ERDOGAN NON SI smentisce. Quando sente la necessità di avere una guerra personale bombarda i kurdi del Nord Est siriano. Questa volta in alleanza con l’Iran che non ha aerei ma droni e missili. Questa volta, addirittura, ha rischiato di andarci di mezzo il contingente americano stanziato nella zona siriaca che collabora con l’esercito democratico siriano SDF formato da milizie kurde e contingenti dell’esercito democratico siriano nella missione Isis. Si tratta non solo di impedire azioni di quello che è rimasto dell’Isis, ma soprattutto di controllare i campi dove stanziano famiglie di ex combattenti dello stato islamico e le prigioni. Un missile è caduto a 130 metri di distanza dalla base Usa. «Anche gli americani sono a rischio» ha dichiarato il generale J. Buccino, sovrintendente della zonaLe bombe sono cadute sul campo rifugiati provocando decine di vittime. Missili sono anche piovuti sulla prigione dove sono tenuti 12000 combattenti Isis.

Le ragioni addotte da Erdogan sono quelle di sempre. L’accusa è che SDF e Abdid Mazloum (il comandante kurdo che mantiene i rapporti con gli americani) sono controllate dal Pkk definito gruppo terrorista responsabile della bomba del 13 Novembre a Istanbul. Una notizia di stampa pubblicata oggi informa che tre persone sono state arrestate in Bulgaria per una loro possibile relazione con l’attacco terroristico. Nessuno dei tre  è kurdo. «Il Nord della Siria è una bomba», scrive il Washigton Post «con le sue continue azioni, la Turchia sembra intenzionata a far esplodere». Il generale Mazloum si aspetta che presto la Turchia inizi una operazione militare di terra per occupare zone di confine liberate dall’Isis grazie alle truppe Usa e ai partner militari kurdi con grande perdita di vite umane. 

Se le mire dei turchi sono chiare — non dimentichiamo che il prossimo anno vi sono elezioni, che la crisi economica è profonda, che Erdogan non ha maggioranza nelle grandi città —, meno evidenti sono quelle della Siria. Alcuni commentatori collegano la politica di alleanza con la Turchia con la situazione politica in Iran. Esportare armi, intervenire in guerre locali come è il caso dello Yemen, dichiararsi alleati di Putin sono manovre che mirano a presentare l’Iran come potenza dell’area. Anche questa una vecchia storia nel conflitto con l’Arabia Saudita. L’articolo sul Washington Post dell’opinionista David Ignatius è in questo link: https://www.washingtonpost.com/opinions/2022/11/23/turkey-attack-kurds-northern-syria/ — (rassegna stampa a cura di Toni Ferigo) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nato a Torino, ha svolto diversi compiti nella Federazione Italiana Metalmeccanici: delegato in fabbrica, responsabile zona a Rivalta (To), ufficio formazione e ricerca nella federazione nazionale, responsabile ufficio internazionale Flm, membro della segreteria della Fism (Federazione Mondiale Sindacati Metalmeccanici) con sede a Ginevra. Nella sua attività si è occupato, in particolare, di studi e ricerche sulla organizzazione del lavoro nel settore automotive, dei sistemi di relazioni industriali in Europa, Usa e America Latina. Per la Fism è stato anche coordinatore delle Aree balcaniche e del Medio Oriente. Attualmente vive nella riserva indiana della Val Susa, e svolge qualche ricerca di base sulle condizioni di lavoro nel presente.