La copertina di “Raus” primo romanzo a fumetti di Bruno Luverà edito da ComicOut; sotto il titolo, l’autore firma le copie del libro

“Raus” (80 pagine che volano, editore “Comicout”) è la storia snella e agile di un viaggio estivo con la famiglia lungo il Danubio. In bicicletta. Si mescolano ricordi, politica, attualità, memorie di infanzie. Allegrie e riflessioni amare. Gioie infantili e metafore. Graphic novel e autobiografia. Flash back sulla violenza degli anni ’70 e dolorose conclusioni contemporanee: “Oggi per sprangarti usano una tastiera. Postano sui social spazzatura. Se vogliono distruggerti mescolano mezze verità e luride bugie e poi scatenano la tempesta dell’odio” — fa dire Bruno Luverà, alias Skizzo, a un personaggio. E qui non è solo il collezionista o il fumettista a parlare, ma soprattutto il giornalista


La recensione di DANIELA TAGLIAFICO

CI SONO MOLTI luoghi per fare un’intervista. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Di solito si preferisce un posto con poltroncine, il tavolino di un bar, qualcosa insomma di sedentario, dove ci si possa guardare negli occhi e prendere appunti. In un mercatino dell’antiquariato non mi era mai capitato. E se te lo propone l’intervistato è buona educazione non dire di no.

Bruno Luverà, prima di essere un collega giornalista della Rai, ora vice direttore del Tg1 e fresco autore di un romanzo a fumetti, è un collezionista. Oggetti antichi, vintage, ma soprattutto libri. Una passione che lo ha portato ad accumulare migliaia di libri che lui ha stipato in tutti gli spazi del suo appartamento.

I collezionisti sanno essere perfidi e feroci. Tra di loro, soprattutto. Si annusano, si riconoscono, si combattono. 

«Guarda qui» bisbiglia con aria indifferente. 

Tra le mani ha un libricino con una copertina di plastica, come quelle che usavamo da bambini per proteggere i quaderni. È giallognola e sporca. Lui ne solleva un piccolo lembo. 

«Rilegatura in pelle tardo settecentesca», dice, mentre come un camaleonte rotea gli occhi. Con uno placca un collezionista che si sta avvicinando, subodorando qualcosa, con l’altro spande cupidigia sul libro, ma senza darlo a vedere.

«40 euro e me lo porto a casa».

— Pensa se tra qualche secolo qualcuno farà la stessa cosa col tuo “Raus-fumetto sporco”, dico io.

«Vuol dire che ho lasciato un segno. Nel senso che il segno sulla carta aiuta a non disperdersi. Basta con lo smartphone, è la carta che salva i ricordi!».

In effetti — rifletto — di cosa si può parlare in un mercatino se non di memoria?

Il nostro collezionista, fiuto allenato da decenni di incursioni, si sposta verso un altro scaffale e sfoglia un volumetto. Dentro c’è una vecchia cartolina, lasciata come segnalibro.

«Il libro trovato in un mercatino ti parla: logorato, ammuffito, ingiallito, con la scheda letteraria o la dedica. Lo adotti, lo annusi, strappi la sua storia all’oblio».

— Quanti libri hai a casa tua?

«Ah, saperlo!!! 15.000 forse…»

— In un fumetto fai dire a tua moglie: “Sono indecisa. Mio marito lo lascio subito o lo lascio a rate?”.

«Anche le mie figlie sono disperate: non capiscono che preservo pezzi di memoria, un libro, una foto, una litografia, un disegno. A volte esagero. Quando ho comprato una scatola di figurine Liebig, volevano chiamare la polizia…».

Mentre uno degli occhi camaleontici di Bruno Luverà mi guarda con benevola superiorità, l’altro ha già preso un’altra direzione, verso uno scaffale di dischi. Una chicca in 45 giri della Victor, “Tonight i shall sleep – Fox trot – Tommy Dorsey with Duke Ellington” e una della Columbia con Benny Goodman. Nonostante siano camaleontici, gli occhi brillano da umani. Poi si avventano su un vecchio grammofono americano. 

