L’inizio della carriera da giornalista di Vittorio Emiliani ha un prologo. All’esame di Quinta ginnasio portò un testo del 1835 di Alfred de Vigny, ufficiale e scrittore. Scelta originale (e premiata). Poi, all’Università cominciò ad affacciarsi in quello che sarebbe stato il suo mestiere della vita. Subito con soddisfazioni (l’inchiesta al fianco di Camilla Cederna). In questo amarcord l’atmosfera dei grandi giornali del tempo, con l’amicizia-rivalità tra Pannunzio (“Il Mondo”) e Benedetti (“L’Espresso”) Il ricordo di VITTORIO EMILIANI ALL’ESAME DI QUINTA GINNASIO stupii la commissione esaminatrice portando Servitude et grandeur militaires di Alfred de Vigny, che era stato ufficiale dei Gendarmi rossi, nella Francia della prima metà dell’Ottocento. Ebbi da Mario Roffi, insegnante assai bizzarro di francese, un voto alto. Lui arrivava, infischiandosi della disapprovazione del preside Chinarelli detto per la mole Chinarlon, su un bicicletta nera con incollati alcuni slogan come “lavoro ai disoccupati” o “pane ai lavoratori”. Un giorno il preside mi trovò alla lavagna, dove, in assenza dell’insegnante di greco e latino Bortolotti (recidivo in materia e grande appassionato di trottatori che io stuzzicavo), stavo scrivendo un innocente “vorremmo andare a vedere il Giro d’Italia” che sarebbe passato dalla Zona Industriale alle 12 e 30. E subito mi espulse per 3 giorni senza scrivere nulla sul registro per cui...

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Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.