Le tante voci della sinistra dovrebbero lavorare insieme per realizzare un partito unitario con un chiaro programma di riferimento, basato sul riconoscimento dell’esistenza del conflitto sociale. Il contesto in cui dovrebbe nascere questo progetto: il ruolo di quelli che chiamavamo gli intellettuali, la capacità di una sintesi, la necessità di proposte praticabili, l’insegnamento del Manifesto del Partito comunista L’analisi di GUIDO ORTONA, economista COME SI ESCE DALL’IMPASSE? Tutti e tre i soggetti tipici di cui ho parlato nella seconda parte di questo articolo — e cioè: militanti di base, rappresentanti istituzionali e/o sindacali, dirigenti — vengono meno, per valide ragioni, al compito fondamentale della creazione di un partito e di un programma. C’è un quarto soggetto che viene meno a questo compito, ed è colui che una volta veniva chiamato l’intellettuale, oggi diremmo meglio lo scienziato sociale. Proseguo con un ragionamento per assurdo. Immaginiamo che Marx, Di Vittorio  e Gramsci rivivano, con tutto il loro prestigio intatto, e che elaborino un programma di sinistra basato su pochi punti che partano dal riconoscimento della realtà del conflitto sociale e dalla necessità di prendere posizione in quel conflitto (Marx), dall’elaborazione di proposte chiare, praticabili e in cui la base possa riconoscersi (di Vittorio), e dal suggerimento di forme di lotta che possano acquisire un forte consenso al di là del “nucleo forte”...

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Ha studiato economia a Torino, dove è stato allievo di Siro Lombardini, e ad Ancona, dove è stato allievo di Giorgio Fuà. È stato professore ordinario di politica economica presso l’Università del Piemonte Orientale; in precedenza ha insegnato all’Università di Torino e alla Luiss di Roma. È in pensione dal 2017. Si è occupato di politica economica, scelte collettive ed economia sperimentale. È autore di un’ottantina di pubblicazioni scientifiche e di un romanzo di fantaeconomia, I buoni del tesoro contro i cattivi del tesoro, Biblioteca del Vascello, 2016.