Con il progredire della medicina, molte delle malattie che portavano a morte i bambini geneticamente diversi, sono state debellate e ora possiamo curarle, permettendo la sopravvivenza di migliaia di bambini. Un “test al portatore” può mettere tutte le coppie davanti alle scelte consapevoli sulla procreazione di bimbi predisposti a malattie genetiche. Attorno a loro l’indifferenza è generalizzata, finché non si è toccati direttamente. E le cifre sono incerte, a causa dei sistemi di raccolta dati. «Se i portatori di disabilità genetiche avessero un peso politico, sarebbero il più grande partito europeo. Invece vivono misconosciuti in silenzio, grati di poter vivere, senza proteste o rimpianti, almeno apparentemente». Di seguito la storia di Olly e la scoperta della sua malattia (aveva 18 mesi) che ha cambiato la vita di chi le sta vicino, raccontata dalla mamma medico

(credit Vanity Fair)

◆ Il racconto di LUCIA GIULIA PIAZZA 

Si calcola che in Europa ci siano circa 30 milioni di malati con malattie genetiche rare; in Italia oltre 1 milione: di questi il 70% sono bambini. La maggior parte destinati a morire prima dei 5 anni. Questo almeno succedeva negli anni passati e continua a succedere nel terzo mondo. Ma in Europa le terapie ne hanno ridotto la mortalità: in Italia sotto i 5 anni muoiono circa 1000 bambini/anno, 300 per malattie genetiche: a cosa è dovuta una diminuzione così drastica? Le malattie genetiche non sono malattie, sono condizioni genetiche che predispongono a malattie. Con il progredire della medicina, molte delle malattie che portavano a morte i bambini geneticamente diversi, sono state debellate e ora possiamo curarle, permettendo la sopravvivenza di questi bambini. Cioè le malattie genetiche non sono diminuite, si è solo allungata l’aspettativa di vita di chi ne è affetto, con un prolungarsi nel tempo delle sofferenze sue e di chi se ne fa carico.

(credit Lega del Filo d’oro)

Una persona intorno a noi ogni 60 ha una malattia genetica rara ma non ce ne accorgiamo: questi malati hanno una vita particolare parallela, che difficilmente si incrocia con la nostra. Quando ne incontriamo uno, generalmente proviamo pietà, ma anche  indifferenza o fastidio, o disgusto e pensiamo che il problema per fortuna non ci riguarda. Ma non è vero. Tutte le coppie hanno la stessa probabilità di avere un figlio malato. Solo il test al portatore potrà distinguere le coppie in base al loro corredo genetico. Se i portatori di disabilità genetiche avessero un peso politico, sarebbero il più grande partito europeo. Invece vivono misconosciuti in silenzio, grati di poter vivere, senza proteste o rimpianti, almeno apparentemente. Esistono diversi enti che si occupano di raccogliere fondi per la ricerca, gettando un po’ di luce su un mondo altrimenti in ombra. La Maratona di Telethon è l’unico momento in cui tutti ci rendiamo conto che le malattie genetiche esistono (e ci sentiamo buoni e generosi: aiutando la ricerca miglioreremo la vita di tanti malati!).

Ma il punto è questo: stiamo parlando di malattie, un concetto astratto, su cui si può discutere e pontificare. I malati anche qui non ci sono. Si parla di ricerca, di cure, di risultati, tutte cose belle e gratificanti. E poi ci sono i malati, con la loro sofferenza quotidiana, le terapie, le visite mediche, i ricoveri ospedalieri, le protesi, gli ausili ortopedici, l’impossibilità di fare quello che fanno gli altri, l’umiliazione di dover essere sempre aiutati, accuditi. La tragedia dei familiari e caregivers che vivono accanto a loro mimetizzati, incapaci di far conoscere la loro croce, sembrano non far parte del gioco, mentre in realtà sono loro il punto cruciale. Senza saperlo viviamo con indifferenza, accanto a persone sofferenti. A ben pensarci, conosciamo qualcuno che ha un nipote, un cugino, un amico con una malattia genetica grave. All’improvviso ci rendiamo conto che la malattia  genetica non è un problema degli altri, ma anche nostro, e che dobbiamo adoperarci perché questa piaga si allontani, sparisca.

