Il botto lo fecero “I Vitelloni” del celebre regista, romagnolo come tutti i miei famigliari. Il rito dell’ascolto della radio lasciò il campo al cinema in cui si fece largo, molto presto, il vero “romano de Roma”. Alberto Sordi diventa il ritratto dell’italiano medio, un po’ fregnone, un po’ furbacchione, che nuota come un pesce nell’acqua del cosiddetto miracolo economico. Verrà poi l’irresistibile scena di Moriconi, nell’“Americano a Roma”, in cui divora un piatto di spaghetti. E poi “Il medico della mutua”, e poi il “Marchese del Grillo”, e poi e poi… Fino alla Galleria più importante della Capitale a lui dedicata, di fianco a Palazzo Chigi
◆ Il ricordo di VITTORIO EMILIANI
► In famiglia sentivamo molto la radio dopo la guerra. A me all’epoca interessavano e coinvolgevano le radiocronache sportive, quelle calcistiche che mi fecero diventare come quasi tutti i romagnoli filo-juventino. Ma “I Vitelloni” di Federico Fellini, che era romagnolo come tutti noi in famiglia, fecero un autentico botto con critiche molto favorevoli e il Leone d’argento alla Mostra di Venezia. Poi Roma è diventata per il mondo la “Hollywood sul Tevere” e Sordi ne sarà uno dei protagonisti. Per anni e anni. Col supporto di alcuni sceneggiatori colti e acuti diventa il ritratto dell’italiano medio un po’ fregnone, un po’ furbacchione che nuota come un pesce nell’acqua del cosiddetto miracolo economico. Che alla prima seria congiuntura sfavorevole, nel 1964, cadrà nella fossa di una crisi strutturale. E Sordi avrà la classe per esserne anche in questo mutamento il rappresentante più persuasivo. Anche se i suoi esiti come regista di se stesso più tardi risulteranno nient’affatto memorabili.
L’attore aveva avuto bel altro stacco. E lui lo sapeva bene. Esemplare ed esemplarmente comica rimarrà la scena di Moriconi, in “Un americano a Roma”, in cui divora un piatto di spaghetti. Ma si sta affermando un nuovo genere: la commedia all’italiana in cui emergono registi di qualità come Monicelli (con Gasmann e Sordi nella Grande Guerra), Nanni Loy, e con l’amaro sboom economico in cui Sordi emerge con “Il maestro di Vigevano” di Elio Petri tratto dal bel libro di Luciano Mastronardi. Conoscevo bene Vigevano per avervi realizzato per Il Giorno tante inchieste sul campo. Sordi non si ferma più: sarà “Guglielmo il Dentone” in un film amaro di Scola. Sarà con la Mangano e Joseph Cotten nel film “Lo scopone scientifico”. Ha un ottimo rapporto da commediante a commediante in “Polvere di stelle” ancora con la Vitti. Un duo comico irresistibile “Ma ’ndo’ vai se la banana non ce l’hai”. Sarà il “Medico della mutua” fra vibrate proteste della potente corporazione nell’omonimo film. Insomma non una carriera ma un carrierone fra film interi e film a episodi in gran voga. E con lui si congratulerà lo stesso Renzo Arbore dai gusti sofisticati.
E però lasciate ad un giovane dei primi anni ’50 di ricordare come indimenticabile il Sordi dei “Vitelloni” di Federico Fellini che dall’auto (che poi pericolosamente si bloccherà sulla strada) fa braccetto e pernacchio agli operai che lavorano sulla strada. Poi passerà sul campo il testimone di attore comico e di costume a Carlo Verdone. Non prima di essere stato attore e regista del belliano “Marchese del Grillo”. Naturalmente dopo aver recitato con lui. L’ultima comparsa la dedica da cattolico all’Al di là. Prevale in lui la malinconia malgrado l’affetto di giovani come Veltroni, Rutelli, e molti altri. Al suo funerale la folla sarà immensa ricordando a tutti quanto fosse amato e a lui sarà dedicata la principale Galleria di Roma, “Galleria Alberto Sordi”, infatti. © RIPRODUZIONE RISERVATA