Leone di San Marco

Tra i canali di Venezia, sulla tracce dello spirito libero ed errante del grande disegnatore della seconda metà del XIX secolo: l’indimenticabile Hugo Pratt. Guido Fuga e Lele Vianello, storici collaboratori di Pratt, ricordano, nel loro libro “Corto Sconto. Itinerari fantastici e nascosti di Corto Maltese a Venezia”, come tutti e tre assieme si avventuravano per le calli di Venezia con l’idea che l’unica certezza era il mangiare e bere in compagnia, tutto il resto doveva essere una sorpresa d’incontri, improvvisazioni, scoperte, imprevisti, eventualità, intoppi


Il viaggio di GABRIELE REINA
(Tutte le illustrazioni del servizio sono dipinte dall’autore del testo)

I VENEZIANI DICONO che la loro città non è più la stessa; ma io affermo che come turistodromo non è mai cambiata negli ultimi trent’anni. Attracchi alla stazione di Santa Lucia e, attonito, osservi la fiumana, il caracollante gregge d’ignavi turisti che pullula nelle calli, occhieggiando ottusamente i cartelli frecciuti “San Marco”, “Rialto”. Manco per sogno questi eredi dei “grandtourists” si avventurano nelle calli laterali, nell’intrico di campi, rii, sottoporteghi e campielli che misteriosamente si aprono a destra e a manca. Sono veramente pochi, pochissimi quelli che dopo avere letto e meditato libri e mappe su Venezia si dirigono verso Cannaregio, San Pietro di Castello oppure la Calle del Vento a Dorsoduro. Tutti si perdono immancabilmente il fantastico labirinto della regina dell’Adriatico.

E soprattutto quanto  oggi resta dell’agonizzante anima della città. Il modo migliore per scoprire la “repubblica dei castori” di Goethe sarebbe compiere un vagabondaggio da artisti, ovvero da autentici spiriti liberi e erranti. Quale lo fu forse il più grande disegnatore di storie della seconda metà del XIX secolo: l’indimenticabile Hugo Pratt. Guido Fuga e Lele Vianello, storici collaboratori di Pratt, ricordano come per trent’anni partirissero tutti e tre assieme, alla ventura, per le calli di Venezia; l’unica certezza era il mangiare e bere in compagnia, tutto il resto doveva essere una sorpresa d’incontri, improvvisazioni, scoperte, imprevisti, eventualità, intoppi (questi ricordi sono in parte raccolti nel loro stupendo libro “Corto Sconto. Itinerari fantastici e nascosti di Corto Maltese a Venezia”). A mio modo di vedere, qualsiasi itinerario dovrebbe incominciare allora dalla fantomatica dimora di Corto Maltese, alter ego di Hugo Pratt, antieroe, vincitore delle scommesse mai riscosse: ovvero la casa del sommo pittore Tiziano. Fa freddo quest’oggi a Venezia, una strano vento gelido proviene dalle Dolomiti Bellunesi, certo scaraventato giù dal Monte Pelmo, detto anche “Il Trono di Dio”. Perché è notte e Venezia va visitata di notte e con la luna piena, come in un quadro di Ippolito Caffi.

Quando mio fratello abitava a Venezia oltre vent’anni fa, era mia abitudine intraprendere maratone notturne fino all’alba; è questo il momento divino, quasi magico per esplorare Venezia, quando non c’è nessuno; oppure fra le 4 del mattino e le 8. Non c’è nulla come vedere sorgere il sole da San Pietro di Castello! Per raggiungerlo bisogna buttarsi a sinistra, incamminandosi verso il Sestiere di Cannaregio e poi le Fondamenta Nuove, passando subito davanti alla chiesa dei Santi Geremia e quindi tuffandosi nel Ghetto Nuovo. Qui le strade si fanno presto deserte e posso camminare rapidamente. Non incrocio che qualche gattone, che spesso chiamo schioccando le labbra. A tracolla indosso la mia vecchia borsa di tela con gl’immancabili acquarelli e pregiati fogli di carta di Fabriano datami dal mio amico stampatore Francesco Ricci (vero personaggio prattiano, che vive negletto all’ombra della ticinese capitale dei Longobardi), che fu grande amico di Gianni Guadalupi (1946-2005), penna formidabile, scrittore salgariano che collaborò con Pratt. Con la marea dell’Adriatico, sale al cuore e alla mente una risacca di ricordi spumeggianti di altre interminabili camminate per Venezia, anche di dodici ore consecutive.