Le informazioni che arrivano agli italiani, sono contraddittorie incomplete, spesso politicizzate. Esistono centinaia di enti statali e non che si occupano di raccogliere dati e migliorare la vita di questi pazienti. Purtroppo si sviluppa un vero business intorno alla sofferenza: basti pensare che Telethon, che rappresenta una  eccellenza, dedica il 70% dei soldi raccolti ai malati, il resto serve per mandare avanti la società. Non esiste in Italia una raccolta dati univoca per le malattie genetiche, i dati raccolti, se incompleti, non vengono accettati dai computer: pertanto sono al di sotto del reale. L’iter normale, quando un pediatra viene in contatto con un bambino che sospetta abbia una malattia genetica, deve informarne la Asl che se ne farà carico, e fatta la diagnosi, invierà i dati al centro di riferimento per le malattie rare, che a sua volta ne informa la Regione, dove vengono compilati i registri regionali. Tutti questi passaggi, non sono automatici, ma affidati alla solerzia degli impiegati che raccolgono dati secondo direttive diverse. L’unico dato certo, che comporta una spesa e quindi accuratamente registrato: nel 2017, 329.000 pazienti con Malattie Rare (Mr) risultavano usufruire del Lea, Livello Essenziale di Assistenza. Decine di Mr aspettano la delibera che li porterà al Lea: l’ultimo ingresso risale al 2017.

Illustrazione del Fetal placental Dna: Test Nipt (Non Invasive Prenatal Test)

Per fare una prevenzione efficace i mezzi ci sono. Esiste un test a pagamento (Nipt – il Non Invasive Prenatal Test) 700 euro circa che è in grado di diagnosticare gran parte delle malattie genetiche in gravidanza. Ma ormai siamo in grado di predire se una coppia corre il rischio di avere un bambino geneticamente malato e, se necessario, la fecondazione medicalmente assistita renderà possibile una gravidanza sicura. I laboratori attrezzati ci sono, ma purtroppo pochissime coppie vi ricorrono, in parte per il costo, in parte per ignoranza, in parte perché pensa che il problema non la riguardi. Non è vero: nascono 25.000 bambini malformati; di questi circa 8.000 hanno malattie genetiche: il dramma è che con opportuni esami le gravidanze a rischio avrebbero potuto essere evitate.

Già venti anni fa Craig Venter, uno scienziato del Progetto Genoma, aveva pronosticato: “entro due anni le malattie genetiche saranno sconfitte”. Non si è fatto quasi nulla per realizzare il suo sogno. La mancanza della volontà politica, la disorganizzazione, l’ignoranza hanno permesso che le malattie genetiche continuassero indisturbate il loro corso, incrociandosi sempre più spesso con l’aumentare della popolazione che viaggia per il mondo. Si fanno riunioni, si organizzano eventi, teoricamente si fanno moltissimi programmi, ma non si stanziano soldi. 50 milioni di euro sono dedicati al piano triennale da spendere nei primi due anni. Come già è accaduto per il Covid, la politica, la scuola, la sanità, la stampa, tutti i mezzi di comunicazione, la Chiesa possono costituire un sistema di informazione efficiente e fare in modo che tutti si rendano conto dell’importanza del test al portatore. Soprattutto l’informazione deve arrivare alle coppie che hanno intenzione di mettere al mondo un bambino: sappiano che c’è la possibilità di sapere se corrono dei rischi, o se il loro bambino non soffrirà per una malattia genetica. In caso affermativo si comporteranno secondo la propria coscienza: corrono il rischio, praticano l’astinenza o ricorrono alla fecondazione assistita.

