Un’altra Festa del lavoro costretta a contare più posti perduti che nuove conquiste celebrate. La pandemia riacutizza l’urgenza di riprendere il compito cui incitava Piero Calamandrei nell’immediato dopoguerra: «La rivoluzione promessa di dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo» non ha dispiegato appieno le sue ali davanti ai sommersi di oggi. Distanze, fragilità e disuguaglianze sociali sono davanti a tutti, più che mai. «Non fummo tutti brava gente» davanti al fascismo, non siamo tutti uguali davanti alla crisi
L’editoriale di IGOR STAGLIANÒ
¶¶¶ «Non fummo tutti brava gente, non scegliere è immorale»: sono bastate queste semplici parole di Mario Draghi a rimettere con i piedi per terra il lascito più profondo dell’antifascismo. Ancor più significativo il luogo in cui il 25 aprile il nostro premier ha voluto pronunciarle, l’ex carcere di Via Tasso: «qui, dove tanti combattenti della libertà sono stati torturati, uccisi», oggi Museo storico della Liberazione diretto da Antonio Parisella. Il professor Parisella ha raccontato ai lettori di “Italia Libera” il contributo dei tanti antifascisti “della porta accanto”, decisivi nell’isolamento e nella sconfitta dei gerarchi e del nazifascismo. Una tragedia immane costata al nostro Paese 440.000 morti, ha sottolineato Vittorio Emiliani il 25 Aprile sulle nostre pagine.
L’antifascismo − oggi e sempre − è la bandiera della libertà riconquistata. E non solo: è l’opposizione ai prepotenti, agli oppressori, al dominio degli altri su noi stessi. In quanto tale, è una lotta costante, di fronte alla minaccia che la libertà di ciascuno e di tutti subisce ogni giorno. Sì, il pericolo è sempre in agguato e il lavoro non è affatto terminato. Undici anni dopo aver riaperto l’Università di Firenze nella città liberata dai partigiani e dagli angloamericani, Piero Calamandrei scrive: «Nella nostra Costituzione è nascosta una rivoluzione promessa. Ora sta a noi mantenerla quella promessa, sta a noi attuarla quella rivoluzione, perché la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare».
«È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del Paese»: il 26 gennaio del 1955 Calamandrei legge con tono accorato l’articolo 3 della Costituzione repubblicana, «il più importante e impegnativo», annota davanti a una platea di giovani. E sottolinea, con tono grave, il valore di quell’articolo che ha contribuito in modo pregnante a scrivere: «quindi, dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo».
Sessantasei anni dopo siamo davanti a un lavoro ancora incompiuto. E davanti a un altro Primo maggio costretto a contare più posti di lavoro perduti che nuove conquiste celebrate. La pandemia ha riacutizzato l’urgenza di riprendere il compito cui incitava Calamandrei. «La rivoluzione promessa» non ha dispiegato appieno le sue ali davanti ai sommersi di oggi: distanze, fragilità e disuguaglianze sociali sono davanti agli occhi di tutti, più che mai. No, «non fummo tutti brava gente» davanti al fascismo, non siamo ancora tutti uguali davanti alla crisi. Buon Primo maggio a tutti. ♦ © RIPRODUZIONE RISERVATA