Il Casino degli spiriti
Altri scorci del Casino degli Spiriti

Lasciata alla mia destra la Venezia turistica, imbocco calli come il Rio Terà San Lionardo e la Strada Nuova dove, se fosse aperta ancora, si potrebbe scaldarsi  in alcune vecchie osterie come ad esempio “Alla Vedova”, assai apprezzata da Pratt, che era molto più interessato a questa Venezia minore che alla gloriosa storia della Serenissima con i suoi dogi prigionieri in Palazzo Ducale. Per arrivare alla casa di Corto Maltese a me garba manovrare il timone del vero viaggiatore in modo da toccare la Casa del Tintoretto; e poi trovarmi quasi davanti al Casino degli Spiriti, un tempo proprietà della pluridogata famiglia Contarini e poi divenuto ricettacolo di lamie, di spettri, di streghe d’Egitto. Poco più avanti c’è un palazzo di amici dove si trovano ancora cimeli della battaglia di Lepanto. E quindi, a due passi, la Corte Tiziano, dove il grande pittore aveva il suo studio e dove teleri asciugavano, quadri campeggiavano sulle pareti assieme ai diplomi imperiali di Carlo V e Filippo II d’Asburgo.

Credo Hugo Pratt avesse collocato qui la dimora del marinaio maltese (Cannaregio 5394/B) in quanto nella non lontana Calle de la Testa vissero i suoi familiari e lui stesso da ragazzino. Ci troviamo oramai nel Sestiere di Castello, quello dove si staglia la famosissima statua del Colleoni, opera di Verrocchio maestro di Leonardo. Qui, in  nel Campo di San Zanipolo (cioè il Campo dei Santi Giovanni e Paolo, per chi non fosse veneziano) Pratt giocava da bambino e qui, non lontana, si cela l’amatissima “Corte Sconta detta Arcana”, ovvero la Corte Botera, da dove Pratt fece partire Corto Maltese per la Mongolia, alla ricerca del tesoro degli Zar e del suo memorabile incontro con il barone Roman von Ungern-Sternberg, reincarnazione di Gengis Khan!

Il leone di San Marco in Campo San Zanipolo

Sappi, o benigno lettore, che Pratt era attratto in modo indicibile dai segreti della toponomastica e qui a Venezia i luoghi che più lo ammaliavano portano il nome di  Calle dell’Amor degli Amici, il Ponte della Maravege e la Calle dei Marrani al Ghetto Vecchio. Imboccando il Ponte dei Conzafelzi e oltrepassando Campo Santa Maria Formosa, presso la Calle del Paradiso si trova la Libreria Filippi, il cui proprietario conoscevo bene; era questi una miniera di aneddoti perchè era amico di vecchia data di Pratt e poteva narrarvi dozzine di aneddoti, soprattutto riguardo il suo desiderio di recarsi in America e della sua vita da autentico gatto sopra i tetti veneziani. Sotto le tegole, a ridosso delle altane, Pratt sin da bambino celava i suoi tesori, ammirava tramonti, lasciava correre la fantasia, bighellonava in modo anarchico e oltremodo istruttivo, scoprendo una Venezia assolutamente trasversale e insolita. Esiste una magnifica foto di Pratt seduto sulle tegole dei tetti, le braccia spalancate, assieme ai suoi amici (fra cui Faustinelli, della collana di fumetti Asso di Picche, che abitava non lungi da Santa Maria dei Miracoli) davvero molto suggestiva.

