La locandina del film di Claudio Bisio (opera prima) con la sceneggiatura di Fabio Bonifacci, tratto dal libro omonimo di Fabio Bartolomei

Legati dal “patto dello sputo” fra le strade di una Roma bombardata e affamata, tre bambini si incamminano lungo i binari della ferrovia per raggiungere il loro quarto amico deportato in Germania. Ai loro occhi tutto sembra una grande avventura, una occasione per dimenticare i problemi e la paura. Soltanto alla fine arriva, a caro prezzo, la consapevolezza


◆ La recensione di BATTISTA GARDONCINI *

Operazione irta di pericoli, ma tutto sommato riuscita, l’esordio del comico e presentatore Claudio Bisio dietro la macchina da presa per “L’ultima volta che siamo stati bambini”. Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Fabio Bartolomei, è ambientato nella tarda estate del 1943. Quattro bambini, Cosimo, Italo, Vanda e Riccardo, si incontrano nelle strade di una Roma bombardata e affamata e stringono un “patto di sputo” per suggellare la loro amicizia. Cosimo è figlio di un confinato, Italo di un gerarca fascista – interpretato in un cameo dallo stesso Bisio – Vanda è orfana e vive in un istituto. Riccardo è ebreo, e viene deportato con la famiglia. Gli altri tre decidono di raggiungerlo in Germania per salvarlo, e si incamminano lungo i binari della ferrovia. Sulle loro tracce si mettono il fratello di Italo Vittorio, militare in convalescenza, e Suor Agnese, che nell’istituto è diventata amica e confidente di Vanda.

Il viaggio parallelo dei due gruppi mostra uno spaccato di un paese diviso, con gli edifici sventrati dalle bombe, i morti abbandonati in strada, la povertà e la fame. Ma agli occhi innocenti dei tre bambini tutto sembra una grande avventura, una occasione per dimenticare i problemi e la paura. Soltanto alla fine arriva, a caro prezzo, la consapevolezza.

Bisio ha mostrato un buon mestiere nel dirigere i quattro giovanissimi attori – Vincenzo Sebastiani, Alessio Di Domenicoantonio, Carlotta De Leonardis e Lorenzo Mc Govern – e non gigioneggia come a volte gli accade quando è sul palcoscenico. Apprezzabile è anche lo sforzo, condiviso con lo sceneggiatore Fabio Bonifacci, di evitare la trappola dell’artificioso, sempre presente quando si scelgono toni leggeri per affrontare argomenti come la guerra e le persecuzioni razziali. A volte non ci riesce, ma il risultato è un film godibile, che il pubblico, a giudicare dai risultati al botteghino, sembra apprezzare. © RIPRODUZIONE RISERVATA

(*) L’autore dirige oltreilponte.org

Giornalista, già responsabile del telegiornale scientifico Leonardo su Rai 3. Ha due figlie, tre nipoti e un cane. Ama la vela, la montagna e gli scacchi. Cerca di mantenersi in funzione come le vecchie macchine fotografiche analogiche che colleziona, e dopo la pensione continua ad occuparsi di scienza, politica e cultura sul blog “Oltreilponte.org”.