Il botto lo fecero “I Vitelloni” del celebre regista, romagnolo come tutti i miei famigliari. Il rito dell’ascolto della radio lasciò il campo al cinema in cui si fece largo, molto presto, il vero “romano de Roma”. Alberto Sordi diventa il ritratto dell’italiano medio, un po’ fregnone, un po’ furbacchione, che nuota come un pesce nell’acqua del cosiddetto miracolo economico. Verrà poi l’irresistibile scena di Moriconi, nell’“Americano a Roma”, in cui divora un piatto di spaghetti. E poi “Il medico della mutua”, e poi il “Marchese del Grillo”, e poi e poi… Fino alla Galleria più importante della Capitale a lui dedicata, di fianco a Palazzo Chigi

Alberto Sordi fa braccetto e pernacchia agli operai che lavorano sulla strada nel film “I Vitelloni”; sotto il titolo, Federico Fellini e Alberto Sordi nel 1953 al Festival di Venezia per il Leone d’Oro a “I Vitelloni”, un legame umano, fra loro, che durò tutta la vita

◆ Il ricordo di VITTORIO EMILIANI

In famiglia sentivamo molto la radio dopo la guerra. A me all’epoca interessavano e coinvolgevano le radiocronache sportive, quelle calcistiche che mi fecero diventare come quasi tutti i romagnoli filo-juventino. Ma “I Vitelloni” di Federico Fellini, che era romagnolo come tutti noi in famiglia, fecero un autentico botto con critiche molto favorevoli e il Leone d’argento alla Mostra di Venezia. Poi Roma è diventata per il mondo la “Hollywood sul Tevere” e Sordi ne sarà uno dei protagonisti. Per anni e anni. Col supporto di alcuni sceneggiatori colti e acuti diventa il ritratto dell’italiano medio un po’ fregnone, un po’ furbacchione che nuota come un pesce nell’acqua del cosiddetto miracolo economico. Che alla prima seria congiuntura sfavorevole, nel 1964, cadrà nella fossa di una crisi strutturale. E Sordi avrà la classe per esserne anche in questo mutamento il rappresentante più persuasivo. Anche se i suoi esiti come regista di se stesso più tardi risulteranno nient’affatto memorabili.

La celeberrima scena di Moriconi alle prese con un piattone di spaghetti nel film “Un americano a Roma”

L’attore aveva avuto bel altro stacco. E lui lo sapeva bene. Esemplare ed esemplarmente comica rimarrà la scena di Moriconi, in “Un americano a Roma”, in cui divora un piatto di spaghetti. Ma si sta affermando un nuovo genere: la commedia all’italiana in cui emergono registi di qualità come Monicelli (con Gasmann e Sordi nella Grande Guerra), Nanni Loy, e con l’amaro sboom economico in cui Sordi emerge con “Il maestro di Vigevano” di Elio Petri tratto dal bel libro di Luciano Mastronardi. Conoscevo bene Vigevano per avervi realizzato per Il Giorno tante inchieste sul campo. Sordi non si ferma più: sarà “Guglielmo il Dentone” in un film amaro di Scola. Sarà con la Mangano e Joseph Cotten nel film “Lo scopone scientifico”. Ha un ottimo rapporto da commediante a commediante in “Polvere di stelle” ancora con la Vitti. Un duo comico irresistibile “Ma ’ndo’ vai se la banana non ce l’hai”. Sarà il “Medico della mutua” fra vibrate proteste della potente corporazione nell’omonimo film. Insomma non una carriera ma un carrierone fra film interi e film a episodi in gran voga. E con lui si congratulerà lo stesso Renzo Arbore dai gusti sofisticati.

Prime riprese in Campidoglio (8 settembre 1981) de “Il Marchese del Grillo”; con Sordi, il sindaco di Roma Luigi Petroselli, Milli, Stoppa e il regista Monicelli

E però lasciate ad un giovane dei primi anni ’50 di ricordare come indimenticabile il Sordi dei “Vitelloni” di Federico Fellini che dall’auto (che poi pericolosamente si bloccherà sulla strada) fa braccetto e pernacchio agli operai che lavorano sulla strada. Poi passerà sul campo il testimone di attore comico e di costume a Carlo Verdone. Non prima di essere stato attore e regista del belliano “Marchese del Grillo”. Naturalmente dopo aver recitato con lui. L’ultima comparsa la dedica da cattolico all’Al di là. Prevale in lui la malinconia malgrado l’affetto di giovani come Veltroni, Rutelli, e molti altri. Al suo funerale la folla sarà immensa ricordando a tutti quanto fosse amato e a lui sarà dedicata la principale Galleria di Roma, “Galleria Alberto Sordi”, infatti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.