Il leone simbolo di Venezia

Sono arcisicuro che come Richelieu e André Malraux anche Hugo Pratt amasse molto i signori dei tetti veneziani: i gatti. Perché vi si rispecchiava nel loro amore per la libertà. E naturalmente a causa dell’onnipresente re dei felini alato, simbolo della Serenissima. Il leone marciano scolpito con le più michelangiolesche fattezze si ritrova ovunque a Venezia; spesso gli autori furono maestri di prim’ordine. Sicuramente nel Medioevo si ispiravano ai locali gatti per disegnarne i musi astuti, ruggenti, solenni, cupi, arcigni, sospettosi. E inconcepibile pensare a Venezia senza i suoi gatti, determinanti nell’affermazione talassocratica della città lagunare, poiché erano imbarcati a ciurme sulle navi per debellare i topi. Ai tempi delle Crociate, i veneziani importarono dalla Siria una razza felina più gagliarda e astuta di quella autoctona, che prese il nome di “soriano”. Anche nella toponomastica non scarseggiano miagolanti riferimenti, come nella Salizada delle Gatte e il Campo delle Gatte (sì, lo so che il Tassini li ricollegava ai nunzi apostolici, ma io sono un gattolico praticante e respingo questa dotta dissertazione). Venezia veramente “formicola del gentile animale”.

Così, penso che pure Pratt nel suo felino vagabondare per Venezia amasse sostare in un luogo arcano e poco noto, che poi è la corte privata della Malvasia, in San Giuliano. Qui si trova scolpito un capolavoro dei Bon, una vera da pozzo (sapevate che le vere da pozzo sono decine e decine nonché portenti della storia dell’arte? L’Ongania, dedicò loro un libro che si poteva acquistare sempre dal caro Filippi) scolpita con lo stemma dei Menor Dalla Gatta e due gatti: uno che acciuffa un topo, l’altro che succhia il latte. Magari fu qui che Guido Piovene scrisse che i “Veneziani amano i loro gatti, che sono d’indole flemmatica e d’aspetto idolatrico”.

Pratt disegnò una stupenda tavola, con Corto Maltese appoggiato a una vera da pozzo, circondato da gatti, cui narra del loro Paradiso e della “lisca di pesce proibita…”Così, girovagando da San Giorgio dei Greci, m’incaglio prima vicino alla trattoria Rivetta cara a Pratt e poi incedo sulla Riva degli Schiavoni, dove alcuni anni fa allestii una grande mostra dei miei sessanta enormi quadri con i leoni di San Marco (ricordo ancora l’avventura del trasporto: fu memorabile, con un barcone stracolmo di dipinti sobbalzanti fra le onde del Canal Grande!). Qui a San Zaccaria spira sempre un bel vento da San Giorgio Maggiore che trascina altri ricordi e altre storie prattiane da inseguire.

Leone del Pireo dell’Arsenale

Si continui allora sulla Riva degli Schiavoni e poi sulla Calle dei Forni per sfociare in uno dei luoghi più arcani e amati da Pratt: il Campo de l’Arsenal, con i famosi Ieoni  predati dal doge Morosini al Pireo d’Atene, fra cui uno colossale, con il fianco istoriato dai vichinghi con caratteri runici che da sempre ammaliavano Pratt (a casa possiedo un libro rarissimo su questo leone), tanto che lo pose nel cuore della sua “Favola di Venezia”. Qui mi fermo, e approfittando della tenue luce dell’alba nascente disegno a china e lumeggiature di biacca su carta azzurrina di Fabriano il gigantesco gattone. Se si è ancora divorati di curiosità per i luoghi prattiani, si deve camminare sino Campo San Ternita e il ponte del Suffragio dove si apre sul nulla un arco trionfale. Da qui con una lunga passeggiata si può infine raggiungere la basilica di Castello con il trono o “cattedra” di San Pietro, che interessava molto Pratt per via delle decorazioni islamiche.

