C’è un libro “L’imbroglio. Storia dell’alta velocità al Sud”, uscito recentemente, rimasto fuori dai riflettori nonostante racconti, in modo documentato, il peso ambientale ed economico del progetto ferroviario di alta velocità nella tratta che va da Salerno a Reggio Calabria. L’autore è Franco Maldonato, un avvocato di Sapri, e in questa intervista indica quali interessi sarebbero in gioco, quali gli sprechi e le aggressioni ambientali come conseguenza di questa imponente e costosa infrastruttura. Il percorso sarà più lungo di 58 km rispetto al tracciato più logico, che avrebbe dovuto seguire le pianura che accompagna la costa. Invece si è preferito un tracciato interno, che scavalca colline e montagne, oppure le sventra, tra gallerie, ponti, brutali passaggi dentro aree naturali protette. Un atto d’accusa circostanziato, secondo il quale non ci sono giustificazioni di interesse pubblico, ambientale, economico, per seguire la strada degli sprechi. E il costo? Lieviterà fino a trenta miliardi di euro, quando i finanziamenti del Pnrr per questa infrastruttura si fermano a 4,5 miliardi, cioè a meno di un sesto della spesa complessiva
L’intervsita di FABIO BALOCCO con FRANCO MALDONATO, avvocato
FRANCO MALDONATO È un noto avvocato di Sapri (SA). Egli ha di recente pubblicato un interessante libro “L’imbroglio. Storia dell’alta velocità al sud”. Il saggio parla, numeri alla mano, della prevista linea AV Salerno-Reggio Calabria, al cui confronto il Tav Torino-Lione si riduce a una barzelletta. Lo abbiamo intervistato, visto che dell’opera, nonostante la sua mostruosità, non si parla.
— Innanzitutto, tu sei un avvocato libero professionista: perché ti sei dedicato a studiare e a scrivere della nuova linea ferroviaria Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria?
«Perché prima di difendere le ragioni dei miei clienti, difendo le ragioni della mia Patria! Questo progetto distruggerà il sembiante del Mezzogiorno, senza concorrere a ripianare lo storico divario e a colmare le sperequazioni territoriali, che sono uno dei motivi per cui ci sono stati assegnati i fondi del Pnrr. Per converso, gli stessi fondi saranno oggetto di uno spreco plateale e le risorse finanziarie che si renderanno ulteriormente necessarie si trasformeranno in un debito aggiuntivo per le nuove generazioni, a dispetto del Next Generation E.U. Un paradosso? Non tanto. Schopenauer amava dire che ‘la verità nasce come paradosso e muore come ovvietà».
— Partiamo dal presupposto che effettivamente le linee ferroviarie nel Sud Italia sono deficitarie. In particolare la linea tirrenica che corre appunto da Salerno a Reggio necessita di migliorie ed il Parlamento si espresse chiaramente sul punto. Ci ricordi cosa disse?
«Con il Programma Nazionale di Riforma contenuto nel Def (Documento di Economia e Finanza) per il 2020, presentato dal Conte 2, il Parlamento nazionale approvò il 21 luglio 2020 un allegato (‘L’Italia resiliente progetta il futuro: nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture’) in cui si diceva testualmente “…. occorre realizzare interventi sulle linee esistenti e l’aggiornamento tecnologico della rete piuttosto che nuove linee AV/AC, eccessivamente onerose”. Il 9 dicembre 2020, l’Unione Europea adottò il famoso European Green Deal, in cui al capitolo denominato “Strategia per la mobilità intelligente e sostenibile”, si legge che le principali linee ferroviarie TEN-T per il trasporto di passeggeri dovranno consentire ai treni di circolare a velocità pari o superiori a 160 km/h entro il 2040, creando così collegamenti ferroviari ad Alta velocità competitivi in tutta l’Unione, fissando così obbiettivi già in gran parte conseguiti e, per le residue parti, facilmente conseguibili. Nel marzo 2021, la stessa Italferr SpA (partecipata al 100% da Rfi SpA), nel documento di fattibilità delle alternative progettuali, continuava a dare atto che “la linea storica necessita soltanto di adeguamento, che fino ad Ogliastro presenta livelli prestazionali adeguati e solo da Sapri a Reggio Calabria si pone la necessità della velocizzazione”. E il costo di tale adeguamento veniva anche quantificato: appena 4 miliardi!».

