L’ultimo taglio ai fondi pubblici è stato fatto sullo sviluppo e la coesione sociale destinati alla Sicilia per 1,3 miliardi di euro. A cui si aggiunge il de-finanziamento di un lotto dell’autostrada Siracusa-Gela, allungando alle calende greche il completamento della Siracusa-Castelvetrano atteso da cinquant’anni. È una sequenza di tagli e revoche anche dei finanziamenti già decisi dai ministri precedenti approvati con il consenso dei deputati di maggioranza eletti in Sicilia. Si è forse inceppato qualcosa nel rapporto tra la Giunta Schifani e il governo Meloni? Il Ponte sullo Stretto e le risorse sottratte alla mobilità stradale in Sicilia sono stati “precettati” dal tandem Salvini-Fitto. Per un’opera che potrebbe non vedere mai la luce. Dalle risorse del Pnrr sono stati tagliati più di 2,5 miliardi destinati al Mezzogiorno mentre le risorse del Nord sono cresciute di oltre 3 miliardi

L’autostrada Siracusa-Gela sulla carta geografica della Sicilia sud occidentale

◆ L’intervento di ALESSIO LATTUCA, presidente Movimento per la Sostenibilità

Il recente “scippo” di 1,3 miliardi a valere sui fondi di coesione (che ha animato per poco la discussione, frettolosamente archiviata), fa riflettere su episodi che si ripetono. Tra questi il de-finanziamento di un lotto dell’autostrada Siracusa-Gela, da parte della Commissione trasporti della Camera, è l’ennesimo, insopportabile, schiaffo alla Sicilia. E interroga il ceto politico sulle ragioni che impediscono di affrontante il vero tema: quali sono i tempi che occorreranno per completare la Siracusa-Castelvetrano, che ha accumulato oltre cinquant’anni di ritardo. Si tratta di silenzio colpevole. Difatti eludere il problema conduce, intanto, alla gravissima batosta che il governo Meloni assesta alla Sicilia con il no ai lavori di completamento della Modica-Scicli, infrastruttura fondamentale per la mobilità e lo sviluppo di quel territorio. 

Il governo non solo non si occupa di finanziare i nuovi lotti per la chiusura dell’anello fino a Castelvetrano, ma elimina il finanziamento del lotto già finanziato dai ministri De Micheli e Giovannini. E assistiamo al solito film: la chiusura dell’anello autostradale, una strategica infrastruttura (che sarebbe stato giusto inserire tra i progetti prioritari delle grandi opere previste dal Pnrr), rimane un sogno. Al riguardo le responsabilità dei governi regionali, guidati da Musumeci e Schifani, sono gravissime. E se corrisponde al vero che non siano stati in grado di appaltare l’opera – posto che sarebbe un fulgido esempio di inadeguatezza e incapacità della politica siciliana – si iscriverebbe al lungo elenco delle annose sconfitte, rispetto ai potentati, ai patrioti e ai leghisti. Esso si aggiunge ai ricorrenti “furti” ai danni della Sicilia: come emerge dagli inquietanti numeri registrati da un recente report, secondo il quale ammonterebbero a oltre 5 miliardi le risorse sottratte alla Sicilia dal governo Meloni. 

Tutto ciò accade nella totale indifferenza del ceto politico, nonostante sia evidente che la Sicilia non stia affatto bene, con indici di povertà e di disoccupazione elevati, infrastrutture e servizi carenti, settori fondamentali come la sanità in profonda crisi. D’altronde se il governo Meloni, nell’ambito della discussione in corso alla Camera sulla legge di Bilancio, ha platealmente espresso parere contrario all’emendamento (con cui si chiedeva di utilizzare i Fondi per lo Sviluppo e la Coesione per finanziare opere infrastrutturali fondamentali per la Sicilia), abbiamo la conferma che esso sia, evidentemente, contro il Sud. Ed ancora più grave è il comportamento (da ascari) dei deputati di maggioranza eletti in Sicilia che hanno votato (bellamente) a favore del de-finanziamento dell’opera.