Oramai il sole si è levato, Venezia si scrolla di dosso l’umidità notturna, i vaporetti ricominciano il loro eterno andirivieni, s’incappa nei primi negozi aperti ed è tempo d’interrompere questo viaggio anacoretico. Ai Giardini della Biennale recupero un traghetto e mi dirigo verso il Lido San Nicolò, dove ho appuntamento alle 9 con il mio amico Gabriele Mazzotta, proprio davanti al Cimitero Ebraico. Intravedo già da distanza il mio anfitrione; mi aspetta con la sua leggendaria bici gialla e un’altra nera come gl’inchiostri di Pratt, appositamente per me. Da quest’isola “à la mode” concluderemo assieme questo mio itinerario prattiano alla sua dimora prediletta, per poi partire all’avventura risalendo il Brenta.

Gabriele Mazzotta non è solo un vulcanico e dottissimo editore, ma un vero milanese “con il cuore in mano”, come si diceva da tempo. Viaggiare assieme a lui equivale a compiere un dottorato nella Bologna di Copernico o la Venezia di Galileo Galilei. Mi accoglie con una pacca sulla spalla, un tonante benvenuto e subito non manchiamo di esplorare il Cimitero Ebraico, dove mi spiega l’importanza di questa comunità nella vita veneziana e anche come spesso affiori nelle avventure del Maltese, che stimava assai l’unico popolo sopravvissuto alle invasioni barbariche che abbatterono Roma. Mazzotta, mi rivela come alla non lontana Bocca di Porto Pratt si soffermasse con i suoi amici e collaboratori Patrizia Zanotti, Guido Fuga e Lele Vianello.

Con le bici affardellate seguiamo via Klinger (pluridecorato eroe di guerra, fondatore delle Officine Aeronavali di Venezia, morto suicida nel 1971 per la vergogna di non poter onorare gli stipendi dei suoi operai a causa di mancati pagamenti statali),  dove ci sorprende un rovescio temporalesco; scorgiamo sul fondo d’una spiaggia una serie di cabine incustodite, ci guardiamo, ammicchiamo e ci rintaniamo all’interno per lasciare passare la buriana. Ma anche dentro il vento sibila con violenza, gelido, attraverso le fessure della baracca, mentre noi apriamo due comode sedie sdraio e ci stendiamo a conversare. Il mio amico presiede la chiacchierata in modo avvincentissimo a dir poco; si passa dal nostro itinerario a ricordare Dante, Byron, le granseole, sino a discorrere di filosofia; o meglio, lui discorre io ascolto. Fa così freddo che a un certo punto metto mano a pile di giornali gettate in un angolo e come un vero clochard mi rivesto per bene, fra le risate di Gabriele che con il suo vocione baritonale ride “Questa sì che è Boheme, altro che fare i barboni sotto i ponti di Parigi! Vuoi mettere fra cadenti favelas borghesi del Lido di Venezia?”. Ricordo ogni istante di quella formidabile tappa e conversazione, con il temporale che scrosciava fuori, con tuoni e lampi che facevano tremare tutto. Questo significa viaggiare!

