C’era una necessità di difendere Roma dalla speculazione edilizia, negli anni ’70, quando Vittorio Emiliani giovane giornalista approdò alla redazione del “Messaggero” di cui sarebbe diventato direttore accompagnando la crescita del grande quotidiano romano in autorevolezza e diffusione. Allora come oggi, erano i palazzinari avidi i principali aggressori alla bellezza di una città che il grande sindaco Nathan aveva avviato a una modernità, come si direbbe oggi, “sostenibile”


◆ Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

Arrivai a Roma per fare il mestiere di giornalista nel 1974, cioè una ventina di anni dopo aver scelto questa specializzazione collaborando a “Comunità” di Olivetti e all’“Espresso” di Arrigo Benedetti. E approdavo al giornale storico di Roma, quel “Messaggero” che aveva sostenuto la storica Giunta laico-socialista del sindaco Ernesto Nathan dal 1907 al 1912 che aveva insieme conservato e modernizzato Roma con tram e bus duffusi, quartieri periferici modello, parchi urbani attrezzati a Villa Borghese e a Villa Ada, la prima restaurata con Paolina Borghese, tanti suggestivi marmi di Bernini, musei e gallerie fastose, un Auditorium musicale degno di Santa Cecilia e della Capitale e altro ancora.

Vittorio Emiliani, Fabrizio Piccitto e Claudio Petruccioli alla presentazione del libro “Cinquantottini” (credit Umberto Pizzi)

Anche se, dopo Porta Pia, Roma aveva dovuto subire l’assalto di grandi immobiliaristi e palazzinari non avendo un Piano Regolatore generale, pur contenendo nella vastissima superficie del Comune un patrimonio archeologico eccezionale a cominciare dal Colosseo e dai Fori per citare soltanto due eccellenze della civiltà romana, fino alle Ville storiche dei Papi. Ma c’era ancora quanto era restato dei progenitori etruschi, dell’epoca dei sette Re di Roma con un patrimonio da riscoprire, restaurare e rivalorizzare. Alla Roma repubblicana di Cesare e Augusto era seguita quella medioevale e rinascimentale di grandi palazzi e torri e chiese con mosaici preziosissimi della Scuola Romana, affreschi di Masaccio e campanili svettanti. Con Caravaggio grandioso e maledetto a battagliare col pio e lascivo Guido Reni. Con l’intera Città del Vaticano da considerare il Museo dei Musei, il Parco e il Giardino d’Europa.

“Il Messaggero” aveva sede, allora come oggi, in un grande palazzo in Via del Tritone salendo da Montecitorio in un tipico quadrivio di fine ‘800. Fondato da ex garibaldini genovesi con un pronunciato accento laico e con la voglia di farsi largo fra le testate giornalistiche nate dopo Porta Pia. Con il Sommo Pontefice chiuso, serrato in Vaticano a pregare contro l’anticlericalismo italiano ed europeo che in un corteo di oltre ventimila persone, di intellettuali di tutta Europa, inaugurava a Campo de’ Fiori il monumento al filosofo e teologo Giordano Bruno bruciato vivo daila Chiesa a Campo de’ Fiori. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.