Matteo Salvini pontifica in televisione sul Ponte di Messina

Nel silenzio assoluto sul comportamento del ministro Fitto il quale gestisce  a suo piacimento − con il contagocce e, soprattutto, senza controparte − i fondi di Sviluppo e Coesione, che dovrebbero coprire per oltre 6 miliardi le esigenze di sviluppo della Sicilia nella programmazione 2021-27. Senza giustificazione alcuna e con un prelievo forzoso, egli ha sottratto una cospicua risorsa (1,3 miliardi, come detto all’inizio) per destinarla alla realizzazione del Ponte che probabilmente non vedrà mai la luce. Ma il rischio maggiore è rappresentato dal pericolo corso dai siciliani: che taluni soggetti politici spregiudicati facciano man bassa di voti (turlupinando gli elettori) e si precipitino a negoziarli a Roma con il loro nemici. La facilità con cui si realizzano danni di tali proporzioni alla Sicilia denuncia la totale mancanza di stima del governo Meloni verso l’Isola e i politici che la rappresentano. Nonostante il governo Schifani sia nato con l’incisivo appoggio di Fratelli d’Italia. Insomma, sembrava un ingranaggio bel oleato e l’Accordo Stato-Regione che avrebbe portato in Sicilia risorse aggiuntive (300 milioni per chiudere la Finanziaria) ne offriva un segnale. Ed invece sembrerebbe che qualcosa si sia inceppata. Il Ponte e le risorse devolute sono stati “precettati” dal tandem Salvini-Fitto, e adesso arrivano i nuovi tagli all’autostrada. 

L’altra tegola (nel silenzio o peggio con l’assenso del governo regionale), conferma che si è in presenza di un governo che non guarda alla fragilità economica e sociale della Sicilia e del Mezzogiorno. Sono ragioni significative che inducono a correre ai ripari e, intanto, a chiedere al governo quali siano le ragioni che hanno comportato i tagli al Pnrr, pari a più di 2,5 miliardi, in controtendenza con la situazione nazionale che vede crescere (con la revisione approvata dal Consiglio europeo), le risorse al nord per oltre 3 miliardi. Come giustifica la decurtazione del Fondo di sviluppo e coesione: originariamente destinato a infrastrutture, dissesto idrogeologico e interventi di coesione. E che fine hanno fatto i 150 milioni, quale risarcimento dei costi dell’insularità, previsti dal Def e scomparsi nella Finanziaria.

Le ipocrisie a favore del sud, sbandierate in campagna elettorale, svaniscono in presenza di misure di segno antimeridionalista, che giocoforza comportano meno servizi, meno risorse per affrontare le emergenze sociali, le carenti infrastrutture interne, più povertà, più disoccupazione, più lavoro povero, più povertà educativa e più sfiducia. In definitiva, il taglio nell’ultima legge di Bilancio di 3,5 miliardi di euro del fondo perequativo infrastrutturale conferma quanto anticipato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio che, in una corposa memoria consegnata alle due Camere, sottolineava l’estremo ritardo nell’attuazione della perequazione infrastrutturale. Tale attuazione era prevista dal 2009 (è stata riavviata nel 2021) ma, tra lungaggini e pretesti, a distanza di anni dalla data fissata per il termine della ricognizione, ad oggi non è stata ancora presentata. La dotazione finanziaria del Fondo per la perequazione infrastrutturale (Fpi), originariamente pari a 4,6 miliardi, è stata ampiamente ridimensionata e adesso ammonta a soli 900 milioni. 

Purtroppo, altri problemi sono in arrivo in merito al miliardario piano d’investimenti sbandierato da Salvini che faceva leva su alcuni interventi già previsti: i 404 milioni per il raddoppio della ferrovia Palermo-Messina-Catania potrebbero incagliarsi nella rimodulazione dei fondi Fsc, giacché Fitto ha previsto di utilizzare per il Ponte anche 700 milioni “imputati alle Amministrazioni centrali” diretti a finanziare il completamento di alcuni cantieri in Sicilia e in Calabria. Ovviamente tutto ciò si aggraverà con l’attuazione dell’Autonomia differenziata (totale assenza dei Lep) che sottrarrà ulteriori risorse al sud e causerà nuove disparità e nuove disuguaglianze: purulente ferite alla democrazia. E proprio questo si rende necessario vigilare ed urgente intervenire anche sull’attuazione del Pnrr, in uno alla destinazione dei Fondi di coesione. Ma per fare ciò occorre un impegno sociale oltreché politico. Difendere la propria terra è diventata più di un’urgenza, giacché esiste il rischio che possa tramutarsi in allarme! © RIPRODUZIONE RISERVATA

È presidente di Confimpresa Euromed, amministratore delegato Confidi per l’impresa e direttore generale Cofidi Scrl. Imprenditore agrigentino, si batte da anni contro il rigassificatore di Porto Empedocle (sua città natale), che definisce un “progetto folle”, a pochi passi dalla Valle dei Templi, a ridosso della casa di Luigi Pirandello in contrada Kaos.