— Nonostante questi pronunciamenti, Rfi ha presentato il tracciato di una nuova linea che invece di correre lungo la costa, corre nell’interno, con un percorso decisamente più lungo. Ti chiedo: quali i costi ambientali? e quale la differenza di costi e di tempi nella realizzazione si possono ipotizzare per i due tracciati? E quale il risparmio ipotizzato per quanto riguarda i tempi di percorrenza?
«Il 5 maggio 2021, il governo Draghi pubblica sul sito della Presidenza del Consiglio il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), in cui vengono sovvertite le indicazioni del Parlamento e dell’Unione Europea e recepite le proposte di Rfi. Viene così abbandonata la linea costiera in favore di un tracciato montano, più lungo di 58 km, che, per essere realizzato, comporterà l’attraversamento di una Riserva Naturalistica di rango internazionale, le zone immediatamente contigue al Parco nazionale del Cilento e lo sventramento di altri due Parchi nazionali, quello dell’Appennino Lucano e quello del Pollino. Il costo ambientale è insito nella natura dei siti interessati, a fronte della prospettiva di un risparmio sui tempi irrisorio, se si tiene conto che il tracciato sarà più lungo, si inerpicherà fra le montagne e dovrà vincere notevoli dislivelli: gli stessi dislivelli che indussero il Regno Unito d’Italia, nel 1878, a scegliere la linea costiera, scartando come meno vantaggioso sotto tutti i profili il percorso interno. Quando la storia viene dimenticata! Quanto ai costi di realizzazione, a moneta attuale la linea costerà 22 miliardi che lieviteranno a oltre 30. Di questi solo 4,5 deriveranno dal Pnrr, il resto sarà a carico del bilancio statale. Il tutto con l’obbiettivo immaginifico di risparmiare un’ora di tempo, che in realtà è tutta da dimostrare».
— Un’altra singolarità è costituita dal fatto che il proponente l’opera è anche chi appalta i lavori e altresì chi fa la valutazione costi-benefici…
«Per far passare questo scempio, avevano bisogno di concentrare in un’unica figura il controllo di tutte le fasi: progettazione, aggiudicazione ed esecuzione dell’opera. In tal modo la Direttrice Generale di Rfi, soggetto proponente, è divenuta Amministratrice Delegata, come tale stazione appaltante, e poi Commissario Straordinario di Governo per l’esecuzione dell’opera. Quando si dice il conflitto di interessi… Forte di questa vera e propria franchigia, Rfi ha pensato di poter fare tutto da sé, anche l’analisi costi benefici, che così è stata espletata dal soggetto proponente anziché essere demandata ad una Autorità indipendente. Se, per contro, si fossero rispettati i principi basilari, ci si sarebbe ben presto accorti che l’opera comporterà una riduzione del benessere collettivo di almeno 12 miliardi, così come quantificato da uno studio di BRT, noto istituto di ricerca sulle opere pubbliche (di cui fanno parte Marco Ponti, Giorgio Ragazzi, Francesco Ramella e Paolo Beria, che sono più volte intervenuti proprio sulla Salerno-Reggio)».

— Si è calcolato quanta emissione di Co2 comporterà realizzare la nuova linea?
«L’Europa ci chiedeva di decarbonizzare e loro hanno progettato un percorso più lungo, fatto di 160 km di gallerie (su 434 km di tratta), viadotti, ponti e innumerevoli opere d’arte che sarà possibile realizzare solo stuprando colline e montagne per cavare rocce, sabbia e inerti per milioni e milioni di mc (18 solo per i 35 km della tratta Battipaglia-Romagnano), con una produzione di Co2 che potrà essere smaltita soltanto fra 50 anni».
— Ce lo chiede l’Europa?
«L’Europa ci chiedeva connettività e loro l’hanno tradotta in velocità. Che, come il Pil, può misurare tutto e in breve, tranne le cose per le quali la vita è degna di essere vissuta. Ciò nondimeno la velocità continua a sedurre. E talvolta a ingannare. E ad essere utilizzata per ingannare. Com’è accaduto con il progetto dell’Alta Velocità al Sud.
«L’Europa ci chiedeva di secondare la transizione ecologica e di scrutinare i progetti secondo i criteri della Valutazione Ambientale Strategica (VAS), ma loro hanno aggirato la legge riducendo il progetto ad un indigeribile spezzatino.
«L’Europa ci chiedeva di rispettare la mappa del corridoio scandinavo-mediterraneo (deliberato sin dal 2013) e loro hanno studiato un altro percorso, che la storia aveva già bocciato nel 1878 e che la politica aveva scartato fino al 2020, perché più pericoloso sotto il profilo idrogeologico e sismogenetico.
«L’Europa ci chiedeva di infrastrutturare il Mezzogiorno per avvicinarlo al resto d’Italia (e d’Europa) e loro hanno pensato ad un altro collegamento lineare, lasciando ancora una volta fuori dalla trama delle relazioni su rotaia la più antica città del mondo, Matera, fondata 12mila anni fa, già inserita nei siti appartenenti al Patrimonio Universale dell’Umanità e gratificata del riconoscimento di Capitale europea della cultura. E, come Matera, le altre zone interne del Sud, che possono esser espunte dall’isolamento con una serie di bretelle e di collegamenti agili, invece di pensare a spingere il treno a 300 km orari».

— “Questa linea in realtà sarà ancora meno utile del ponte, per euro pubblico speso. Ma per entrambe le opere, la netta impressione è che si tratti di soldi destinati a comprar voti, molto più che a far crescere il Mezzogiorno, che di cose molto diverse avrebbe bisogno”: direi che questa tua citazione dal libro riassume bene il perché dell’opera…
«Se tu vuoi la prova che l’opera è stata pensata esclusivamente per alimentare gli appetiti delle consorterie politico-affaristiche (e non solo!), basterà considerare — in disparte il prolungamento del percorso e il suo instradamento fra le montagne — che sono arrivati al punto da inventarsi una linea AV/AC, cioè passeggeri e merci sulla stessa infrastruttura, che non ha precedenti non solo in Italia ma nemmeno nei Paesi ove l’Alta velocità si esercita da tempo (a cominciare dal Giappone, ove è stata sperimentata per la prima volta)».
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