Anche a un anno dalla scomparsa di uno dei leader principali del movimento ambientalista italiano, perdura un silenzio assordante, sia nel giornalismo mainstream che nella politica. Eppure, come ha ricordato alla Camera dei deputati nell’anniversario della sua morte il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, «Scalia, con Gianni Mattioli, ha dato radici profonde all’ambientalismo scientifico nel nostro Paese». Sue sono state le intuizioni sulle potenzialità dell’energia solare, quando a metà degli anni Ottanta i pannelli fotovoltaici sembravano una bizzarria stravagante. O quando si è battuto, con successo, per mettere al bando l’amianto. E, sopratutto, quando ha battuto in due referendum successivi — nel 1987 e nel 2011 — i nostalgici delle centrali nucleari, tornati ora alla carica contando sulla memoria corta della politica e del giornalismo. Ed è forse questa la radice della risposta al perché del silenzio dopo la sua morte. Una “damnatio memoriae” autolesionista in un Paese che ha bisogno come del pane di buoni maestri che mettano in pratica intuizioni scientifiche, battaglie sociali e acume politico
◆ Il commento di PAOLO GALLETTI
► Perché Scalia non viene ricordato? Il convegno che si è tenuto a Roma a un anno dalla morte di Massimo Scalia, raccontato su questo giornale da Gianni Silvestrini [qui il link del suo articolo], lascia aperto un interrogativo. Perché — oltre agli articoli di Mauro Paissan e di Ermete Realacci su il manifesto e ai numerosi interventi su Italia Libera — Massimo Scalia non viene ricordato dalla grande stampa per il ruolo significativo che ha ricoperto nella politica e nella scienza? Vero che nella commemorazione alla Camera dei Deputati perfino un avversario politico come l’ex missino Fabio Rampelli ha avuto parole di stima e non di circostanza. Ma nella comunicazione che conta Scalia è scomparso.
Fondatore delle Liste Verdi nei primi anni 80, animatore con Gianni Mattioli della battaglia vincente contro il nucleare e per le rinnovabil, presidente della Commissione bicamerale contro le ecomafie dei rifiuti, coautore con la pattuglia dei parlamentari verdi di leggi fondamentali: bando dell’amianto, parchi, raccolta differenziata rifiuti, energie rinnovabili… Come si spiega questo silenzio? E dire che oggi la politica ha un disperato bisogno di figure di riferimento autorevoli del passato e del presente. Si celebrano Berlinguer e De Gasperi (ma non Dossetti), si cita perfino il piccolo glorioso Partito d’azione. Nei talk spopolano Prodi e Bersani… Nel cosiddetto campo progressista però domina il racconto di un dualismo tra cattolici ed ex comunisti. Perfino le vere riforme dovute ai socialisti pre Craxi, insieme con la sinistra Dc, sono dimenticate: le nazionalizzazioni dell’energia, la sanità pubblica, lo statuto dei lavoratori..
L’irrompere delle Liste Verdi nello stagno marcescente della politica degli anni 80 e le uniche vere riforme ambientali innovative per l’Italia, tutto scomparso. Cancellate. Esistono solo i cattolici e gli ex comunisti. Cattolici erroneamente identificati con centristi e liberisti. Quando da tempo esistono cattolici in ogni formazione politica. Quindi Scalia non rientra nel pigro schema fasullo del campo progressista e non va raccontato. Per di più oggi l’ecologismo, che da tempo aveva previsto la crisi climatica e ambientale, viene accusato paradossalmente di essere la causa dei problemi che ci assillano. Di avere impedito le false soluzioni come l’illusione nucleare, di avere fatto fallire l’industria delle auto, di avere addirittura favorito le alluvioni con la sua difesa della vegetazione.
Queste falsità non corrono solo a destra. E la debolezza politica degli eredi delle Liste Verdi, nonostante il successo elettorale, imprigionati in una riserva indiana di sinistra radicale, non aiuta certamente a ribaltare questo falso racconto. Patetico poi il tentativo di costruire una identità eco socialista. Dopo decenni di liberismo sfrenato anche a sinistra, pure il socialismo risulta privatizzato. E, non a caso, è in una crisi forte in tutta Europa, esclusa forse la Spagna. Aggiungere poi il prefisso eco ad una ideologia industrialista crea uno strano connubio paragonabile a figure dei bestiari medievali. Per non parlare dell’involuzione dei Verdi europei che, rinnegata la loro origine ecopacifista, si sono fatti campioni della guerra. Salvo che in Francia le urne li puniscono.
Se oggi l’Italia avanza nelle rinnovabili, nonostante il boicottaggio dei governi degli ultimi decenni, se l’agricoltura biologica cresce ed esporta, se abbiamo parchi, se differenziamo i rifiuti, se abbiamo piste e percorsi ciclabili, se ci siamo liberati dell’amianto (ma non delle sue mortali conseguenze), se non abbiamo pericolose ed obsolete centrali nucleari, lo dobbiamo a persone come Massimo Scalia. Di lui avremmo bisogno come del pane oggi. Dopo due parolacce politicamente scorrette spronerebbe ad un incessante impegno ad opporsi alle tenebre incombenti verso una luce rinnovabile che ride. © RIPRODUZIONE RISERVATA