni che sapeva di poter vincere a mani basse. Se volessi citare uno di questi elementi comuni alle due pellicole, parlerei, ovviamente, del ruolo salvifico affidato alla donna in un mondo che, declinato al maschile, si dimostra sempre cattivo, stupido e opprimente: dal punto di vista (anche) fisico, nelle fasce più popolari (Cortellesi), dal punto di vista (anche) psicologico, in quelle colte (Moretti). Sorprende, inoltre, che l’uno e l’altro film si chiudano con una sorta di ‘quarto stato: lì, degli artisti che sfilano contro il vecchio/nuovo fascismo; qui, delle donne che votano per la prima volta. 

I due registi/protagonisti (Cortellesi-Moretti) sul set dei rispettivi film

A dispetto delle monodiche lodi raccolte dal ‘Sol dell’Avvenire’, indizio rivelatore di una sinistra che, parafrasando il Moretti di momenti molto migliori, a tutto riesce, tranne avere il coraggio di dir qualcosa che possa lontanamente parere non di sinistra, il film, volendo bene all’autore, merita il peggiore dei voti possibili. E aggiungo subito che dalla bocciatura non lo salva l’impudica esposizione del proprio proverbiale, pachidermico ego, espediente cui il regista-protagonista si aggrappa ancora una volta, mai però così invano, per evitare il naufragio. Accade anche ai mostri sacri, di riuscire più mostruosi che sacri: il ‘Sol dell’Avvenire’, storia che si avvita su stessa come uno scafo senza vento e senza vela di un regista comunista in crisi politica, professionale e matrimoniale nell’Italia del 1956, è talmente povero di idee, contorto e inconcludente, che ‘C’è ancora domani’ esce dal confronto come il vero ‘Sol dell’Avvenire’.

Cortellesi ha il pregio di non menare il can per l’aia: va diritta allo scopo, la vendetta contro i maschi di famiglia, che dal livello personale trasferisce facilmente a quella di genere, ha una trama, la dissimula con qualche espediente forse ingenuo, ma tutto sommato sufficiente a renderla meno prevedibile, e trova qualche soluzione originale nella scrittura, come il ‘Tango delle botte nere’, che sarà anche uno sconto alla verità della Storia al femminile, ma almeno prova a uscire da quel neorealismo che in effetti sembra talvolta un po’ ingabbiare il film, ma, non di meno, è la sua cifra. 

Quanto all’essere attoniti: Moretti ormai ci ha abituati, è una mutria tipica del suo irrisolto maschilismo intellettuale, dal quale, una volta o l’altra, potrebbe anche tentare di dispensarci, magari per interposto protagonista (non Orlando, che è il suo alter ego balbettante). Cortellesi, invece, quell’essere attonita lo indossa con la fissità quasi sempre efficace della donna indurita dalla violenza domestica, sebbene con qualche incertezza nei nuovi panni drammatici, dopo aver tanto lavorato su figure più parodistiche.

Concludo: anche se è ovvio che a farlo non siano le stesse persone, mi sembra veramente bizzarro un mondo che martella Cortellesi e acclama Nanni Moretti. A me Paola nei panni di Delia è piaciuta. Spero di non rivederla mai più, nemmeno nei peggiori incubi, in un nuovo remake, purtroppo se ne parla, del gatto sulla statale, o come diavolo si chiamava quell’orrore con Albanese. Allora, molto meglio sperare in: ‘C’è ancora dopodomani’. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Inviato speciale per il telegiornale scientifico e tecnologico Leonardo e per i programmi Ambiente Italia e Mediterraneo della Rai, ha firmato reportage in Italia e all’estero, e ha lavorato per La Stampa, L’Europeo, Panorama, spaziando tra tecnologia, ambiente, scienze naturali, medicina, archeologia e paleoantropologia. Appassionato di mare, ha realizzato numerosi servizi subacquei per la Rai e per altre testate.