Convivo con una bimba portatrice di una malattia genetica rara: è una bimba bellissima, piena di vita, di fantasia, che affronta le difficoltà della vita con naturalezza: risolve i problemi man mano che si presentano, come ogni altro bambino. Si rende conto di essere diversa, e la cosa sembra che cominci a pesarle, ma la sopporta con grazia. La scoperta della sua malattia (aveva 18 mesi) ha cambiato la vita di chi le sta vicino. E lentamente abbiamo scoperto questo mondo parallelo, fatto di persone, soprattutto bambini, geneticamente diversi. Tutti siamo geneticamente diversi, colore dei capelli degli occhi della pelle l’altezza i tratti del viso sono frutto di una combinazione genetica specifica per ciascun individuo; purtroppo nei portatori di malattie genetiche la combinazione dà origine a un organismo programmato per sviluppare delle anomalie, talvolta invalidanti. Questa bimba non è nata malata: non è portatrice di una malattia genetica, che semanticamente la colloca in una categoria di persone che hanno perso la salute per una causa esterna. Olivia è nata con un patrimonio genetico che ha determinato col passare del tempo dei disturbi motori che vanno progressivamente aggravandosi. La causa dei suoi disturbi non è una malattia, ma è la sua stessa natura che fa il suo corso, come non sono una malattia i capelli bianchi o le rughe.

Ancora non esiste una medicina in grado di correggere questa combinazione rara che la natura ha fatto nel comporre il genoma di Olivia, dimenticandone un pezzettino! Se pensiamo alla complessità biochimica di ogni singolo gene, dovremmo ringraziare Dio ogni momento per la meravigliosa combinazione di molecole che dà origine a un essere umano. L’errore di Olivia è poca cosa, ma per lei è la vita. Già in pochi mesi, il lento sviluppo della sua disabilità ha modificato il suo modo di vivere: cercava continuamente gli altri bimbi, ai giardini faceva in compagnia tutti i giochi che erano a disposizione. Un po’ per volta si è resa conto che doveva giocare da sola. Non so quanto questo abbia influito sul suo carattere, ma certamente si è verificato un cambiamento drastico. È sempre una bimba allegra, solare pronta alla risata, a partecipare ai giochi adatti a lei, e senza apparente rammarico non partecipa ai giochi che non sono alla sua portata. È solo l’inizio di una vita fatta di silenzi e rinunce, che rende pressoché invisibili e muti i milioni di portatori di malattie genetiche che invece vivono una vita parallela, guardati con compassione, talvolta con sufficienza, o ribrezzo, grati di poter vivere, senza proteste o rimpianti, almeno apparentemente.

(credit Telethon-Sterilfarma)

Olly è una bambina felice. Parla con difficoltà. ma ha un sorriso espressivo, comunicativo: quando ti guarda con gli occhi ridenti, la bocca semichiusa al sorriso, subito capisci se vuole comunicarti una buona notizia un evento allegro o triste; se è indecisa, se si aspetta che le confidi un segreto, se ha fatto una conquista. Altre volte ha una risata franca, fragorosa perché vede una palla che rimbalza o un gatto che rincorre un gomitolo. E ride se le fanno il solletico, ride perché le piace, ma si contorce e si difende con atteggiamenti invitanti e di ritrosia, lasciandoci allegri e spossati. Praticamente però Olivia è una bimba malata. Si sta abituando ad andare in ospedale per i controlli, a fare fisioterapia, logopedia, nuoto, a prendere le medicine e dovrà ancora abituarsi a tante altre piccole differenze del suo modo di vivere diverso dagli altri. Come lei in Italia e nel mondo ci sono tanti esseri umani che vivono una vita di rinunce e confronti, speranze e disperazioni. Insieme si può provare a cambiare, ma occorre impegno e la voglia di mettersi in gioco. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Per saperne di più: Osservatorio delle malattie rare del ministero della Sanità; Orphanet; Eu Commission; Registro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss); www.malattierare.gov.it; Eurordis   

Laureata a Torino in Medicina e Chirurgia nel 1961, si è sempre occupata di ricerca e di assistenza, prima come assistente universitaria, poi come primario di Anestesia e Rianimazione. Ha istituito il primo servizio di Elisoccorso in Piemonte