Con una serie di brevi ritratti, come “acquarelli” letterari, Vittorio Emiliani racconta personaggi – che ha conosciuto – più o meno celebri, spesso dimenticati, e che hanno lasciato una traccia nell’Italia dal dopoguerra alla fine del secolo scorso

L’acquarello di VITTORIO EMILIANI

Genova, Staglieno. Tomba di Ferruccio Parri; sotto il titolo, schedatura fascista di Parri

Lo avvicinammo, Peppino Loteta — focoso radicale e socialista di Messina dell’Unione Goliardica lui pure — ed io, nel corridoio dei passi perduti di Montecitorio. Ferruccio Parri, guida della Resistenza al Nord dopo anni passati molto riservatamente alla Edison in provincia, anche a Voghera, stava seduto a capo chino passandosi ogni tanto le mani sui capelli candidi. Si stava discutendo in aula dello scandalo Lockheed in cui erano coinvolti in parecchi, principalmente il ministro socialdemocratico Mario Tanassi. Lo salutammo con cordiale deferenza. Per me e Loteta era un mito. Gli chiedemmo esitanti come stesse. Alzò di colpo il viso segnato, lo sguardo tristissimo su di noi mormorando: «Non avrei mai creduto, non avrei mai creduto…». E la voce gli si spezzò. Gli si spense. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Direttore onorario - Ha cominciato a 21 anni a Comunità, poi all'Espresso da Milano, redattore e quindi inviato del Giorno con Italo Pietra dal 1961 al 1972. Dal 1974 inviato del Messaggero che ha poi diretto per sette anni (1980-87), deputato progressista nel '94, presidente della Fondazione Rossini e membro del CdA concerti di Santa Cecilia. Consigliere della RAI dal 1998 al 2002. Autore di una trentina di libri fra cui "Roma capitale Malamata", il Mulino.