E questo dove lo metterà?, mi chiedo.

Non a caso nel suo libro c’è una vignetta con due ragazze dallo sguardo disperato, che gridano: “PAPÀ BASTA, non c’è più spazio!“.

Ha figlie intelligenti e lucide, 17 e 13 anni, l’autore di Raus.

Eccole in un altro schizzo.

Lui: “Alle nostre figlie rimarranno solo i disegni e le foto stampate su carta. Gli scatti e i filmati digitali saranno cancellati nella centrifuga della nuova tecnologia. Ecco: l’oblio del progresso”. 

E loro: “L’emozione non può essere vissuta sempre nel mirino di una macchina fotografica o nella punta di un pennarello”.

L’accumulatore compulsivo di memorie, nonché padre, sa incassare. Disegna fumetti ironici, molto colti. Già perché i fumetti, come diceva Hugo Pratt, sono letteratura disegnata.

Bella letteratura.

Letteratura misurata… alla Callimaco, contrario alle grandi opere epiche, sparo io per far vedere che sono preparata e che conosco la vignetta in cui cita il poeta greco.

«E già. “Mega biblion, mega kakon”. Grande libro, grande male, diceva Callimaco».

“Raus” (80 pagine che volano, editore “Comicout”) è la storia snella e agile di un viaggio estivo con la famiglia lungo il Danubio. In bicicletta. Si mescolano ricordi, politica, attualità, memorie di infanzie. Allegrie e riflessioni amare. Gioie infantili e metafore. Graphic novel e autobiografia. Flash back sulla violenza degli anni ’70 e dolorose conclusioni contemporanee: 

Oggi per sprangarti usano una tastiera. Postano sui social spazzatura. Se vogliono distruggerti mescolano mezze verità e luride bugie e poi scatenano la tempesta dell’odio” — fa dire Bruno Luverà, alias Skizzo, a un personaggio. E qui non è solo il collezionista o il fumettista a parlare, ma soprattutto il giornalista. 

— Cosa è un fumetto?, chiedo.

«Il fumetto è come la vita che nasce: un foglio bianco, il girotondo delle tavole diventano una storia. Una figlia di carta». 

— Infatti l’hai anche scritto nella prefazione. Fammi fare una battuta: e se il fumetto fosse al tempo stesso una figlia di carta e una famiglia vera? Perché nel tuo libro, le figlie, quelle vere, e tua moglie partecipano. Creano anche loro. Entrano nel fumetto. “Sono” il fumetto…  

Il collezionista non risponde. Siamo arrivati alla cassa e deve trattare sul prezzo.

A Melissa, Emma e Irene. A loro Bruno Luverà ha dedicato “Raus”. Non oso pensare come reagiranno quando entrerà in casa il grammofono americano a 78 giri. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Laureata a Torino in Scienze Politiche, allieva di Norberto Bobbio e Luigi Firpo, è giornalista dal 1982. Ha lavorato molti anni con Enzo Biagi, collaborando con lui alle trasmissioni su Raiuno. Si è occupata di politica estera e interna nella redazione del Tg1, introducendo per la prima volta il “colore” nei servizi politici, in una stagione televisiva ancora molto paludata e tradizionalista. Del Tg1 è stata per molti anni vicedirettrice. Si è dimessa nel 2004 per protesta contro la mancanza di pluralismo e l’invadenza del governo sulla linea editoriale. Nel maggio 2006, con l’elezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica, ha assunto l’incarico di direttrice di Rai Quirinale. Un’esperienza privilegiata che le ha permesso di maturare attenzione e sensibilità istituzionale. Il Presidente della Repubblica le ha conferito l’onorificenza prima di “Cavaliere” poi di “Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana”. Il suo primo romanzo "Le coniugazioni del Potere", Mazzanti Editore.