Legati all’arte libraria, dell’intarsio o della litografia, scompaiono le nobili scuole di alto artigianato artistico. Qualche anno fa ci provarono Umberto Eco e Paolo Fabbri ad indicare la via maestra con appositi corsi dedicati nella desertificata Urbino
Il corsivetto di VITTORIO EMILIANI

GIOVANNI LANI SCRIVE su un suo blog un interessantissimo articolo su di una città tedesca nella quale a giovani di ambo i sessi si insegnano gli antichi mestieri legati soprattutto all’arte libraria. Era una strada maestra che era stata indicata alla desertificata Urbino da Umberto Eco e da Paolo Fabbri, ma pure da maestri della Scuola del Libro con corsi estivi sulla acquaforte (Bruscaglia), sulla litografia (Ceci), sul disegno animato (Budassi) e così via. Cosa è rimasto di questo intelligente disegno? Temo nulla o quasi.
Un giorno, anni fa, andai a visitare l’ultranovantenne maestro dell’intarsio Otello Caprara — al Palazzo Ducale c’è il mirabile studiolo del Duca di Urbino un intarsio nel quale il grande restauratore bolognese individuò una quantità di legni diversi liberandolo dalle pesanti oliature maldestre del passato — mi confessò: «Ho due allievi: il primario e il suo aiuto all’Ospedale Civile… ma il secondo non riesce a fare le curvature».
Un patrimonio di artigianali formidabili sapienze artistiche che Urbino ha disastrosamente dissipato. E non è la sola città antica. Una ricchezza inestimabile. Ma perché? Per imbecillità, temo. Sarebbe imperdonabile. © RIPRODUZIONE RISERVATA