
L’elezione dell’ottavo segretario in sedici anni anni di vita del partito ripropone il nodo irrisolto sulla sua natura. Una sinistra post laburista dedita ad operare come «agenzia di servizi di un capitalismo che si oppone alle misure di equità e alla transizione ecologica», per usare la definizione tagliente del direttore del Mulino, Mario Ricciardi? Oppure la fine della damnatio memoriae per la parola socialismo proprio sul terreno della lotta alla crisi climatica? Sul paradigma plastico degli errori del Novecento e dei varchi da attraversare verso il futuro, adesso, non sarebbe uno scandalo dibattere esplicitamente di ecosocialismo anche alle nostre latitudini. Senza esitazioni e senza ideologismi; senza le piccole rendite di posizione che legano i passi politici al passato. Con la semplicità, invece, di una lingua comprensibile a tutti, in un orizzonte valoriale chiaro, per combattere la giusta battaglia contro paure e solitudini, individuali e collettive
Questo editoriale apre il numero 36 del nostro magazine distribuito nelle edicole digitali dal 21 marzo 2023
L’editoriale di IGOR STAGLIANÒ
FRA BLANDIZIE UNTUOSE, consigli non richiesti e minacce velate, il rosario di parole attorno ad Elly Schlein non si arresta. Tanto più, se il Pd sale nel ranking di social e sondaggisti, termometro imprescindibile della politica nevrotica e ansiogena d’oggi. A fine febbraio, ai gazebo è maturata una rivolta liberatrice del cerchio largo allontanatosi, un passo dopo l’altro, dalla struttura organizzata del partito. Abbandonata da elettori disillusi, ingessata da «cacicchi e capibastone». L’energia positiva di elettori e simpatizzanti ha scosso un corpo politico anchilosato da lustri di mera amministrazione e sopravvivenza pervicace nelle stanze del potere istituzionale. Inattesa, è arrivata una buona notizia per la salute della nostra democrazia.

Parole, dunque. Tante, di natura diversa. Troppe per girare attorno al nodo irrisolto della natura del Pd messo ora nelle mani di Schlein, ottavo segretario in sedici anni di vita del partito. Prendiamo l’esempio, alto, di un intellettuale solido e influente. Per Aldo Schiavone, la sinistra — a questo punto — deve superare definitivamente la critica strutturale del mondo esistente. Il conflitto tra capitale e lavoro produttivo, egli dice su Repubblica, «non esiste più, perché la rivoluzione tecnologica e la connessa ristrutturazione capitalistica hanno fatto semplicemente sparire dalla scena gli operai come classe, e posto fine alle loro battaglie». Resta in campo — come avviene da trent’anni — una sinistra post laburista dedita ad operare come «agenzia di servizi di un capitalismo che si oppone alle misure di equità e alla transizione ecologica», per usare le parole taglienti del direttore del Mulino, Mario Ricciardi.
Il conflitto tra capitale e lavoro sarà dunque superato, e gli operai come classe non ci sono più, come ipotizza il professor Schiavone. Ma «la lotta di classe è in corso, e la stiamo vincendo noi»: parola di Warren Buffet (imprenditore americano, economista miliardario e filantropo generoso) al New York Times il 26 novembre del 2006. Ancora più netto — se possibile — è nove anni dopo, nel 2015: «Pago meno tasse della mia segretaria», proporzionalmente agli 11,6 milioni di dollari di reddito lordo rettificato. Non facciamola lunga e guardiamo la realtà in faccia subito: tra il 1980 e il 2022 la torta della ricchezza nell’area Ocse è divenuta più grande ma la fetta destinata ai lavoratori dipendenti è più piccola. In Germania nel 1980 era pari al 71% del Pil annuale, oggi è al 63%; in Francia la fetta destinata ai dipendenti era i tre quarti del totale, quarantadue anni dopo è scesa a due terzi; in Italia siamo passati dal 68% dell’80 al 59% del 2022. Gli stipendi annuali in Europa, tra il 1990 e il 2020, sono aumentati in media del 63% in Svezia, del 33,7% in Germania, del 31,1% in Francia (oggi in fiamme sulle pensioni). L’Italia è l’unico Paese Ocse ad avere salari più bassi del 2,9% rispetto al 1990. Misteri dell’economia …senza più classi sociali.

Una sinistra che non combatta le disuguaglianze semplicemente non esiste. La Schlein ne è consapevole e se ne vuole occupare. Lo ha detto nel primo question time della Meloni alla Camera; lo ha ripetuto al congresso della Cgil di Landini. Grandi praterie, a volerle percorrere, per le giuste battaglie sociali. Quanto ai “cattolici a rischio” nel nuovo Pd, vien da ridere a leggere dei renzisti in sonno, dei Delrio, dei Guerini o dei Marcucci, a confronto col coraggio “politico” della “Laudato si’” di Papa Bergoglio: la «casa comune» brucia davvero e la «conversione ecologica e sociale» arranca. Sarebbe uno scandalo sottrarre alla damnatio memoriae la parola socialismo proprio sul terreno della crisi climatica? È questo — lo si voglia dire esplicitamente o meno — il paradigma plastico degli errori del Novecento e dei varchi da attraversare verso il futuro, adesso. No, non sarebbe uno scandalo dibattere esplicitamente di ecosocialismo anche alle nostre latitudini. Senza esitazioni e senza ideologismi; senza le piccole rendite di posizione che legano i passi politici al passato. Con la semplicità, invece, di una lingua comprensibile a tutti, in un orizzonte valoriale chiaro, per combattere la giusta battaglia contro paure e solitudini, individuali e collettive.

Questo giornale è stato sempre diretto. Anche con Elly Schlein. Nel criticarne le assenze — la battaglia contro i progetti dell’Eni di nascondere sotto il tappeto della Riviera romagnola l’anidride carbonica, per estrarre altri idrocarburi al largo di Ravenna. Nell’apprezzarne le scelte — il sostegno alle comunità energetiche contro l’ingiustizia climatica che colpisce le fasce sociali più deboli. Lo ha fatto, nei mesi scorsi per tutti noi, Vittorio Emiliani con la leale e adamantina schiettezza che gli è propria. Continueremo a farlo raccontando fatti, offrendo analisi e portando alla ribalta temi e argomenti scomodi, come compete a un giornale libero, senza pre-giudizi. Animati, tutti, da una convinzione profonda, declinata dalla sensibilità individuale di ciascuno dei nostri autori: la condizione di chi ha di meno non migliorerà affatto dando di più a chi ha di più, come s’è fatto per mezzo secolo. L’impostura intellettuale del trickle-down (dottrina sociale, prima che economica) ha prodotto un solo risultato: a “sgocciolare” verso il basso sono state poche e miserabili gocce; un limone spremuto dal neoliberismo fino alla buccia che ha sparso infelicità e disperazione sociale. Ha sbagliato la sinistra ad accettarne l’egemonia senza batter ciglio. Vestendola, anzi, di buone intenzioni con Blair, Clinton e Veltroni: come non vederne oggi gli esiti? Con la sua politica fiscale corporativa e classista insieme, la destra promette di aggravarne le conseguenze. C’è da sperare che l’energia di Schlein non sia fuoco di paglia. E che il nuovo Pd abbia la forza di mettersi su un’altra strada. Presto. © RIPRODUZIONE RISERVATA