Quando usciamo, le ruote solcano enormi pozzanghere, nell’aria c’è un profumo di resina, salsedine ed erbe aromatiche e Gabriele Mazzotta mi racconta che al Lido si trovano i migliori orti di Venezia. In effetti dopo il Grand Hotel tutto cambia e grandi staccionate che custodiscono ammassi di verzure e verdure si schierano a lato strada. Domando ancora a Gabriele di Hugo Pratt e lui ne paragona i giochi di luci e ombre dei suoi fumetti ai disegni di Victor Hugo, cui dedicò una mostra proprio qui a Venezia. Era un maestro del chiaroscuro. Mazzotta poi mi addita un grande palazzo con strani portici, dopo il Palazzo della Mostra del Cinema; sussurra che qui si trovava la famigerata Polizia Marittima Tedesca durante l’ultima guerra. Questo mi fa ricordare che Pratt – nella sua breve biografia “Aspettando Corto”descriveva un episodio divertentissimo che poteva trasformarsi in tragedia. Dopo avere lasciato il Collegio premilitare di Città di Castello durante l’8 Settembre 1943, esser finito fuciliere da marina a Jesolo, fece infine ritorno a una Venezia affamata. Allora approfittando della sua conoscenza dell’inglese escogitò di spacciarsi per un pilota sudafricano evaso da un lager; cibarie e vivande arrivavano a raffica, soprattutto dalle ragazze veneziane. Nell’autunno del 1944, trovandosi sulla spiaggia del Lido Pratt vide una stupenda fanciulla bionda uscire dal mare e ripeté la sua parte. Fu un colpo di fulmine. Purtroppo scoprì poco dopo che la valchiria era una ausiliaria delle SS, ma già innamoratissima. Questa romantica storia non fu ben vista dai locali partigiani  garibaldini che gl’imposero di lasciar perdere e così Pratt si diede alla macchia, braccato dall’ausiliaria tedesca. L’amore si tramutò in odio e riuscì a rintracciarlo e a farlo arrestare. Apriti cielo, si sollevò un polverone, sua madre accorse e spiegò che suo figlio era italiano, non certo sudafricano, ma per le SS restava un aviatore sudafricano! Alla fine finì proprio qui, arruolato nella Polizia Marittima Tedesca che pattugliava le plaghe fra Chioggia e le Valli di Comacchio. Dopo venti giorni Pratt gettò alle ortiche quella divisa sbagliata, se ne andò dai partigiani sull’alto Tagliamento, per poi fare ritorno a Venezia con i vincitori alleati. Il pittore Aldo Polato non sapeva più cosa pensare, dopo averlo visto arrestare dai tedeschi come un pezzo grosso!

La statua Corto Maltese a Grandvaux

Pedala e pedala e arriviamo a Malamocco, dove, verso la fine del paese Mazzotta mi indica la casa di Hugo Pratt, con una grande terrazza. Qui, quando non era in viaggio, amava sostare a lungo e disegnare. Non lontano si trova la “Locanda da  Scarso” assai cara a Hugo Pratt, dove pranziamo con del baccalà mantecato.  Quindi acciuffiamo al volo il ferry boat per Santa Maria del Mare e proseguire Chioggia sotto un cielo da tregenda, con tutti i Colli Euganei e le Alpi nitidi come in un dipinto del Canaletto. Se vuoi concludere degnamente il tuo viaggio io ti consiglio di non seguirci, o amico viaggiatore. Ritorna alla sovraffollata stazione di Venezia e salta su un treno qualsiasi per Milano e poi quindi per Losanna, attraverso lo storico Passo del Sempione. Forse non lo sai o forse lo hai dimenticato, ma ti troverai sulla leggendaria linea ferroviaria dell’Orient Express, che Pratt utilizzava spesso per tornare nella sua ultima casa a Grandvaux. Da Losanna, ma a piedi, raggiungi Lutry e poi lungo la Route de la Petite Corniche arriverai alla Route de Cully. Noterai una stupenda statua di Corto Maltese, opera di Livio e Luc Benedetti. Guarda verso Venezia.

E con questo mio disegno, concludo la mia storia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Nato su un lago: quello di Lugano, non lungi dalla casa di Hermann Hesse, da una vecchia famiglia lombarda. Ama narrare e riscoprire storie, e forse per questo è stato scrittore e ultimo caporedattore della casa editrice FMR/Franco Maria Ricci. Pittore ritrattista della vecchia scuola, ha studiato con il maestro futurista Sibò (1907-2000). Essendo la pittura e la scrittura delle vocazioni, ha conseguito una doppia, inutile vecchia laurea specialistica all’Università Statale di Milano (Lingue e poi Storia dell’Arte) e poi un dottorato all’Università di Losanna. Viaggiatore indefesso, ama percorrere l’Europa a piedi e in bici, riversando le sue impressioni in oltre 250 taccuini di viaggio, stracolmi di acquarelli e ritratti (talvolta esposti in mostre, ma più spesso inviati come lettere acquarellate a pochi amici fedeli). È autore di vari saggi e libri per FMR, Mondadori-Electa, ecc., quali Palazzo Altieri; Châteaux du monde; Superga segreta ecc. È membro della Società Dalmata di Storia Patria (Venezia), della Società Italiana di Studi Araldici (Torino) e del Robert Louis Stevenson Club (Edimburgo). Instagram: gabrielereinapainter