Le dimissioni del ministro Gennaro Sangiuliano, accompagnate da un patetico “irrevocabili”, sono il finale già scritto di una vicenda che si è trasformata in una sit-com a mezzo stampa, che la satira più feroce non sarebbe riuscita a immaginare. Il teatrino del governo Meloni perde il suo Pulcinella, ma ha validi candidati a sostituirlo alla Cultura, in grado come il dimissionario di dare gloria a quella Destra intellettuale evocata in questa legislatura, ma imbattibile solo nelle comiche
◆ Il corsivo di MAURIZIO MENICUCCI
► Era scontato che il velenoso consiglio della Meloni a Gennaro Sangiuliano di andare in tv, a vuotare il sacco e le sacche lacrimali sulla scappatella con la sagace stagista vesuviana a telecamera incorporata nello sguardo, avrebbe ottenuto il medesimo effetto della decisione che la stessa premier non ha avuto coraggio di prendere. A nulla è servita la fragile difesa opposta dai legali del ministro, per i quali ‘non c’erano prove’: la figura di brago, è il caso di dirlo, del loro assistito, che ora promette di difendere in Tribunale la propria onorabilità, era sotto gli occhi di tutti. E le dimissioni sarebbero arrivate comunque: se non ora, alla prossima, imminente topica a reti unificate; al G7 pompeiano, o in qualunque altro punto G.
Ora, però, dobbiamo essere realisti e ammettere che per altri versi – d’accordo, non propriamente istituzionali – noi, l’ineffabile Genny, lo rimpiangeremo. Chi potrà farci divertire alle sue spalle meglio di come ha fatto lui, nei due anni in cui s’è confrontato con l’impari ufficio di tutore della cultura nazionale? Chi altri è capace di infilare una dietro l’altra gaffes come il Dante paleofascista, il colpo dello Strega, il Galileo maestro di Colombo un secolo prima di nascere, Times Square a Londra, che promettono l’ultima parola sull’esistenza degli extraterrestri attraverso la registrazione delle loro risate intergalattiche? E chi saprà rompere l’assedio, mai violento come quest’estate, di delitti familiari, guerre, disastri economici, con il tempismo e l’impareggiabile istinto mediatico dell’ex direttore del Tg2 Rai, là dove ora probabilmente ritornerà, accolto a braccia aperte e caffè fumante dai colleghi?
Ché poi, a dire il vero, ha ragione il condirettore di Libero, Pietro Senaldi, uno che ha le carte in regola per essere obiettivo, e non solo perché ha avuto a lungo Sangiuliano come vicedirettore: l’affaire è stata, per l’appunto, una tempesta in una tazzina di caffè, quella che Gennaro giura di aver offerto alla sua Boccia di Rosa senza far spendere un centesimo agli italiani. E allora, se non vogliamo maramaldeggiare su colui che, in fin dei conti, doveva essere la punta di diamante del progetto meloniano di normalizzare la cultura italiana dopo decenni di egemonia comunista, e che invece il destino ha consacrato al ridicolo, limitiamoci a questo tema, e analizziamo alcune possibilità relative all’infuso che possano, ex post, alleggerire la posizione del fu ministro.
In testa a tutte, anche perché coerente con la storia di entrambi i protagonisti, è che si trattasse di caffè sospeso. La circostanza è confermata da tutti i baristi di Pompei da noi interpellati, e qualcuno la estende perfino agli altri benefit ministeriali di cui la Boccia afferma di aver goduto: cene sospese, ombrelloni sospesi, treni sospesi. Per inciso: su quest’ultimo punto, il ministro Francesco Lollobrigida aveva frainteso, ma è stato dissuaso dal rivendicare le proprie competenze. La seconda spiegazione, sempre nel solco della ‘Napoletanità’, è che i fedifraghi culturali si fossero portati in spiaggia il thermos e una ‘tazzulella’ da casa, dunque sempre a costo zero. Le cronache registrano, poi, una versione accreditata dalla segreteria di Sangiuliano: “Ma quale caffè! Proprio lui, che ha amato solo il tè”. Regalato, oltretutto – ci sarebbero le prove – da Elisabetta Canalis e dagli eredi di Sergio Endrigo.
Non possiamo omettere, a questo punto, due storie che in realtà rivelano molto presto il loro intento maligno. La prima è che il caffè fosse stato pagato con un’ombra di limatura della chiave d’oro massiccio da 14 mila euro donata a Genny, pare grazie alla Boccia, dal sindaco di Pompei, Carmine Lo Sapio (ex Pd, meno male: non è vero che se ne vanno sempre i migliori…). L’altra è che la bevanda fosse talmente ristretta, che i due l’abbiano pagata facendo tintinnare un euro, ma lo stesso Sangiuliano l’avrebbe definita una favola popolare, azzeccando, per la prima volta, un riferimento letterario, tra lo stupore del suo entourage.
Anche il capitolo della successione è stato risolto con sospetta rapidità: molti indizi indicano che fosse già pronto, forse anche prima dell’ultimo incidente. Alessandro Giuli, è un fuoriclasse, l’unico tra i meloniani che, si mormora, fosse scampato all’avviso di non rispondere “Stero” alla domanda dell’usciere,”Dicastero, prego!”, casomai convocati a Palazzo Chigi. D’altronde, non è un mistero che il rapido giubilamento di Genny ha evitato un rimpasto di governo che si annunciava problematico per la premier, sempre più a corto di risorse umane. Dalle solite voci di corridoio si apprende che al posto di Sangiuliano qualcuno avrebbe proposto il collega Lollobrigida, previa una piccola modifica del nome della delega, da ‘cultura’ a ‘coltura’, per tacitare le probabili obiezioni al nuovo ruolo dell’ex cognato d’Italia. In subordine, stava guadagnando consensi la promozione di Federico Mollicone, capo della Commissione cultura della Camera, che, diplomato al Liceo Linguistico, vanta il curriculum scolastico più invidiato della destra, tanto da far parlare di ripetuti tentativi di Salvini per attirarlo nella Lega. Outsider del domino, si sarebbe resa disponibile anche l’avvocata torinese Augusta Montaruli, ex sottosegretaria al ministero dell’Università, che tuttavia è anche lei molto specializzata in ‘spese stravaganti’, ragion per cui i giudici l’hanno condannata nel 2023 a un anno e sei mesi, con l’accusa di peculato. La querelle, comunque, non è destinata a finire con la nomina di Giuli. Corre voce che Maria Rosaria Boccia starebbe per affidare ai social una nuova dichiarazione: “Non si è trattato solo di un modesto caffè, ma di un impagabile caffone!”. Nel caso, come darle torto? © RIPRODUZIONE RISERVATA