Salvatore Rebecchini è il sindaco di Roma che, nel dopoguerra, ha guidato la città più a lungo (quasi nove anni, fino all’estate del 1956). Durante la sua amministrazione venne approvato il nuovo Piano regolatore che sostituì quello del 1931, varato in pieno ventennio fascista. Un Piano regolatore che segnò – tra le contestazioni degli ambientalisti e della sinistra – la grande espansione edilizia della Capitale. La scelta sul nome di Rebecchini, democristiano di destra, avvenne nonostante De Gasperi. Allora non c’era l’elezione diretta del primo cittadino, e Rebecchini – dopo una breve esperienza di pochi giorni – fu eletto nel suo vero primo mandato con il voto decisivo dei consiglieri comunali neofascisti del Movimento sociale italiano. Nella Giunta, con i democristiani, furono eletti esponenti del Partito liberale e del Fronte dell’Uomo qualunque. Ripartiva il nuovo sacco di Roma


◆ L’articolo di VITTORIO EMILIANI

Dopo il governo del Clnai (Comitato di Liberazione Alta Italia) presieduto da Ferruccio Parri (nella Resistenza, il comandante Maurizio), fatto cadere essenzialmente dalla Dc con la connivenza del Pci togliattiano, si insediò il primo governo De Gasperi che tuttavia non incontrava i favori del Vaticano e dello stesso papa Pacelli. Quest’ultimo operò per un’alleanza della Dc con le destre a partire dalle elezioni per il Comune di Roma. Candidato Salvatore Rebecchini strettamente collegato agli immobiliaristi romani fra cui spiccava la Immobiliare Roma con una dominanza vaticana. Del resto il più grande proprietario di aree a Roma era proprio il Vaticano con le Opere pie e di religione. Ne feci poi oggetto di un mio libro uscito da Einaudi, nella collana diretta da Corrado Stajano, nel quale dedicavo un corposo capitolo alle Opere Pie seguendo il motto popolare romanesco “Opera Pia, opera piglia”.

Qui in alto, Alcide De Gasperi; sotto il titolo, Borgata Gordiani anni Sessanta del Novecento e, più in basso, Salvatore Rebecchini sindaco di Roma negli anni Cinquanta

Con don Luigi Sturzo tornato dall’esilio antifascista con forti pulsioni restauratrici (lui che era stato liberista) il Vaticano difese a oltranza questi centri di potere della assistenza e beneficenza pubblica venendo tuttavia sconfitto, almeno in un primo tempo, da una riforma bollata come laicista. Lo stesso De Gasperi formatosi nel clima riformatore dell’Impero austroungarico di Francesco Giuseppe venne accusato di assecondare quella “spoliazione” e ne fu amareggiato fino a morirne nell’estate del 1954.

Prima si era verificato un episodio assai sgradevole sotto casa di De Gasperi. La Dc aveva infatti promosso sotto la spinta di don Sturzo un listone per le amministrative romane con monarchici e neofascisti e De Gasperi si era inutilmente opposto. Sindaco sarebbbe stato Rebecchini favorevole alla potente lobby dei costruttori in cui spiccava l’Immobiliare Roma con una tradizionale e ben radicata componente vaticana. Si giunse ad un vero e proprio alterco sotto casa di De Gasperi con insulti e ingiurie delle più spiacevoli. Episodio confermato poi in un libro di memorie della figlia di Alcide De Gasperi, Francesca Romana.

Il listone vinse la competizione elettorale e diede inizio ad un nuovo sacco di Roma durato fino a metà degli anni Settanta. Gli anni fra l’altro delle Olimpiadi di Roma (1960) per le quali la speculazione edilizia e immobiliare banchettò su tutta l’area metropolitana di Roma e non solo. Speculazione documentata dal “Mondo”, dall'”Espresso”, da “Comunità”, ma avallata di fatto dai principali organi di stampa nazionali. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.